Dal 2005 il Palazzo delle Arti Napoli (Pan) fa iniziare il viaggio nel contemporaneo alla cultura all’ombra del Vesuvio. Palazzo Carafa di Roccella, edificio nobiliare urbano nato come villa-masseria nel ‘600, è diventato meta di artisti contemporanei.
La prima istituzione civica aperta ai linguaggi delle arti visive, fotografia, cinema, teatro, architettura, design, arti multimediali.
Un luogo aperto alle realt artistiche e culturali innanzitutto della citt che tenta di avvicinare la distanza che si crea tra pubblico e contenuto del museo, ancora non percepito, quest’ultimo, come strumento divulgativo di massa e troppo spesso avvertito come luogo per pochi intenditori e privilegio per lites sociali.
Un ottimo esempio è stato dato, in questo senso, dalla collettiva los impolitcos, quaranta opere che raccontano, da un punto di vista altro, parte del novecento dei paesi latinoamericani. Un incontro visivo con la cultura ispanoamericana espressa da paesi come l’Argentina, Bolivia, Brasile, Perù, Uruguay, Venezuela, Panama, Messico, Honduras, generalmente attraversati da instabilit urbana e socio-economica e da violenti regionalismi. Attraverso le arti visive, la letteratura e il cinema si porta a conoscenza l’impolitico delle stringenti realt di quel tormentato pezzo di mondo da un’altra angolatura, cio contro le convenzioni dominanti interpretate dalla modernit . Los impoliticos è una sorta di anti-modernit capace di rispondere a quel degrado urbano e sociale dell’America Latina.
La mostra collettiva “Napoli senza titolo” ha portato alla luce quarant’anni di spazio pubblico a Napoli. La citt fotografata che narra la mutazione di s attraverso il paesaggio, la trasformazione statica e storicizzata di luoghi e persone del secondo novecento.
L’omicidio per strada, la vela di Scampia, la scritta sul muro:” entrare a d’agio stanno i banbini” segnano il passaggio di una cultura, appunto, senza titolo, dello spazio vissuto con tormento, del luogo praticato con sofferenza, ma anche la maschera di pulcinella, l’incontro con il mare, l’accavallarsi di luci notturne che illuminano case intersecate e quasi sovrapposte, i luoghi di preghiera musulmana respirano di una citt antica, mediterranea, multiculturale, futurista. Una citt di speranza.
Il Pan si interroga anche sui rischi dell’estetica e più in generale dei canoni della bellezza. Venti artisti invitati dalla curatrice della mostra Manon Slome del Chelsea Art Museum di New York intitolata “Bellezza Pericolosa”.
L’Italia spende oltre 200 milioni l’anno per la chirurgia estetica e meno di 50 milioni per l’istruzione.
Donne che muoiono per dimagrire, l’ossessione della bilancia, corpi toccati fino a farli sembrare ibridi, incroci complessi di sessualit , ritratti di donne “riempite”, pitture di soggetti che debbono, per status sociale, mantenersi belli come celebrit , artisti, rapper, giocatori di basket, nonostante il contrasto con gli eccessi e gli scandali delle loro vite reali.
Dangerous Beauty ha l’intento addirittura pedagogico che segnala il doversi saper fermare rispetto all’uso del proprio corpo, riflettere di fronte ad aggressivi modelli estetici propinati dai mezzi di comunicazione di massa, vuole affermare il valore della bellezza fin quando questa è in sintonia con la mente e con un sano percorso psicologico dell’essere umano.
Il Pan da voce anche e soprattutto ai protagonisti della storia artistica napoletana. Armando De Stefano, un “nostro” maestro del novecento. Pittore contemporaneo che comunica percorsi artistici tra Napoli e l’arte visiva negli ultimi sessant’anni.
Guerra, povert , morte, mestieri, donne napoletane, Michele ‘o pazzo, Masaniello, Gesù Cristo. De Stefano affonda nella storia dell’arte partenopea dal secolo d’oro della pittura napoletana, il Seicento, fino a oggi.
Il Palazzo delle Arti Napoli deve aspirare a diventare un istituto culturale di respiro europeo e questo potr avvenire a precise condizioni.
Prima di tutto deve diventare la casa degli artisti napoletani, uno spazio aperto ai tanti giovani che esprimono arte libera, critica, controcorrente e che troppo spesso espongono a caro prezzo in pochi metri quadri o addirittura non oltre le loro abitazioni o cantinole.
Bisogna aprirsi alla contaminazione di altre esperienze mondiali con scambi culturali tra paesi e dare opportunit ai talenti “non sponsorizzati” di poter far girare Napoli nel mondo.
Anche la gestione pubblica del Pan va riconsiderata in un’ottica collegiale e permeata da consigli, esperienze e progetti non convenzionali che sappiano esprimere diversit , sperimentazione e conoscenze artistiche e culturali fuori da quella ristretta cerchia di posizioni dominanti.
Nella foto, il Pan di Napoli