L’essere umano parla sempre di sé e della propria esperienza di vita, del luogo dove è nato e cresciuto. Ogni artista racconta del posto che ha vissuto, che ha influenzato il suo percorso creativo e dei paesaggi, delle città, delle persone che ha incontrato sul proprio cammino. Ecco perché da sempre gli uomini viaggiano e continueranno a farlo. Perché alla fine non ci basta mai quello che abbiamo, perché vogliamo sempre tanto e oltre.
Capire, esplorare, andare al di là del nostro naso per arrivare sempre dove c’è l’altro, diverso da noi. Emigrante? No, come direbbe Massimo Troisi. L’uomo viaggia per conoscere, comprendere, apprezzare e ammirare nuove situazioni. E poi succede che passa per Napoli, per la Campania Felix, la terra felice dell’abbondanza, delle coltivazioni rigogliose che ormai noi nemmeno conosciamo più. Che dalla terra delle meraviglie alla terra dei fuochi è un attimo.
Nei secoli scorsi grandi uomini e intellettuali sono sempre venuti in Italia per lasciarsi cullare dalla nostra cultura millenaria, per lasciarsi influenzare e affascinare. «Non può mai essere del tutto infelice chi può ritornare col pensiero a Napoli» scriveva Goethe nel suo Viaggio in Italia e come lui lo pensavano in tanti, anche Renoir che ha ritratto il paesaggio partenopeo più volte.
Quello che in molti non sanno è che il Grand Tour non riguardava solo gli europei, molti americani sono rimasti affascinati dalla Campania e da Napoli come racconta Pier Luigi Razzano nel suo libro America NA. Dodici racconti di altrettanti scrittori che visitano la città e la regione e hanno lasciato un’esperienza scritta tra diari di viaggio e lettere spedite, racconti e appunti per libri e raccolte.
Dalla lettura di questo libro, Cynthia Penna elabora un nuovo Grand Tour con artisti visivi che rifacendosi ai grandi scrittori americani che hanno visitato la città partenopea, lavorano a delle opere dal vago sapore mediterraneo.
Inspirational, the influence of place, questo è il titolo della mostra. Quanto un luogo possa ispirare un artista e quanto un altro artista che ha visitato quegli stessi posti decenni prima possa a sua volta essere d’ispirazione in un gioco di rimandi e scatole cinesi che porta sette artisti contemporanei a confrontarsi con mostri sacri della letteratura americana.
Il luogo scelto per la mostra è l’Herculanense Museum nella Reggia di Portici.Un luogo ricco di memorie artistiche e archeologiche, la residenza di vacanza per la famiglia reale borbonica, fonte di ispirazione artistica e letteraria per i visitatori europei che facevano tappa alla reggia, tra il mare del Golfo e il Vesuvio. Il Grand Tour di oggi che incontra quello di ieri per celebrare i 225 anni di relazioni storiche tra Napoli e gli Stati Uniti.
La curatrice Cynthia Penna ha legato artisti di oggi con gli scrittori del passato, scelto le combinazioni che hanno portato a questa mostra che sa di contaminazione. Linguaggi che si mischiano e si uniscono, dove finisce la penna inizia il pennello per una visione completa di un paesaggio e di un territorio che forse gli abitanti del luogo nemmeno vedono più, abituati e assuefatti a tutto ciò che li circonda, dimenticando tanta bellezza che invece vieni fuori in ogni angolo di strada, in ogni scorcio.
Bellezza che porta bellezza e che vuole e può combattere il degrado di uno spazio talvolta abbandonato a se stesso con la potenza dell’arte e dell’ispirazione.
Lasciandosi suggestionare dal luogo e dalle parole di scrittori come Herman Melville, John Steinbeck, Henry James, James Fenimore Cooper, John Fante, Mark Twain e Truman Capote gli artisti scelti da Penna hanno dato libero spazio alla loro creatività dialogando con il territorio e con la stessa reggia, per esempio nelle opere di Laddie John Dill che, attraverso la luce e il vetro colorato, accende di luce l’ambiente. Come in una installazione permanente diventa faro e punto di riferimento per il plastico della reggia e specchio colorato e irreale dove leggere scritte riflesse.
La Reggia porta con sé il tempo trascorso, passato, luoghi dove hanno camminato in tanti e questo tempo che altro non è che una stratificazione di persone e vite e situazioni è ciò che studia e osserva Justin Garcia, artista texano che ricerca nel suo lavoro i modelli che regolano la nostra esistenza.
Vedi Napoli e poi muori scriveva Mark Twain, scrittore non a caso assegnato a Garcia e così l’artista stratifica esperienze come manifesti di esistenze, una sull’altra a creare un universo di sensazioni che ricordano gli affreschi della Reggia stessa, come frammenti di città che ricostruisce e ci restituisce per permettere a tutti noi di capire. Justin Garcia codifica il mondo che è stato.
Un mondo fatto anche di colori mediterranei, di rossi e blu come nei lavori di Todd Williamson, che fa della campitura di colore un’espressione dell’anima, un modo di intendere il sacro, opere che trasudano gocce di passione, sanno di pathos intimo e intenso.
Diversi dai rossi e blu di Ned Evans che in uno spazio naturale quale può essere per esempio la grotta blu di Capri inserisce la mano dell’uomo, campiture cromatiche e forme semplificate per restituire “ il fascino che era nel tono e nell’aria e nel felice azzardo delle cose”, come disse Henry James nel suo “Italian hours” che uniscono l’uomo e il suo essere nello spazio circostante.
Essere nel momento vuol dire anche convivere con il Vesuvio, con il mare e con tutto quello che la natura ha da offrire, tutto quello che interessa a Kelly Berg da sempre attratta dai crateri e dall’esplorazione del sottosuolo, l’artista è interessata ai fenomeni naturali che ci circondano, nelle sue opere troviamo così visioni surreali del vulcano e antri nascosti come di sibille ritrovate.
In un mondo fatto di sogni tutto appare molto reale, a differenza del lavoro di Miguel Osuna che vuole creare illusioni e figure tridimensionali che ingannano l’occhio. Nel suo di mondo, niente è reale, tutto è un tranello, un trabocchetto per la vista.
Da un lato la terra e le sue origini, dall’altro il cielo con enormi soffioni che si vibrano alti in un mondo che neppure esiste. Un gesto pittorico, quello di Osuna che maschera e allude, “è tutta una follia” come disse John Fante.
E proprio questa follia, tipica soprattutto dei nostri tempi che Shane Guffogg tenta di controllare e codificare, interpreta i tempi che sono e quelli che sono stati. Unisce e come Cynthia Penna ci ricorda, contamina e crea un nuovo linguaggio.
Dall’arte non può che nascere nuova arte e così Shane collega nelle sue opere tutte le persone, anche quelle che ancora devono essere. Parte dal realismo dei maestri del passato e ripetendo il gesto, facendo di ogni singolo punto, linea o cerchio un’azione continua e ossessiva arriva all’infinito, all’astrazione pura.
Parte da un particolare per avvicinarsi all’idea di Dio che i grandi artisti hanno ritrovato a Napoli, in Campania, in un Grand Tour che ancora oggi continuano a fare grazie a persone come Cynthia Penna che credono nel territorio. “Nella magia dell’incontro tra persona e spazio” come scrive lei stessa nella presentazione sul catalogo.
La nostra città è stata da sempre meta privilegiata per gli artisti che sono passati in Italia, punto di arriva e talvolta di non ritorno perché molti la scelgono come seconda casa, come approdo sicuro dove potersi esprimere e lasciarsi contaminare. Napoli e gli Stati Uniti un amore che continua ancora adesso.
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LA MOSTRA
Inspirational the Influence of Place
Curata da Cynthia penna per l’istituzione culturale Art 1307
sotto l’egida della Missione Diplomatica degli Stati Uniti in Italia organizzata per celebrare i 225 anni dall’istituzione della sede diplomatica statunitense a Napoli, una delle sedi statunitensi più antiche del mondo.
Artisti: Kelly Berg, Laddie J. Dill, Ned Evans, Justin Garcia, Shane Guffogg, Miguel Osuna, Todd Williamson.
al Centro Musa – Museo Ercolanense – Reggia di Portici, Via Università 100 Portici, fino al 13 marzo 2022