«Pensò che la società stesse andando in un verso strano, dove la giustizia sembra essere governata da chi alza la voce, da coloro che con presunzione vogliono sembrare veri e innocenti a tutti i costi, senza considerare che l’obiettività dell’informazione era solo una parola, e il fatto che ogni organo di stampa era stato comprato a suon di mazzette era per tutti una storia vecchia […] Quella mattina di inizio primavera lui decise di creare il cambiamento che sarebbe entrato nei libri di storia, un preciso mutamento politico che avrebbe portato la felicità nella vita di tutti, una variazione sociale marcata Gino»: questa citazione proviene da uno dei sei emozionanti racconti di cui è composta la raccolta “Desideria. Atto primo” di Carlo Capotondo.
La storia in questione si intitola “Io sono Gino, il braccio armato del popolo” ed è una delle più realistiche dell’opera, sebbene conservi quella punta di surreale che è tipica dei racconti dell’autore; in questa vicenda incontriamo Gino, un uomo che crede fermamente nel rispetto della dignità umana e che è stanco di subire passivamente le prevaricazioni di chi si nasconde dietro al potere: per questo motivo si spinge oltre il lecito per rendere giustizia ai più deboli.
L’autore riesce a farci provare empatia per questo personaggio anche quando compie azioni discutibili, soprattutto grazie alla sua accurata caratterizzazione che ne fa uno di noi, vicino al nostro sentire; è ciò che accade anche negli altri racconti: i protagonisti sono delineati con attenzione, avendo particolare cura nell’approfondire la loro psicologia e i motivi per cui compiono determinati gesti, a volte incomprensibili e in certi casi fonti di grandi dolori, per sé stessi o per gli altri.
In “Desideria”, il racconto che apre la raccolta e che le dà anche il titolo, ad esempio, il realismo lascia il posto al dramma e allo sconforto causato da un’insanabile solitudine; la storia vira verso il noir psicologico e ci introduce nel disastrato mondo emotivo di Paolo e Desideria, due personaggi che ci entrano sotto la pelle, e la cui sofferenza riesce a strabordare dalle pagine per giungere fino a noi, che restiamo inermi e sconvolti di fronte a tanta disperazione.
Ma in fondo è proprio questa la potenza della buona letteratura: nel bene o nel male ci fa avvertire i sentimenti che provano i personaggi, portandoci a volte a immedesimarci a tal punto da non sapere più dove finiscono loro e dove iniziamo noi. (Patrizia Rossini)
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