Accessibili al pubblico l’Armeria farnesiana e borbonica insieme alla collezione De Ciccio. Al Museo e Real Bosco di Capodimonte dopo l’intensa campagna di digitalizzazione che ha interessato le collezioni di armi dei Farnese e dei Borbone con le armature, i fucili, le pistole, gli scudi e gli elmi, e la sezione della collezione De Ciccio che riunisce 1300 pezzi tra galanterie, vetri, bronzetti, avori e smalti medievali, paramenti sacri, tessuti e ricami, argenti di uso liturgico, bronzetti, ceroplastiche, pastori siciliani, una importante selezione di oggetti archeologici e uno sceltissimo gruppo di maioliche e di porcellane.
L’armeria di Capodimonte è una delle più notevoli d’Europa. Costituita dalle armi che appartenevano alla famiglia Farnese tra la fine del XV e il XVII secolo, fu ricevuta in eredità da Carlo di Borbone, che vi aggiunse nel Settecento la sua raccolta di armi da fuoco, alcuni doni diplomatici ed altre armi prodotte dalla Real Fabbrica di Napoli.

Qui sopra, un pezzo dell’armeria. In copertina, oggetti della collezione De Ciccio


Nell’Ottocento Ferdinando IV arricchì la collezione con alcuni pregiati manufatti cinquecenteschi, recuperati durante il suo esilio a Palermo. Si rappresenta, così, la storia completa delle armi europee d’epoca moderna. Come nelle regge di Dresda, Torino o Madrid, la funzione di un’armeria era più di rappresentanza che militare.
La collezione, donata da Mario De Ciccio allo Stato italiano nel 1958 è costituita da 1.300 pezzi, soprattutto oggetti d’arte applicata di differenti epoche e tipologia, raccolti dal collezionista nell’arco di oltre 50 anni prima a Palermo, sua città natale, poi a Napoli, sua patria d’adozione dal 1906, ed anche sui più quotati mercati d’arte internazionale.
Con un gusto eclettico di matrice ancora tardo-ottocentesca De Ciccio formò la sua raccolta con alcuni dipinti, qualche scultura, smalti limosini del Cinquecento, galanterie (ventagli, tabacchiere, astucci e orologi), vetri, bronzetti, avori e smalti medioevali, paramenti sacri, tessuti e ricami, argenti di uso liturgico, ceroplastiche, una importante selezione di oggetti archeologici e, soprattutto, uno sceltissimo gruppo di maioliche e di porcellane.
I fastosi piatti “da pompa” in ceramica ispano-moresca decorata a lustro metallico, le ceramiche persiane due e trecentesche, le preziose maioliche italiane decorate con scene “istoriate”, a “quartieri”, a grottesche, i fragili vetri veneziani o “alla façon de Venise”, lo sceltissimo gruppo di porcellane cinesi e giapponesi, di Meissen, Vienna, Ginori,soprattutto di Capodimonte (con gridi e scene galanti) e di Napoli (col busto in biscuit di Tolomeo Sotere e le celebri panchine). I
E ancora, ventagli e gli orologi da taschino, gli smaglianti parati d’altare ricamati ma anche gli oggetti di fattura più corrente come i mortai in bronzo e i piatti da elemosina in rame sbalzato costituiscono, con la loro scenografica e variegata esposizione nelle vetrine, un utilissimo completamento delle raccolte storiche del museo e delle porcellane di provenienza borbonica.

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