Alcuni se lo ricordano con il  volto di uno straordinario  Flavio Bucci nel film televisivo in tre puntate trasmesso dalla Rai nel 1977. Antonio Ligabue adesso è pronto con le sue opere, in tre sezioni espositive, ad affascinare il pubblico napoletano, dopo aver incantato i visitatori del Palazzo reale  palermitano nel 2016.
E’ ospitata nella Cappella Palatina del Maschio Angioino fino al 28 gennaio 2018  l’esposizione, promossa dalla Fondazione Federico II di Palermo e dalla Fondazione Museo Antonio Ligabue di Gualtieri, è curata da Sandro Parmiggiani, già direttore di Palazzo Magnani e direttore della Fondazione Museo Antonio Ligabue di Gualtieri, con l’organizzazione generale di Cor (Creare-organizzare-realizzare).
Oltre ottanta opere propongono il percorso tormentato di un artista che nella magia di forme accese da colori forti espandeva la propria follia. Nato a Zurigo nel dicembre 1899 dall’italiana Elisabetta Costa, la sua  fu un’odissea umana segnata dal dolore e da gesti estremi  (di autolesionismo) come estrema nella sua nitidezza fu la pittura in cui si immergeva.
Padre mai conosciuto, madre morta tragicamente per intossicazione  familiare che per Antonio era stata causata dall’uomo che  l’aveva sposata, dando al ragazzo il proprio cognome Bonfiglio Laccabue (cambiato poi  in Ligabue per l’odio dell’autore nei suoi confronti). Adottato da genitori svizzeri che lo denunceranno per il suo essere fuori le righe, cominciò ben presto a varcare la soglia dei manicomi fino ad approdare sul Po per lavorare, cominciando a scoprire la sua necessità pittorica.  Ed è  negli anni venti   che lo scultore e pittore Renato Marini Mazzacurati della scuola romana ne  scopre il talento.
Dipinti, disegni, incisioni, sculture raccontano il suo sguardo perso nella lucidità delle proprie visioni popolate, all’inizio, soprattutto da animali feroci, esotici, ma anche domestici e  da celebri autoritratti che ne svelano la disperazione e l’ossessionante ricerca della propria identità.
Genio artistico, nell’immaginario collettivo collegato all’aggettivo  “naïf”. Troppo riduttivo per la sua intensità creativa ancora viva e mai dimenticata. Nonostante  siano trascorsi oltre 50 anni dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1965, quando la Quadriennale di Roma gli dedicò una retrospettiva. Ieri come oggi, la sua arte va diritta al cuore, fino all’ultima  fase della sua esistenza, quando , colpito da paresi, continuerà a creare su incessante richiesta dei suoi dipinti.
In foto, autoritratto (particolare)

 

Quando visitarla
dal lunedì al sabato 10:00 – 19:00
domenica 10:00 – 14:00
La biglietteria chiude un’ora prima
Biglietteria
dal lunedì al sabato
intero 10 euro – ridotto 8 euro
Il biglietto comprende l’ingresso alla mostra “Antonio Ligabue” e al Museo Civico in Castel Nuovo – Maschio Angioino
domenica
intero 8 euro- ridotto 6 euro

 

 

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