Un’acuta e disincantata riflessione sulla natura multiforme del Male: “La teoria del rinoceronte” (Albeggi edizioni) di Alessandro Spocci ci conduce nella mente di un uomo che vive sull’orlo di un baratro, oscillando pericolosamente perché attirato dall’oscurità ma non ancora pronto a lasciarsi andare totalmente.
Stefano Forti: scrittore e marito, che però non riesce più a scrivere e neanche a portare rispetto a sua moglie; uomo vizioso, traditore, insensibile, forse patologicamente incapace di provare empatia o rimorso. Ciò non significa che possa trasformarsi in un mostro: eppure, dopo una serata trascorsa insieme a una prostituta, al ritorno a casa Stefano dichiara di aver trovato sua moglie morta ammazzata con un colpo di pistola alla testa.
Per il detective che lo interroga sull’accaduto è stato proprio lui a ucciderla in un impeto di rabbia ma lui nega categoricamente; le indagini, tuttavia, non giungono a nessun’altra conclusione se non quella che Stefano fosse l’unica persona presente in casa, oltre alla sventurata moglie, e a commettere quindi l’uxoricidio.
Quello che accade da questo momento in poi non rappresenta sicuramente il cuore del discorso: verrà condannato? Passerà la vita in carcere o riuscirà a dimostrare la sua innocenza? Comunque vadano le cose, ciò che conta in questa vicenda è il modo in cui Alessandro Spocci delinea i contorni del suo protagonista: è un ritratto complesso, dominato dai colori scuri e dalle forme appuntite, quasi espressioniste.
Stefano è un personaggio affascinante, ma di un fascino oscuro e inquietante, ed è allo stesso tempo un uomo che sentiamo vicino, perché esprime sinceramente le sue fragilità e non cerca di apparire migliore di quello che è: lui sa di essere una persona controversa, di avere difficoltà a provare dei sentimenti autentici. Lui, inoltre, non pensa di essere cattivo ma di essere solo sbagliato. Ma sbagliato fino a che punto? Fino ad uccidere perché non è stato padrone delle sue azioni? E se invece fosse solo vittima di un carattere debole, incapace di vivere e di comportarsi come gli altri?
L’autore presenta un’interessante riflessione sulla psiche umana e sui cortocircuiti di una mente già provata; Stefano può essere molto disturbante ma ha anche un’eccezionale capacità di raccontare lucidamente il mondo marcio in cui vive, e di rovesciare sul lettore delle verità ambigue e agghiaccianti.
Tanto è brutale il protagonista quanto lo è lo scrittore: in questo romanzo non si fanno sconti, a partire dal linguaggio schietto e brusco in cui niente viene edulcorato, e in cui tutto è disperatamente realistico. Marco De Santis

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