Tornano a casa la Trasfigurazione di Giovanni Bellini e la Lucrezia di Parmigianino date in prestito, a Vicenza e a Parma. Non c’è mostra prestigiosa al mondo, infatti, che non chieda la collaborazione del Museo di Capodimonte per ottenere temporaneamente capolavori da proporre ai visitatori.
Rientra a Napoli La Trasfigurazione che è stata esposta, dal 7 ottobre 2016 all’8 gennaio 2017, nella prestigiosa sede delle Gallerie d’Italia- Palazzo Leoni Montanari (Contra’ Santa Corona, 25) a Vicenza. L’eccezionale prestito, concesso dal Museo di Capodimonte, diretto da Sylvain Bellenger, ha consentito il temporaneo ritorno del dipinto nel suo luogo d’origine, dopo quasi cinque secoli di assenza, in occasione del Cinquecentenario della morte di Bellini.
Il magnifico olio su tavola (115 cm x 154 cm) venne molto probabilmente commissionato al maestro veneziano per essere collocato sull’altare della cappella Fioccardo del Duomo di Vicenza. Nel 1613 la cappella venne diversamente destinata e l’opera belliniana rimossa. La si ritrova più avanti nella Collezione Farnese a Parma. Nel 1734 Carlo di Borbone eredita la collezione dalla madre Elisabetta Farnese e anche il Bellini viene portato a Napoli con il resto della prestigiosissima collezione, prima collocato a Palazzo Reale, poi nella reggia di Capodimonte.
Nel periodo della Repubblica napoletana nel 1799, la reggia viene saccheggiata e anche la Trasfigurazione, che aveva incantato i generali francesi, viene prelevato e destinato oltralpe. La l0opera fu “miracolosamente” recuperata a Roma. I francesi tentaorno di ripprrpiarsene nel 1806, ma Ferdinando IV salva il suo Bellini trasferendolo a Palermo.
Nel dipinto, il Cristo trasfigurato rivela la sua natura divina alla presenza di tre apostoli: indossa vesti bianche, che hanno il nitore, la trasparenza e la bellezza delle nuvole. Gesù è il centro di tutto il discorso compositivo. L’inquadratura è frontale: le mani aperte, secondo il gesto degli antichi oranti, classico e cristiano, autorevole e soave. I Profeti conversano con lui della sua imminente passione e morte. Sono posti ai lati di Cristo: a sinistra, Elia, ammantato di rosa; a destra, Mosè, vestito di ocra rosato e rosso con in mano un cartiglio.
Scenario, l’ampio paesaggio veneto e padano, dove sono riconoscibili il campanile della Basilica di Sant’Apollinare in Classe e la Tomba di Teodorico a Ravenna, e dove si vede una campagna solcata da sentieri, sullo fondo di colline e montagne che si perdono lontane all’orizzonte, sovrastate da cieli solcati da nuvole bianche e gonfie nel vento.
Dalla mostra Lucrezia romana. La virtù delle donne da Raffaello a Reni (Parma, Complesso della Pilotta, 26 settembre 2016 – 8 gennaio 2017) è rientrata la Lucrezia di Francesco Mazzola, detto il Parmigianino, esemplare del virtuosismo e degli incredibili effetti ottici del maestro.
Di Lucrezia, moglie di Lucio Tarquinio Collatino, abusò il giovane Sesto, figlio del re Tarquinio il Superbo, Che minacciò di uccidere lei e un servo; dopo aver rivelato l’accaduto al padre e al marito, la donna si tolse per il disonore, innescando così la ribellione contro la monarchia e la nascita della Repubblica romana (509 a.c.).
La matrona è rappresentata da Parmigianino nel gesto eroico del suicidio, mentre si trafigge con un coltello. La tunica è fermata da uno spillo con la rappresentazione di Diana, simbolo di verginità. Tra le ultime opere eseguite dall’artista, morto appena trentasettenne nel 1540, la Lucrezia fa sfoggio di preziosismi dorati delle stoffe e dei capelli. E gli incarnati lucenti sembrano intagliati nell’alabastro.
Per saperne di più
http://www.museocapodimonte.beniculturali.it/
Nella foto in alto, la Trasfigurazione di Bellini