Goltzius and the Pelican Company. Su questo ultimo film di Greenaway (in foto, l’autore e una sequenza) le espressioni sensazionalistiche si sprecano. “Greenaway a teatro”, “un progetto culturale oltre gli schermi’ “, “un’opera colossale che travalica i generi di fruizione classica”, “un affresco epocaleche è insieme summa e riflessione su […] narrazione videoarte, pittura, teatro e musica.” Ci si smanica per trovare una motivazione teorico-culturale all’ingresso ufficiale del cinema a teatro. In nome della multimedialit . Come se questa non fosse entrata nelle migliori produzioni teatrali, Napoli compresa.
Cavalca con invidiabile baldanza gallese le sue settantadue primavere, è qui nel foyer del Bellini a presentare alla stampa il suo ultimo, ma non recente lavoro Goltzius risale infatti al 2012, ma non ne parla. Il regista decreta la morte del cinema, distingue tra registi e creatori, i primi illustratori di storie,quali Il Signore delgi anelli e Harry Potter e dei pochi altri che creano includendo implicitamente se stesso nel numero. Fin qui nulla in contrario. Ma da qui a generalizzare dicendo che il vero cinema non è narrare storie ma immagini e quindi l’universo di idee che sta loro dietro ce ne corre. Una qualsiasi sequenza è una storia e non c’è storia che non abbia le sue idee da difendere.
Si entusiasma a parlare delle nuove tecnologiche che con prepotenza hanno creato nuove forme di linguaggio, esalta il digitale, lo smart phone, ma poi, pagando il giusto tributo alla sua et , denuncia con preoccupazione la tendenza delle nuove generazioni a perdere la scrittura e la memoria ed elogia noi della stampa che prendiamo appunti a mano. Si dice sicuro che con la diffusione di massa dello smartphone e del lap top tutti saranno in grado di produrre artisticit , per di più in forme nuove. Come se quello che ha creato non fosse anche frutto del suo immenso, irripetibile, variegato background culturale, del suo amore per l’arte, per il barocco ma anche per l’antica Roma, Pompei, Ercolanno… Celia o gusto della provocazione? Poco importa sapere.
A proposito del film, Greenaway si tiene sulle generali, dice di aver trattato il binomio universale Eros & Thanatos, ma c’ è anche chi ha parlato del suo film come di una “provocatoria, visionaria e scandalosa rievocazione delle storie erotiche della Bibbia” le tentazioni di Adamo e Eva, Lot e le sue figlie, David e Betsabea, Giuseppe e la moglie di Putifarre, Sansone e Dalila, Giovanni Battista e Salomè. Capezzoli in bella mosta da strizzare, scroti da pizzicare, membri da eccitare, monte di Venere tumescenti. Questa la piccante promessa di Goltzius.
Corpi nudi che ruotano attorno a una statica, inattiva telecamera. Un ipnotismo che annulla la dimensione temporale, se non fosse per i costumi e il trucco. Una macchia teatrale barocca sull’architettura rinascimentale. Vero. Ma anchemonologhi sfacciati, durezza burlesque, vigore sessuale e zelo voyeuristico, per quanto mitigati da ironia e fantasiosit visionaria, fortemente influenzati dalle rappresentazioni teatrali in stile rinascimentale-barocco. L’arte, non vuole censure, ma ci incappa. Almeno agli inizi. Poi si sa, il tempo è galantuomo.
Per due anni il film è stato congelato dalla distribuzione tradizionale. La tenacia gallese del regista e una imprenditorialit creativa e desiderosa di nuovi sbocchi ha portato il cinema a teatro e sono disposte a portare in ogni altro luogo ricettivo. La motivazione culturale dei nuovi distributori, Lo Scrittoio e Maremosso, è decisamente nobile “Le dinamiche distributive non avrebbero saputo “trovare adeguati spazi e modelli di diffusione per un’opera cos inconsueta e un autore fuori degli schemi” . N Greenaway manca di dire la sua. A proposito del perch il cinema a teatro? In una intervista concessa a la rep. Il 30 settembre scorso rilasciata a Simona Spaventa. «Il mio incisore Goltzius è un miracolo multimediale […] un tributo alle intenzioni più profonde del film, che è un’esplorazione dei nuovi linguaggi, ma abbraccia e incarna forme d’arte di solito estranee al cinema dramma e teatro, musica e danza, oratorio e retorica, architettura e calligrafia. E ovviamente pittura, Goltzius era un incisore. Insomma, è una lezione di storia dell’arte. Ma i cinema oggi fanno affari con prodotti commerciali che si dimenticano subito, danno valore al guadagno a spese della qualit forse non sono più il posto giusto per una pratica cinematografica adulta».
A me che gli chiedevo se per casogli spettatori non fossero condizionati dal bigottismo sessuofobico neo testamentario, del tutto assente nel Vecchio Testamento, dapprima ha detto che la mia osservazione era insignificante, poi dopo un po’ tornando sui passi ha detto che tutti devono vedere tutto entro i ventun’anni di et . Credo nella profonda distanza tra arte e pornografia. Sono convinto del rifiuto dettato alla distribuzione dai proventi sugli incassi. I film di Greenaway sono difficili o comunque non per tutti. Qu 6 è« « o è á « s pt B L libri n esta, la verit . Lui stesso ha detto che conta un numero sempre minore di seguaci e che si ritiene un fossile. Io sono tra quelli che sono affascinati dai fossili. Tutti gli illustri trascorsi depongono a favore di Greenaway. Sono ancora tentato dall’idea estetizzante che non c’è limite al dire se il dire è detto artisticamente. Stasera andrò a vedere il film. Ne riparleremo domani.
Al teatro Bellini, in via Conte di Ruvo 14 (Napoli) da marted 7 a domenica 12 ottobre (ore 21- tranne il festivo, ore 17.30)