Strani giorni , viviamo strani giorni come raccontava Battiato dove siamo costretti a combattere contro un nemico invisibile che ci costringe a stare chiusi in casa e a confrontarci con le nostre paure, con noi stessi e i nostri silenzi. All’improvviso la giostra si è fermata e quel mantra che sin da piccoli ci ripetono Produci Consuma Crepa non funziona più, non ci serve. Siamo costretti a rallentare e a combattere contro la noia e l’apatia dentro giorni tutti uguali che si ripetono a colpi di film e serie tv su Netflix. Chi sembra essere immune e avere particolari anticorpi sono gli artisti abituati per loro stessa natura a trovare nella noia una spinta motrice e creativa. Gli artisti come cantano i Marlene Kuntz passano spesso il tempo così senza utilità quella che piace a voi ma che non serve a noi. E così sembra fare da sempre Maurizio Di Martino, un artista napoletano che ho avuto il piacere di conoscere tanto tempo fa e con il quale ho trascorso una piacevole sera a chiacchierare dei suoi progetti futuri, ovviamente ognuno chiuso nel proprio piccolo spazio vitale. Quella che ho trascritto è un estratto della conversazione durata almeno tre ore.
Antonio: l’ultima volta che ci siamo visti mi hai accennato a una mostra che volevi presentare da Lineadarte Officina Creativa, mi puoi spiegare meglio di che si tratta?Maurizio: Voglio raccontare una storia. Un viaggio nella storia attraverso i secoli sulle dinamiche del mondo. Dinamiche sempre uguali dettate dall’umanità e dal suo mancato proseguimento nell’evoluzione. Siamo sempre gli stessi da troppo tempo ormai. Certo, siamo progrediti tecnologicamente nei secoli, ma non abbiamo fatto nessun sostanziale passo verso il miglioramento dello spirito umano pur sapendo cosa ci unisce e quale strada seguire. Voglio raccontare una percorso, senza un punto d’arrivo, una fine. I visitatori casomai arriveranno a delle possibili conclusioni.
Antonio: Costretto in casa, credo che anche tu, come tutti, hai dovuto posticipare e rimandare progetti e impegni. Questo tempo nuovo a disposizione porterà dei cambiamenti nei tuoi piani? Come vivi questa situazione e quanto credi possa influenzare il tuo approccio?
Maurizio: Sono abituato a passare del tempo da solo, non ho avuto grossi cambiamenti in questa situazione. Se mettiamo da parte il dramma del momento con il suo carico di sofferenza e malattia credo che questo isolamento possa essere un’opportunità di crescita per tutti. Sicuramente tutto questo influenzerà il mio lavoro ma senza stravolgere nulla. A me interessa la dinamica imprevista negli accadimenti, è quella che mi stupisce. Tratto temi introspettivi rivolgendo la mia attenzione verso l’esterno. La mia visione delle cose è sempre molto ampia. Racconto fatti esterni che interiorizzo e siccome in questo periodo di isolamento, tutti siamo costretti a casa, paradossalmente questo mi avvicina molto di più a chi osserverà i miei lavori. Addirittura rischierò di essere compreso dal visitatore che troverà maggiore compatibilità con la mia visione.
Antonio: Rispetto alle dinamiche umane che sono sempre le stesse, siamo condannati a un circolo vizioso dal quale non ne possiamo uscire? Hai una soluzione? Oppure è solo una visione pessimistica di come stanno andando e continueranno ad andare le cose? Possibile che niente può venire a rompere questi schemi?
Maurizio: Non ho soluzioni, né tanto meno conosco la strada da percorrere, io, da artista, mi limito a raccontare. Sono consapevole di certe dinamiche. Però sono ottimista, anche rispetto a questo periodo storico perché questo virus di per sé è già una scintilla che stravolge certe dinamiche. L’abitudine è routine che ci conforta, che traccia dei confini silenziosi per stare sereni. E adesso stiamo affrontando dei cambiamenti sostanziali nella nostra quotidianità. Credo che abbiamo una specie di spirito di sopravvivenza reattivo che ci può portare a stravolgere in meglio e a migliorare certe dinamiche.
Antonio: Stanno cambiando le nostre abitudini dici? Secondo me ci stiamo anche un po già adattando al cambiamento. La settimana scorsa tra videochiamate, flashmob,gruppi skype e aperitivi sui balconi abbiamo fatto tanto rumore per non pensarci e distrarci ancora una volta, già adesso che sono passati almeno dieci giorni sento meno forte questo rumore di fondo.
Maurizio: Può essere. Ed è una cosa che ha due facce purtroppo. Magari ci si reinventa per passare il tempo,scopriamo che ci piace e andiamo più a fondo a scoprire e scavare, ad approfondire. Oppure ci abituiamo a non fare nulla, a non sentire e si diventa schiavi di nuove dinamiche , anche più che in passato.
Antonio: Di che dinamiche stiamo parlando. Su che aspetto ti concentrerai per la tua mostra?
Maurizio: Cercherò di raccontare come il sistema in cui viviamo non è adatto all’evoluzione. Di come il capitalismo ha fallito e come sia ancora possibile cambiare le cose usando l’amore per la vita e il senso di protezione per la bellezza.
Antonio: Comunque una situazione corale, sociale e politica. Amore per la vita e protezione della bellezza hanno a che fare con la collettività.
Maurizio: La collettività è alla base di qualsiasi cambiamento. Di quasiasi evoluzione. Mi piacerebbe l’idea di formare un collettivo. Crescere, mischiare, produrre cose che appartengano a me e a tutti. Vivere in armonia con il mondo piuttosto che averne paura ed essere costretto ad apparire come un artista maledetto e solitario.
Antonio: Nella propria ricerca artistica c’è chi parte dall’esperienza personale per arrivare a una più generale condivisa. Ho come l’impressione che tu invece punti direttamente a una esperienza più generale.
Maurizio: Generale non è corretto. Collettiva è giusto. L’esperienza collettiva è più profonda perché fatta da tanti individui. Energie simili ma uniche, individuali ma unite che possono creare emozioni diverse. Quello che mi interessa è la partecipazione collettiva che arriva se l’esperienza è condivisa. La partecipazione è dinamismo, movimento, vita e libertà. Libertà è partecipazione.
Antonio: Ho la sensazione che tu cerchi di comunicare con le tue opere non il tuo disagio personale ma il DISAGIO, inteso come sentire comune, condiviso appunto, non l’ansia ma l’ANSIA.
Maurizio: Cerco di renderlo più universale dici? Forse. Magari per farmi capire. Parto comunque sempre dal mio disagio ma cerco compagnia, per vedere se ci sono altri che sentono come me, per condividere.
Antonio: Arriviamo sempre alla condivisione.
Maurizio: Perché una vera conoscenza non può essere tale se non è condivisa. La partecipazione deve essere collettiva.
Antonio: In questo discorso anche l’idea di regalare delle rose diventa parte integrante di una tua idea più generale. Puoi spiegarmi come sei arrivato alla rosa e perché?
Maurizio: Avevo bisogno di dare qualcosa. Dopo una notte insonne a cui pensavo al mio ruolo di artista nella società mi sono chiesto come poter arrivare alle persone. Ho pensato a questa serie di rose, realizzate con la tecnica della stampa a cucchiaio, due serie da 12 xilografie da regalare in giro a chi volesse effettivamente la mia opera. Volevo sentirmi utile, donare un sorriso. L’unica soluzione che ho trovato è stata quella di regalare rose stampate. Dare è terapeutico.
Antonio: Non hai regalato rose a tutti però.
Maurizio: Le ho regalate a chi le ha chieste e a chi l’ha accettate con un sorriso. Lo rifarò, magari con qualcos’altro.
Antonio: Ecco che secondo me tutto torna. Le hai regalate a chi le ha chieste, a chi ha fatto uno sforzo, a chi ha partecipato e condiviso. Con questo progetto delle rose hai chiesto la partecipazione delle persone, con la mostra vuoi provare ad arrivare alla partecipazione. Sto facendo una forzatura?
Maurizio: Non è una forzatura. Infatti non le ho date a chiunque. Con la mostra è normale che voglio arrivare alla partecipazione. Tu se fai una mostra non vuoi partecipazione? Nel senso di trasporto emotivo. Con la mostra voglio raccontare questo percorso e riuscire a trasmettere qualcosa.
Antonio: A me pare che tu voglia farci arrivare all’idea di partecipazione, anche con la mostra.
Maurizio: Sì, assolutamente. Cercando un linguaggio che sia mio. Sto lavorando per crearlo perché anche quello è essenziale. Un linguaggio diverso arriva all’osservatore in maniera diversa e questo può cambiare le dinamiche. Ecco perché è importante che sia quello giusto per me.
Antonio: Si vede che ci stai lavorando. Che per te è importante quello che dici ma anche il modo in cui lo fai. Però adesso volevo farti un’ultima domanda prima di lasciarti, volevo sapere se avevi già pensato a un titolo e se era possibile un’anteprima.
Maurizio: Ti posso dire che non ho ancora pensato a un titolo ma che con Sara Fosco , che curerà la mostra e Gennaro e Giovanna di Lineadarte Officine Creativa stiamo già lavorando a un possibile allestimento e che non ci saranno solo quadri ma anche un’installazione. Ma preferisco non mostrare ancora nessun lavoro perché altrimenti rovinerei la sorpresa e cambierebbero le dinamiche in te che in questo momento sei il visitatore.
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In foto, l’artista con alcune delle sue opere