Il nuovo mondo dipinto dal Covid-19 ha stravolto le nostre abitudini quotidiane e anche il lavoro. Questo subisce un cambiamento radicale a tal punto che sono in molti a reinventarsi e tentare, attraverso la fantasia e i mezzi di comunicazione a disposizione, di farsi spazio nel “nuovo mondo”.
Dal 9 marzo scorso, infatti, tutte le attività commerciali sul territorio nazionale e sul nostro territorio sono state chiuse, attività che non rientrano nella categoria della parola “necessità”.
Una parola che nel tempo in cui stiamo vivendo, perde il suo significato e tutte le sue possibili sfumature.
Oggi la necessità è tutelare la salute di ogni singolo cittadino e la libertà si limita ad un’uscita per fare la spesa, per comprovati motivi di salute e per “necessità” appunto di uscire fuori dalle abitazioni.
Sono in molti a pagare le spese degli effetti della pandemia. Molte attività commerciali, probabilmente non riapriranno più. Nel Sud molti artigiani, piccole botteghe e lavoratori precari sono destinati a non farcela se non si adottano le dovute misure che dovrebbero essere prese da uno Stato Sociale, in grado di essere un buon padre per tutti ed intervenire nell’immediato.
Accanto a un’emergenza sanitaria, si apre un conseguente scenario di profonda crisi economica e sociale che dovrà essere fronteggiata già da adesso per non vanificare il sacrificio di milioni di italiani chiusi in casa da quasi un mese, e il lavoro di tanti medici e infermieri impegnati sul fronte di una guerra silenziosa che non fa sconti a nessuno.
Non sono mancate le rivolte popolari, motivate dalla parola “fame” oppure spinte da realtà criminali e organizzate che non si sono fermate neanche dinnanzi ad una pandemia.
Molti i supermercati saccheggiati, aumento di rapine e furti, tentativi di entrare nelle abitazioni con avvisi naturalmente fasulli del Ministero della Salute.
La situazione è critica e così come è necessario limitare quella parola che una volta governava il concetto di “libertà”, oggi si fa sempre più spazio l’esigenza di considerare la “Salute”. Prima di ogni cosa è la parola “salute” a espandersi in tutte gli spazi della nostra vita: fisica e psichica.
Per quest’ultima è necessario forse reinventare la quotidianità così come non l’abbiamo mai vissuta prima, cercando di “simulare” la vita che facevamo all’interno delle nostre abitazioni per non farsi mangiare dalla depressione, dall’angoscia e dalla tristezza, sensazioni inevitabili che ci invitano anche a attraversarle, nella speranza che un giorno sapremo essere in grado di essere felici con poco e goderci la bellezza delle piccole cose.
In questo nuovo tempo, dettato dal virus, l’Italia con i suoi tanti problemi ha però dimostrato una grande forza. Questa proviene dalla comunità.
Rinasce la comunità, quella che nel caos del “vecchio mondo” si era quasi spenta. Una comunità in grado di reggere e farsi forza, con azioni per il sociale per non sentirsi soli e per aiutarsi in un momento così complesso e drammatico.
“Comunità” che arriva dove la “politica” non arriva con azioni di volontariato e per il sociale che mettono la parola “umanità” al primo posto. Comunità di quartiere, comunità imprenditoriale…comunità per l’umanità.
Accanto a questo movimento umanitario però non mancano opinioni diverse che auspicano l’apertura immediata di scuole e attività commerciali già da aprile.
Molte sono state, infatti, le associazioni di settore, legato soprattutto alle attività commerciali della ristorazione a richiedere una apertura.
In questi giorni nasce però a Napoli Brand Partenopei Uniti che è la dimostrazione forse di come oggi sia più importante il concetto primordiale di “vita”, un ritorno al valore dell’essenza, piuttosto che un Dio danaro che ci governa.
Si tratta di un gruppo di 200 imprenditori della ristorazione napoletana che rappresenta oltre 400 aziende: si sono incontrate e associate temporaneamente sotto il nome di Brand partenopei uniti.
Per dare un segnale di presenza e credendo fortemente in un gesto di responsabilità anteponendo l’ interesse della comunità a quello dei singoli.
Lanciano una pronta risposta alla lettera indirizzata al presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca da parte di alcune associazioni di categoria che chiedono l’apertura per i pubblici esercizi di somministrazione per il servizio delivery attraverso le piattaforme dedicate o in maniera autonoma.
“Nonostante comprendiamo che tale servizio possa avere una doppia valenza (sociale per i privati cittadini che stanno osservano le disposizioni imposte dai decreti Nazionali e Regionali) ed economica (alleggerendo la già disastrosa situazione finanziaria delle attività del settore), non possiamo che DISSOCIARCI CON FORZA da tale richiesta, ritenendo non calcolabili i rischi sanitari che l’accoglimento della stessa comporterebbe, vanificando gli sforzi ed i sacrifici fatti dall’intera collettività fino ad oggi e rallentando la difficile battaglia per arginare la diffusione del Covid-19.’’
La nostra città dimostra ancora una volta di saper reggere e soffrire e che è possibile superare questa catastrofe restando uniti perché la “vita” è preziosa.
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