Bianca Pucciarelli Menna, l’artista nata a Salerno nel 1931, meglio conosciuta come Tomaso Binga, è stata scelta da Dior per la creazione del set in cui presentare al pubblico la collezione autunno inverno 2019/2020. La sfilata si è tenuta ques’anno nei giardini del Musée Rodin di Parigi, in occasione della Paris Fashion Week.
Tomaso Binga è lo pseudonimo che l’artista Bianca Pucciarelli Menna ha scelto per affermarsi nel mondo dell’arte degli anni ’60, in un contesto decisamente misogino, per arrivare poi a rivelare la sua vera identità solo negli anni ’70, in pieno movimento femminista. Si occupa di poesia e pittura, sperimentando le relazioni possibili tra loro e, per rendere ancora più affascinante questa fusione di due arti, vi unisce anche il gesto e la voce.
Maria Grazia Chiuri, fashion designer e direttrice artistica della maison francese considerata un colosso della moda internazionale, ha raccontato di aver incontrato Bianca Menna per parlare con lei del progetto relativo alla sfilata e di averle lasciato carta bianca poiché gli artisti con cui collabora devono avere la possibilità di esprimere liberamente se stessi.
Questa sfilata prêt-à-porter autunno-inverno, connubio proficuo tra arte e moda, è stata un inno alla ribellione femminista nell’arte e, al contempo, l’affermazione della femminilità secondo Dior, una femminilità che passa, prima di tutto, attraverso la cultura.
Scritture Viventi e l’Alfabetiere Murale sono le opere scelte per allestire il set, si tratta di fotografie solitamente esposte al Museo Madre di Napoli in cui Bianca Menna riproduce, attraverso il suo corpo nudo, le lettere dell’alfabeto. L’intervento dell’artista per la Paris Fashion Week è stato visibile sin dall’ingresso alla sfilata, le lettere simulate dal corpo hanno costruito insieme il nome del brand, Dior, che campeggiava sulla porta di accesso.
Le immagini delle lettere, poi, sono state posizionate intorno alla passerella in formato gigante, in modo da riprodurre una poesia dell’artista, scritta in italiano e poi tradotta anche in francese: “Abbiamo bisogno, come donne e femministe, di gestirci. Hanno impunemente lordato il mondo non operando positivamente. Questa rivolta segna tuttavia una vittoria zittita. Zero”.
In questi giorni è possibile visitare l’alfabetiere (foto) murale tra le opere della mostra collettiva The Unexpected Subject. 1978 Art and Feminism in Italy che, inaugurata lo scorso 3 aprile all’FM Centre for Contemporary Art di Milano, resterà allestita fino al 26 maggio.
La mostra intende indagare, attraverso arte, propaganda e documenti, i rapporti tra le arti visive e il movimento femminista italiano. L’attenzione è posta sugli anni Settanta e, in particolare, sul 1978, nel giugno di quell’anno, infatti, si tenne alla Biennale di Venezia “Materializzazione del linguaggio”, una mostra di sole donne curata da Mirella Bentivoglio che vide impegnate circa ottanta artiste, e tra loro anche Tomaso Binga, unite nello sforzo rivendicare uno meritato spazio in un celebre luogo d’arte dedicato, fino a quel momento, esclusivamente agli uomini.
Il Soggetto Imprevisto. 1978 Arte e Femminismo in Italia, curata da Marco Scotini e Raffaella Perna, è una mostra sostenuta e sponsorizzata da Dior, questo sottolinea ancora una volta l’attenzione, sempre più frequente, della moda nei confronti dell’arte contemporanea.
Da quando ha assunto il ruolo di direttore artistico della maison nel 2016, Maria Grazia Chiuri porta avanti la sua battaglia di liberazione della donna attraverso la moda. Attraverso questa sinergia con l’arte e con Bianca Pucciarelli Menna ha condiviso con il pubblico un messaggio importante: è necessario sempre difendere le proprie conquiste.