Nell’ambito di Incontri Sensibili, il museo di Capodimonte ospita la mostra Andrea Bolognino, cecità, accecamento, oltraggio , aperta dal 13 gennaio al 15 marzo 2022.
Un progetto che nasce dall’incontro, più o meno casuale, tra il direttore Bellenger e Bolognino presso la fondazione Morra Greco, durante un’esposizione a cui l’artista aveva preso parte.
La scoperta di un talento lampante e della sua precisa scelta di linguaggio porta ad un’intuizione: dare spazio al disegno nella cornice di una mostra museale.
Da qui l’invito all’artista a visitare Capodimonte per un confronto confluito in una mostra di dialogo tra poetiche accomunate da un forte bisogno di indagine della verità.
Quello che avvicina Bolognino (classe 1991 e una formazione divisa tra Napoli e Berlino) alla sua prima esposizione in un grande museo nazionale è un miscuglio tra talento lampante e scelta di un linguaggio poco esplorato nel circuito dell’arte ufficiale.
L’artista napoletano predilige il disegno, cioè quella forma espressiva che Bellenger definisce arte primordiale e che Vasari indicava come scintilla prima dell’arte quale espressione umana sublime, ricercata e fortemente voluta.
Lo stesso disegno che trova poco spazio nella cecità del discorso museale, fa di questa operazione una scelta coraggiosa.
Ne viene fuori una mostra per molti impensabile nel cuore pulsante di una delle collezioni d’arte più complete del mondo, legata a una delle sue opere più famose ed enigmatiche: La parabola dei ciechi di Pieter Brueghel il vecchio.
Il confronto con la collezione Farnese e l’intenso lavoro in solitaria di Bolognino si manifesta nelle molteplici sfaccettature della sua arte, un distillato energico di ore passate insieme alle opere di Capodimonte, una minuziosa raccolta di immagini e l’accesso alla documentazione del museo napoletano. Il risultato non potrebbe essere più esaltante.
Se l’opera di Brueghel ci mostra come agisce un gruppo di ciechi, Bolognino fa un salto, con le sue mille incursioni, passando dal vedere i ciechi a vedere come i ciechi, in un mix tra medicina e mito, disegno e pittura con una scientificità che si sente, si percepisce tutta.
Le tematiche toccate sono declinabili e persino immaginabili.
Si passa dalla critica alla cecità provocata dal diluvio di immagini della società dei Social, al buio della mancanza di percezione del corpo, sfida umana illustrata nei tre pannelli principali dell’esposizione, che accompagnano più da vicino l’opera di Brueghel.
Sono questi tre fogli di grandi dimensioni che affrontano tutte le fasi dell’accecamento: partendo dalla perdita del senso di realtà, passando per la disfatta della caduta per approdare alla volontà di rialzarsi.
Predominante il nero in una esperienza tangibile di cecità, che è talvolta anche parziale, conseguenza e reazione alla pienezza dello schermo in un mondo dominato dalla comunicazione intermedia dalla tecnologia a base web.
La mostra porta al museo il contrario di quello che il museo è, ponendo al centro della percezione la mancanza, l’offuscamento della percezione visiva. I ciechi di Bolognino vedono pezzi di vita attraverso fasci di nervi, reti neuronali, buio tra cui si scorge una mano, un pezzo di volto, un mezz’occhio.
Come già accennato, si tratta di una mostra che pone l’arte in dialogo, sublimazione di un capolavoro assoluto tramite un linguaggio più immediato, più istintivamente percepibile sotto pelle.
Se Bolognino disegna nel pieno di sconvolgimenti sociali legati alla predominanza dell’immagine, non meno sconvolgenti furono i tempi che videro la nascita dell’opera di Brueghel, legata al mondo della riforma protestante e al bisogno di ricerca che si intuisce nella volontà di definire eticamente un’epoca di passaggio segnata da enormi lutti.
Del quadro di Bruegel ci è nota una poco velata funzione inquisitoria, ma non i suoi reali destinatari.
Quello che si conosce è il grande valore artistico e etico del quadro, alla ricerca di una verità che ci è sottaciuta. Una ricerca che si ritrova intatta nei disegni di Andrea Bolognino, esplorazione dell’esperienza sensibile, percepibile perché manifestata in forma collettiva.
La cecità di cui si parla è una corsa verso il baratro, verso il vuoto, che riguarda tutti noi. L’esposizione va a completare la già indagata volontà del Museo di aprirsi alla cittadinanza, portando nelle sue sale giovani del panorama artistico locale.
Bellenger, nel presentare l’esposizione, fa capire la necessità di tracciare nuove vie nel contemporaneo, portando al contempo un artista nell’olimpo dell’arte ufficiale.
Un modo per aguzzare la vista su un bisogno di rinnovamento che percorre l’arte nella sua interezza, sempre più legata alla necessità di proporsi a tutti, di essere accessibile a tutti, capace di parlare a tutti.
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Per saperne di più
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La visita a Cecità, accecamento, oltraggio, è inclusa con l’accesso al Museo. Nelle domeniche del 30 gennaio, 20 febbraio e 13 marzo sarà possibile confrontarsi con l’artista in una visita prenotatile tramite mail all’indirizzo cap.accoglienza.capodimonte@beniculturali.it .
Obbligo di green pass rafforzato e mascherina. Numero massimo di partecipanti: 20 persone per ogni incontro.