Oggi è quattro maggio. Tanto tempo fa, a Napoli era il giorno dei traslochi, chi per un motivo, chi per un altro, in molti cambiavano vita, cambiavano casa. Qualcosa vorrà dire? Forse, forse dovremmo imparare ad avere un ritmo di vita diverso e tornare dove ci siamo sentiti davvero a casa o almeno provare a cercare adesso la nostra casa, approfittando metaforicamente della giornata dei traslochi.
Oggi inizia la fase due, stanotte ho sentito i fuochi d’artificio dal balcone, è stato un bel momento anche se non cambierà granché, lo sappiamo tutti, sono piccoli passi quelli che possiamo fare, uno alla volta, come i bambini, uno dopo l’altro. Però sarebbe bello se per un attimo potessimo chiudere gli occhi e goderci il più grande spettacolo dopo il big bang.
Abbracciati rigorosamente con le mascherine e ballare, buttare fuori il veleno, prenderci il tempo per ricominciare insieme. Insieme, che bella parola.
Ieri come oggi girava un po’ così, sul depresso andante. Così ho chiamato Manuela Belfiore, un’artista che ammiro molto, che ha una gran voglia di fare e un entusiasmo come pochi. Si propone sempre in maniera gentile e propositiva e quando parla porta il buon umore anche quando ti racconta che non esce da quaranta giorni e che continuerà ancora questa reclusione. Quello che segue è un estratto della chiacchierata.
Antonio: Se penso a Manuela Belfiore, la prima immagine che mi viene in mente è il tuo simbolo che per quanto mi riguarda ti accompagna da sempre. Simbolo che inserisci nei tuoi lavori pittorici e nelle tue sculture, quando non diventano direttamente quel simbolo. Da dove nasce? Come riesci a renderlo sempre nuovo senza cadere nella ripetitività?
Manuela: Questo simbolo identifica me e la mia arte ma non è un’ossessione. Non ci sono forzature anche se è sempre presente. Questo ricciolo è la mia firma. Nasce anni fa, ero ancora al liceo. Tutto parte dalla spirale che mi ha sempre affascinato, unita al segno dell’ariete, che è il segno zodiacale. Stilizzando le corna ritorte e applicandole alla spirale viene fuori questa chiocciola. Da questi incastri e da tutti questi grovigli poi ho escluso alcuni elementi evidenziandoli. Li ho messi da parte e isolati. L’idea è sempre stata quella di un elemento separato dagli altri per rappresentare l’esclusione e la diversità.
Antonio: Perché inserire un elemento che si contraddistingue dagli altri?
Manuela: Per rappresentare tutte quelle persone che si sentono escluse, che sono voci fuori dal coro.
Antonio: Sei tu?
Manuela: Sono anche io si. Un elemento che può essere colorato, distanziato o anche di un altro materiale, l’importante è che sia diverso dagli altri. Porto avanti questo discorso del diverso e del particolare soprattutto in scultura, la forma d’arte che prediligo. Realizzo queste opere con il calcestruzzo cellulare, modello e uso dei calchi in gesso anche colorati. La mia chiocciola, il mio ricciolo diventa anche il pennacchio nel Vesuvio, simbolo della mia città e adesso anche un cuore. Voglio lavorare sull’amore. Un cuore che diventa testa, anima e corpo e rappresenta la persona amata, che se ci pensi per noi è sempre diversa dagli altri, ha quella giusta distanza che la rende speciale ai nostri occhi.
Antonio: Torna comunque l’idea del simbolo distanziato. Stai parlando di queste figure nuove con la testa a forma di cuore?
Manuela: Proprio così, voglio lavorare sull’amore e la sua diversità. Sono coppie che si amano non per forza uomo donna. Io dico “amatevi sempre amate chi volete” perché l’amore non deve avere né un sesso né un colore. Sto lavorando anche sulla violenza sulle donne. Mi sono ispirata a fatti di cronaca reali e ho realizzato dei corpi femminili, sempre con la testa a forma di cuore, che presentano anche parole di carta. Contro la violenza e il femminicidio. Ho realizzato questi corpi stilizzati tutti diversi, c’è anche una maternità. Mi sono ispirata a statue greche che ho visto al museo archeologico di Atene. Ho scolpito prima in siporex poi le ho realizzate in cartapesta perché sono più leggere e mi permette di usare i fogli di carta inserendo così le parole. Sto provando nuove e soluzioni e tutti questi lavori disegnati li sto portando anche per strada.
Antonio: Come ci sei arrivata alla street art?
Manuela: Ho sempre voluto inserire i miei lavori in un contesto urbano dove tutti potessero vederli. Ma sono timida e per tanto tempo non l’ho fatto pur frequentando amici writer fin da ragazzina. Oggi che ho una consapevolezza diversa e un progetto vero, un’idea di quello che voglio far vedere all’esterno posso realizzare queste figure da attaccare ai muri della mia città, immediati che puoi anche staccare e portare via. Non voglio imbrattare e non voglio attaccare sui monumenti. Questo lavoro è iniziato il giorno di San Valentino con le coppie innamorate e vorrei continuarlo appena è possibile portando per strada anche il progetto contro la violenza sulle donne con donne sedute, abbracciate e accoccolate.
Antonio: In questo periodo di quarantena i tuoi progetti sono cambiati? Il coronavirus è entrato nel tuo lavoro?
Manuela: Vorrei evitare di parlare di catastrofi e pandemia nel mio lavoro. Non ho dipinto cuori con mascherine. Siamo già bombardati tutto il giorno da telegiornali e servizi che ci dicono solo quello che vogliono. Non ci dicono come stanno realmente le cose. Se ci pensi non ci hanno avvisato a gennaio quando c’erano già casi a Milano. Il problema c’era già. Adesso voglio leggerezza anche se so che probabilmente tutto questo tornerà nel mio lavoro più avanti, tra qualche mese.
Antonio: E da adesso in poi con la fase due e la possibilità di muoverci sempre più liberamente, che progetti hai ?
Manuela: Voglio continuare con il progetto di street art, ho delle nuove immagini che ho realizzato sempre dedicate all’amore e portare avanti il progetto sulla violenza delle donne. All’inizio dell’anno ho realizzato una scultura. Due elementi bianchi collegati da un filo rosso a rappresentare una distanza che però unisce. Due solitudini che si incontrano. Il meglio che ci possa capitare in mezzo a tutto questo casino.
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