Dopo 76 giorni, il progetto Zona rossa al Bellini si scioglie. Reclusi, senza mai uscire Alfredo Angelici, Federica Carruba Toscano , Pier Lorenzo Pisano e Matilde Vigna (foto) hanno fatto teatro, si sono interrogati sul senso di questo lavoro, sulla sua necessità, sulle ragioni della crisi dello spettacolo dal vivo, esasperata dalla pandemia, e hanno mostrato in streaming non uno spettacolo compiuto, ma le fasi creative che portano alla sua realizzazione. Tutto questo in attesa dell’annuncio della riapertura dei teatri, per debuttare davanti a un pubblico.
Adesso, a un anno esatto dalla chiusura al pubblico, il Teatro Bellini chiude la sua zona rossa: la data annunciata del 27 marzo per chi lavora sul palcoscenico non è una risposta alle criticità e alla complessità del settore.
Intanto in questi 76 giorni sono nate due nuove produzioni: “Settantasei, Il crollo dell’impero romano d’occidente“ e “Senet”.
Spiega il direttore artistico del Bellini, Daniele Russo, ideatore dell’intera iniziativa, insieme a Davide Sacco: «Alla fine di questi 76 giorni in cui di teatro abbiamo parlato, discusso, immaginato e litigato, resto con un senso di disillusione. Anche se fin dal principio avevamo preventivato un possibile fallimento, e benché ne usciamo dopo aver realizzato ben due spettacoli fatti e finiti, non riconosco la visione del teatro che avevo prima».
Sacco descrive,invece, l’atmosfera della loro autoreclusione:«Da lontano le sirene illusorie e propagandistiche di una normalità a portata di mano. Attorno a noi, la tempesta di un mondo che crolla e risorge, giorno dopo giorno. I nostri artisti in fondo sono solo uomini e tutti gli uomini non sono nient’altro che artisti. La tela è ancora bianca e il tratto è breve. Abbiamo provato a far capire che solamente con pennellate comuni potremo disegnare il nostro domani».
Insieme è una parola che riecheggia ovunque, in questo periodo di pandemia. Insieme è anche una parola che implica una strategia per uscire fuori dal tunnel, ma finora questa strategia nessuno l’ha davvero vista. Non solo in Italia, ma in tutta Europa. In un’Europa che affanna tra lockdown e vaccini somministrati con lentezza.
Speriamo, però, che noi ce la caviamo. Tutti insieme. Nella luce della cultura e della creatività. Che potrebbero produrre ricchezza e anche occupazione nel nostro Paese. Basterebbe che la politica italiana se ne rendesse finalmente conto. Non è mai troppo tardi.