Marco De Fazi è un compositore, un musicista e uno scrittore in erba, vincitore di concorsi letterari e già al secondo romanzo con “Il killer del loto” (Porto Seguro editore), che rappresenta il seguito del precedente “L’uomo nel buio”, col quale condivide il protagonista: Clay Stone, ex sceriffo e ora detective a Minneapolis.
«Fino a pochi anni prima, Clay era stato uno sceriffo di contea in una piccola cittadina di periferia nel nord del Minnesota chiamata Pinefall, quando una sequenza di brutali omicidi aveva terrorizzato la città proprio mentre lui era in carica. Insieme a una sua collega aveva risolto il caso, e da quel giorno una frizzante sensazione aveva iniziato a vibrargli nel petto. Non voleva più essere uno sceriffo solitario in un paesello sperduto tra le colline: era intenzionato a diventare un detective».
E il destino lo accontentò offrendogli l’opportunità di risolvere in soli tre giorni un caso estremamente complesso: un omicida seriale che si divertiva a decapitare le sue vittime, sfregiandole con un tatuaggio sotto al lobo raffigurante numeri e decorandole con un fiore di loto in bocca. Ma non si trattava di omicidi passionali o di un folle, ma bensì di una vera e propria vendetta architettata per anni, con l’ausilio di un complice all’interno della polizia.
« “Lei è il signor?” “Rowland. Thomas Rowland”. C’era anche un’altra ragione per cui Thomas aveva scelto di utilizzare il cognome di sua madre: nella sua testa si stava già delineando il suo piano. Un piano che avrebbe visto il suo culmine solo molti anni dopo, dopo la scarcerazione di tutte e quattro le persone che avevano ucciso suo padre. Un piano che raccontò a suo fratello durante la Vigilia di Natale di quell’anno, quando tornò a casa per le feste. Lo chiamo in cortile con la scusa di controllare un macchinario agricolo, ma in realtà voleva solo che fossero loro due soli. “Io ucciderò quei quattro, Scott. Con il tuo aiuto, me la caverò al cento per cento. Senza il tuo aiuto, ce la farò lo stesso ma finirò sulla sedia elettrica. Che mi dici”».
Un conto alla rovescia che era durato vent’anni per i fratelli Dalton, che si erano prefissi di uccidere i ragazzi, non appena scarcerati, che avevano causato alla vigilia di Natale dell’83 la morte del loro padre e il quasi decesso di Scott, che era sopravvissuto solo grazie all’abilità di un paramedico e accusati di omissione di soccorso. Un finale ancora da scrivere, tra alta tensione e derive inattese. (Eleonora Agostini)
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