Barbie vive a Barbieland, un posto al confine con la realtà, dove le tante barbie vivono la loro vita perfetta, convinte che grazie ai loro progressi stiano aiutando le bambine del mondo reale nel raggiungimento dei loro obiettivi. Barbie standard, la protagonista del film, d’un tratto avrà pensieri strani e le mutazioni fisiche del suo essere perfetta, la spingono a compiere un viaggio nel mondo reale, alla scoperta della verità.
È Barbie il nuovo film distribuito da Warner Bros che vanta una mano del tutto femminile, è infatti Greta Gerwig, ad aver scritto, prodotto, e diretto un film che sta battendo ogni record. La struttura narrativa del film è la più semplice, quella composta da tre atti.
Una struttura semplice che permette alla pellicola di far brillare i tanti fiori all’occhiello di cui è composta. Barbie è infatti critico, ironico, divertente, ma soprattutto nichilista. Se il film di Gerwig ha su il suo cappotto in tinta rigorosamente rosa, è solo un travestimento. La storia di Barbie è molto di più che un’iconografia pop, ravvede il suo nichilismo attraverso la consapevolezza che non sempre un sogno può essere realizzato.
Il film è al tempo stesso conscio della realtà in cui si trova e contemporaneo, grazie all’aggancio fondamentale con il mondo virtuale di tiktok e la moda odierna. Di grande importanza sono i ruoli di genere, vi è una profonda diversificazione infatti tra uomo e donna.
Tuttavia, se nel mondo rosa di Barbieland le donne sono quelle che detengono il potere, nel mondo reale, barbie standard si troverà dinanzi a una realtà piuttosto diversa: gli obiettivi nel mondo reale sono molto difficili da raggiungere, e non basta volerlo o crederci, la meritocrazia si sgretola sotto il peso di un elemento a cui è difficile dare un nome, lo stesso che diviene ostacolo insormontabile, una situazione tediosa che può essere tradotta in una sola frase. Il mondo reale ci dice che possiamo essere chi vogliamo, ma spesso questo vale solo in un mondo di fantasia come Barbieland.
A demolire il sogno di gloria, arrivano infatti l’ipocrisia del patriarcato, le pressioni sociali, la continua richiesta di essere perfetti, ma non troppo. È soprattutto una condizione che si riflette nel mondo del lavoro, dove anche nella pellicola, l’attrice America Ferrera nel ruolo di Gloria, resta ai margini di un ruolo “creativo”, senza la possibilità di sedere ai posti di comando e potere.
Di grande impatto è senz’altro il cambiamento di sguardo, se nel mondo fantastico di Barbie vi è infatti una sorta di patina ingenua e pacifica, nel mondo reale le cose cambiano fin dalla prima scena. Qui vige lo sguardo predatorio, il senso erotico.
La figura di Barbie viene eroticizzata nel giro di qualche secondo, il suo abbigliamento e il suo comportamento gioviale, vengono scambiati come disponibilità sessuale.
Numerosi i riferimenti cinematografici: infatti così come Dorothy del mago di Oz percorre la cosiddetta Yellow Brick Road, anche in Barbie, l’entrata nel mondo reale è costellata da mattoncini rigorosamente rosa. Per ciò che concerne il gusto estetico, certamente Barbie strizza l’occhio alla pop art, in particolare alle opere di Roy Lichtenstein, dove la donna è perfetta e plastica ma vive una sorta di dramma interiore.
Ripercorrendo il senso estetico, è opportuno affermare che nel film il senso di libertà la fa da padrone. Se il primo sguardo racconta una storia dove la standardizzazione è l’elemento perfetto, e dove la produzione di massa è il segreto per il successo, nella seconda parte del film, ci si scontra con una realtà diversa, complici la presenza delle cosiddette barbie reiette.
A dominare in questa cerchia di bambole ormai dimenticate è senz’altro quella che tutti chiamano col nome di “barbie stramba”, capelli tagliati senza un senso logico, abbigliamento casuale, sguardo impazzito: elementi che la caratterizzano e che la rendono diversa, ma non da buttare.
Segue la presenza di tutte quelle barbie fuori produzione perché considerate schegge impazzite dalla stessa Mattel. È il target di riferimento a ricordare il vero senso della pellicola, a dispetto di ciò che si possa pensare, Barbie non è un film indirizzato ai bambini.
Il suo pubblico principale è quello delle donne adulte, ormai cresciute e disilluse da un mondo che ha tanto promesso e ha poco mantenuto. È un film indirizzato a chi non ha pregiudizi, a uomini che non storcono il naso se in sala, schiere di donne hanno su una maglietta rosa.
Un film per la generazione Z che si è allontanata dal mondo Barbie, incapace di apprezzarne le vere qualità. Un film che indaga il rapporto madre-figlia, che si chiede cosa ci sia dopo l’infanzia, una pellicola rosa che riconosce nelle imperfezioni la vera bellezza. Un film che tinge il mondo a tinte pastello, e racconta di una voce spaventosa che chiede alle donne di essere belle in maniera straordinaria ma le ritiene colpevoli di questo. (Miriana Kuntz)
Barbie in una foto da Pixabay