«La mia vita? Potrebbe essere raccontata in Tv, magari dalla trasmissione ‘Storie’, quella condotta da Maria Concetta Mattei su Rai2». Così Aurora Giglio risponde alla mia domanda. E non ha torto. Perché la sua vita e la sua personalità sono piuttosto singolari. Ed è questo che mi aveva incuriosita e poi mi ha spinto a farle un’intervista nel caldo canicolare dello scorso agosto, mentre si sta insieme a bere schweppes , succo di pompelmo e “acqua del sindaco”, cioè l’acqua della fontana casalinga, che pochi hanno il coraggio di bere ma che il sindaco assicura sia buona. Ci troviamo, infatti, a casa di Aurora. Sono andata da lei (per conoscere meglio una persona, devi conoscere la sua casa si dice).
Quella di Aurora è una villetta nascosta tra le case del rione Capodimonte: ha il verde di un piccolo giardino e il tutto bianco di una vasta sala d’ingresso, che sembra fatta apposta per accogliere gente.
Qui sono in mostra le fotografie della sua famiglia d’origine: tre sorelle da parte di mamma, due fratelli da parte di padre e soltanto una sorella da parte di tutt’e due. Una pacifica sorridente famiglia allargata. A quei tempi, piuttosto avant lettres.
Anche la sua nuova famiglia si allarga: da un marito, Francesco, medico, con cui ha una figlia, Valeria, ora trentenne, a un secondo marito: Vittorio Cataldi, musicista, che, violinista diplomato al Conservatorio, è anche polistrumentista e compositore.
Il maestro Cataldi ha una passione e una competenza musicale tali che, secondo violino in un’orchestra classica, partecipa agli spettacoli musicali di Roberto De Simone e di Nino D’Angelo e, quando può, accompagna con la fisarmonica le esibizioni canore di sua moglie. Con lui Aurora forma un connubio artistico e affettivo. Mi vien da pensare che da lui si senta compresa e sostenuta. Mentre parliamo, squilla il telefono di casa. E’ Vittorio.
Avverte che non verrà a pranzo. «Sai,- mi dice Aurora- stiamo sempre in comunicazione. Facciamo vita in comune ma non abitiamo nella stessa casa.” “Perché?” “ Dapprima per non turbare Valeria, ancora bambina. Ma poi ci troviamo bene così. Abbiamo orari differenti. Lui vive soprattutto di notte e ha bisogno di assoluta quiete per i suoi arrangiamenti e le sue composizioni».
Ma aggiunge: «Lui cerca anche di stare vicino a una sorella che ha il terribile male della SLA». Si allontana un momento e ritorna con un dépliant. Vi si parla di “uno spettacolo a sostegno dei corsi di formazione del personale addetto alla cura domiciliare di chi affronta con coraggio, insieme ai familiari, tale patologia.”-
«E’ questa la cosa più importante che sono riuscita a fare: – continua Aurora- una festa musicale, che ha avuto molto successo e il cui introito è servito a non lasciare in abbandono questi nostri fratelli ammalati». Evidentemente lei ha un cuore ed è una brava organizzatrice.
Ma il fatto più interessante della sua vita e della sua personalità è il suo volontario passaggio da un ruolo sociale tipicamente borghese a un ruolo considerato di livello molto più modesto: quello di suonatrice ambulante. Infatti, a un certo punto della sua vita, Aurora se ne è andata, da sola, con la sua fisarmonica, per la strada a cantare canzoni napoletane, specializzandosi poi nel ruolo di posteggiatrice.
Inventandosi, in effetti, questo ruolo tipicamente maschile: «Se ne conosceva soltanto una cantante dell’Ottocento», spiega. Certo ora la società è cambiata e i suonatori ambulanti sono chiamati “artisti di strada”, riconoscendone, a volte, il valore. Aurora canta in pubblico da più di venti anni ma il suo repertorio è tuttora formato dalle canzoni classiche napoletane. «Ormai ne conosco a memoria circa trecento, che potrei cantare all’impronta».
Le domando come sia nata questa sua passione per la musica dei posteggiatori e come questa sua passione abbia avuto tanta influenza su di lei da spingerla a volersi mutare in una posteggiatrice.
E Aurora mi racconta la sua storia. Aveva iniziato gli studi secondo la consuetudine borghese: liceo e poi studi universitari di medicina, seguendo la professione paterna. Ma, dopo due anni, abbandonò l’Università per seguire le vie dell’arte. «Ed è stato bravo mio padre che, pur dispiacendosi per la mia scelta, non ha insistito e non mi ha ostacolata quando sono voluta andare al Dams di Bologna».
E’ là che hai studiato musica? «Non solo a Bologna. Avevo già ottenuto, studiando privatamente, il diploma di pianoforte al Conservatorio. Ma, a Bologna, mi fece un’impressione profonda, soprattutto, un coro popolare sardo a cinque voci; e fu per me una rivelazione».
Ma nel frattempo Aurora non tralasciava il lato pratico della vita e, profittando di una delle leggi statali, entrava nella scuola pubblica quale insegnante di musica. E otteneva una cattedra nei paesi vesuviani. Qui si interessava della tammorra, delle feste e dei canti popolari di quelle parti e delle cerimonie della Madonna dell’Arco.
Ma diventava sempre più consapevole che la musica popolare è tanto legata al popolo che la ha creata che non può avere altri interpreti che gli artisti locali. «Io sono napoletana» afferma con orgoglio e senza dubbio lo è usque ad medullas.
E questo fu il momento clou della sua formazione. Si diede tutta se stessa a questa arte e iniziò ad andare per le strade con una fisarmonica a cantare, con la sua bella e intonatissima voce, Napoli e la sua canzone classica, «quella- precisa- che va dalla fine dell’Ottocento al Novecento e le cui origini sono da ricercarsi nei Lieder tedeschi». Con questa ultima affermazione non sono d’accordo ma per allora non le spiego perché.
Poi Aurora mi dice del suo vero cognome, De Magistris, e del suo nome d’arte, Aurora Giglio, con il cognome che era stato di una sua nonna. «Il giglio è un simbolo che porta bene. C’è il giglio degli Angioni, quello di Firenze e quello dei Borbone» , sottolina. E c’è anche il Principe dei Gigli, dipinto a Creta, migliaia di anni fa. Il giglio è simbolo di regalità e di potenza.
Certo Aurora è una donna dal carattere forte, è intraprendente, costante e ambiziosa.
«Ma la mia più grande fortuna è stato il mio incontro con il direttore del Museo e del Real Bosco di Capodimonte Bellenger. Ero andata per vent’anni, come una madonna pellegrina, a elemosinare, da questa e da quella Istituzione, un luogo da destinare allo studio di approfondimento, di archivio e di promozione della musica popolare napoletana. Lui me lo ha offerto in una sede prestigiosa».
Da allora Aurora è la direttrice dell’associazione “MusiCapodimonte”. Ha già organizzato eventi, come quelli in occasione di mostre tenute a Capodimonte, ottenendo un buon successo presso quei turisti italiani e stranieri che amano Napoli, che, città sempre viva, è presente al meglio, con la sua vitalità, anche nella sue canzoni.
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