Si moltiplicano, in queste giornate di imposto isolamento, le iniziative a distanza per “alleggerire” l’esclusione (necessaria) dai luoghi pubblici che normalmente frequentiamo. Molte testate giornalistiche consentono l’accesso digitale e gratuito alle loro pubblicazioni, i musei offrono viaggi virtuali e “focus” su opere, le istituzioni scolastiche hanno attivato piattaforme per una didattica a distanza per limitare, attraverso classi virtuali e distribuzione di schede e compiti, il “danno” da sospensione delle attività didattiche.
L’attivazione della didattica a distanza è uno degli argomenti più complessi e controversi che interessa insegnanti, studenti e famiglie fin dal primo diffondersi del contagio.
E’ bene ricordare che mentre all’inizio era una possibilità, è diventata la “modalità scuola” a partire dal DPCM 4 marzo 2020. Che solleva non pochi problemi, e per varie ragioni: “inesperienza” di molti docenti dovuta all’attivazione di una modalità inedita e sinora marginale, mancanza di competenze informatiche ben strutturate soprattutto negli istituti del primo ciclo, problemi tecnici legati alla ricezione dei contenuti da parte di molte famiglie, questioni di privacy se parliamo di studenti di età inferiore ai 16 anni…. Questioni su cui il Ministero interviene con competente e tempestiva vicinanza di ora in ora.
Al fondo prevale la preoccupazione di una “perdita”: di riferimenti e di apprendimenti soprattutto; bisognerebbe chiedersi però se effettivamente “un’ansia da recupero” può essere vantaggiosa e quanto invece ostacoli una modalità di apprendimento che in questa fase è decisamente “trasversale”. Perché di fatto accade, adesso e per un tempo che non sappiamo, una radicale modifica di due elementi fondamentali per la nostra “appercezione”: il tempo e lo spazio.
Circola, come messaggio suggerito ai bambini, il disegno di un arcobaleno con la scritta “andrà tutto bene” da esporre ai balconi per sottolineare la vicinanza e la solidarietà di una comunità unita nello sforzo di superare il difficile momento; si vedono nel web tutorial e link che consigliano procedimenti e tecniche artistiche da “fare in casa” e i musei, come detto in apertura, offrono contenuti di opere che, se fruite da bambini e ragazzi, potrebbe avere solo l’effetto di annoiare per la complessità che sempre le opere d’arte contengono e per la mancanza di un linguaggio che le racconta in maniera entusiasmante, capace di catturare l’attenzione ed essere effettivamente “a misura di bambino”.
Iniziative encomiabili, che ci restituiscono l’importanza della socialità e dell’interazione di cui l’animale –uomo ha vitale bisogno per rappresentare, a sé stesso e agli altri, la sua presenza e la sua testimonianza dell’essere-nel-mondo.
Questi suggerimenti evidenziano comunque la preoccupazione di “occupare” il tempo, laddove sarebbe necessario adottare una prospettiva (didatticamente fenomenologica) che produca una significazione del nuovo tempo (e dello spazio) in grado di rafforzare il vissuto e l’esperienza che, per quanto eccezionali e temporanei, costituiranno parte integrante delle nostre biografie che ne “usciranno” inevitabilmente modificate.
Spazio e tempo sono due categorie estetiche, strettamente apparentate all’arte, e la maniera con cui gli artisti le hanno percepite e rappresentate è cambiata a seconda delle esigenze della società in cui vivevano e della loro concezione del mondo, mutando sia gli aspetti simbolici che espressivi dell’opera.

Qui sopra, i pesci rossi di Matisse. in alto, un momento dei laboratori tenuti da Luigi Filadoro
Qui sopra, i pesci rossi di Matisse. in alto, un momento dei laboratori tenuti da Luigi Filadoro

Nelle scuole dove è attivo il progetto “Bambini e Musei” e grazie all’aiuto preziosissimo e competente dei dirigenti e dei docenti, sono state messe in atto alcune “attività” (da rielaborare e riordinare in seguito) come racconto visivo di questi giorni. Anche in considerazione della seconda edizione della mostra “Bambini e Musei” programmata con il Comune di Napoli e prevista a Castel Nuovo per metà aprile prossimo, da ricalendarizzare.
1)Avere a portata di mano un foglio di carta (tipo formato A4 adatto alle fotocopie) e matita. Trascorrere la giornata “normalmente” e “annotare” in maniera automatica e non programmata disegni che vengono alla mente spontaneamente. Riguardare più volte nell’arco della giornata quanto disegnato e completare eventualmente il disegno, se ritenuto incompleto, entro sera.
(Per i docenti) La tecnica del disegno “automatico” è stata sperimentata in ambito surrealista da artisti come André Masson, Joan Miró, Salvador Dalí, Jean Arp e André Breton. Negli anni ’40 e ’50 il gruppo franco-canadese chiamato “Les Automatistes” ha perseguito il lavoro creativo basato su principi surrealisti. Nell’ uso del disegno automatico gli artisti abbandonano ogni preoccupare per la “rappresentazione”. Sviluppare una forma rappresentativa richiede che la mente cosciente assuma il processo del disegno, che in questo caso si vuole del tutto casuale e incidentale. Lo stesso processo ha riguardato la scrittura. L’invenzione del “cadavere squisito” dei surrealisti è nella stessa vena di una creazione letteraria liberata dalle catene della ragione. Nel Manifesto del surrealismo (1924) André Breton raccomandava: “Mettiti nello stato più passivo o recettivo che sarai in grado di (…) scrivere velocemente senza soggetto preconcetto, abbastanza veloce da non trattenerti e non essere tentato di rileggerti. ”
Precisazione: non c’è, nel nostro caso, alcun intento di improvvisare indagini “psicologiche”: le uniche considerazioni saranno riferite agli esiti “formali”.
2)Favorire immagini di pittori che hanno dipinto oggetti e interni “prossimi” alla loro quotidianità e offrire questa chiave di lettura per riscoprire l’ambiente casalingo (realizzando disegni di angoli “familiari” della casa) e rimandare, in tal modo, ad una percezione ampliata e inedita degli spazi vissuti.
(Per i docenti): Tutti i pittori hanno fatto del loro “splendido e desiderato isolamento” un’arte. Tra tutti, le immagini dolcissime degli interni di Henri Matisse sono impareggiabili. In esse si evidenzia una grammatica del dettaglio e dei particolari colti nella loro silenziosa e quieta essenza che trova nella reinvenzione cromatica la più alta espressione del quotidiano e del già vissuto.
Invitare i bambini a osservare e disegnare angoli della loro stanza e/o della loro casa, scorci di finestre o balconi (anche immaginando un panorama diverso da quello reale) da colorare con colori forti e vivaci.
Le opere da suggerire (non da copiare): La siesta (1905); Interno con melanzane (1911);I pesci rossi (1911); La finestra aperta a Collioure (1916); Interno con violino (1918);Grande interno rosso (1948). Per ora.
©Riproduzione riservata

L’AUTORE
Ideatore del progetto “Bambini e Musei” Luigi Filadoro presiede 
 l’associazione culturale étant donnés che promuove da molti anni percorsi e laboratori finalizzati ad un coinvolgimento concreto e protagonista dei bambini nel patrimonio culturale e artistico, guardando al museo e alle sue collezioni come campo semantico di grande valore ed eccezionale luogo di incontro.
Oltre a potenziare le abilità manuali e creative, il principale obiettivo è promuovere un diritto di inclusione e di cittadinanza intesi come interpretazione, appartenenza e partecipazione alla dimensione storico artistica e culturale che, dal proprio territorio inteso come esperienza e stratificazione complessa di segni e di rimandi, va oltre e diventa metodo e chiave di lettura della complessità, della pluralità e della differenza che ci circonda.

 

 

 

 

 

RISPONDI

This site is protected by reCAPTCHA and the Google Privacy Policy and Terms of Service apply.