Giulio Paolini torna alla Galleria Alfonso Artiaco con cinque nuove installazioni e una ventina di disegni su carta. Red Carpet, opera pubblicata sull’invito, riceve il pubblico nella prima sala. Su una superficie quadrata di circa metri due x due una ampia macchia rosso sangue chiazzata su bianco con due piedi in gesso levigato e candido collocati al centro in posizione soprelevata su una teca di plexiglas trasparente. L’artista dichiara che lo spettatore con lo sguardo può misurare “la distanza tra una concezione dell’esserci e la sua impossibilit “. Nell’insieme l’opera potrebbe suggerire, tra altre ipotesi, una tragedia appena avvenuta e l’ascesa della vittima innocente tra le ali della Morte. L’arte ha anche la funzione di stimolare la fantasia.
Nella seconda stanza si incontrano gli enigmi di una Villa dei Misteri. Sono ambienti vuoti disegnati in varie prospettive con il punto di fuga in un riquadro cieco. Gli spazi interni sono immersi in atmosfere surreali per la presenza del repertorio archeologico classico costituito da soggetti mitologici, da ornamenti scultorei, da ornamenti architettonici dell’era augustea. Il segno raffinato e descrittivo entra nella memoria.
Nella terza stanza Senza più titolo presenta, in una teca di plexiglas brunito, un giornale schiacciato su se stesso a forma di gomitolo con un piccolo calco in bronzo della figura di un carabiniere in alta uniforme che, forse, è a guardia di un nulla. Tutto poggia su disegni di progetti in una fase iniziale di elaborazione.
Promenade è nella quarta stanza. Sono dodici disegni formato A4 allineati che hanno tutti come soggetto base un piedistallo ognuno identificato dal numero in progress, in carattere romano. Nella successione si aggiungono o crollano degli elementi e sugli ultimi appare un cielo denso dei colori dei tramonti di Roma che muta col mutare delle ore che portano al buio della notte. Può essere un addio alla classicit nell’arte. O una denuncia della volont socio-politica di abbandono di ogni forma di moralit e di civile convivenza.
Terra di nessuno nell’ultima. Al centro un cavalletto da studio di un pittore con una teca che contiene una veduta aerea del Vesuvio con frammenti di immagini sparsi intorno al cratere e sulle pareti. Torna il tema della cultura. la deflagrazione sistematica della cultura napoletana attuata in ogni forma con ignoranza dall’Unit d’Italia, dalla Dittatura, dai Governi della Repubblica, dai nostri Enti locali, dalla camorra.
Nella realizzazione non appare alcuna forma di pigrizia usando tutte le tecniche dal disegno alla fotografia. Manca la staticit . La sua progettualit connette l’idea all’esecuzione. Crea “oggetti colti” d’indagine.
Ogni suo soggetto provoca interessanti dibattiti e chiede spiegazioni alla cultura del visitatore. Artista che esprime la contemporaneit con elementi di classicit . Ampie grandi vetrate sulla fantasia di chi osserva. Ogni opera induce ad aprire il sipario sulle proprie conoscenze per capire vedere e leggere con la mente. Le installazioni sono scenografiche come le architetture simboliche della pittura metafisica di De Chirico. Il segno e i volumi sono calibrati con eleganza che si ritrova anche nel linguaggio denso di rimandi culturali.
In un’intervista spiega che il ruolo dell’artista “tende a fissare l’istante iniziale, assoluto, del tentativo di avvistare l’immagine inafferrabile di un’opera” e tocca ad altri cogliere nel segno “la verit dell’opera”.
A luglio, Paolini sar presente con una personale antologica alla Whitechapel Gallery di Londra.
Alla Galleria Alfonso Artiaco, piazzetta Nilo n.7 al secondo piano la mostra di Paolini sar aperta fino al 29 marzo.
Per saperne di più
www.alfonsoartiaco.com
In foto, Giulio Paolini, Studio per "Red Carpet", 2013- Courtesy Galleria Alfonso Artiaco