Il disordinato confronto parlamentare e le indecisioni tra Governo e potere legislativo, oltre a una ingiustificata rissosi tra i due organi costituzionali, sul decentramento di funzioni statali verso gli enti periferici e sul nuovo modello fiscale italiano, rischiano di non far capire le eventuali opportunit di una nuova organizzazione statale che in teoria “sposterebbe” il potere più vicino ai cittadini.
Con la legge 5 maggio 2009, n. 42 si comincia con il federalismo fiscale che, tra l’altro, “ripete” la costituzione delle aree metropolitane, con contestuale soppressione delle province di riferimento, esattamente secondo la previsione della legge 142 del 1990. Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Napoli erano gi・state individuate citt・metropolitane dal legislatore appunto negli anni ’90. Le uniche due variabili riguardano l’aggiunta della citt di Reggio Calabria e la sostituzione di Roma con la dicitura “Roma capitale” che può disporre, in teoria, di autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria. Per il Comune capitolino vorr dire drenare più soldi dal Governo centrale.
Sin dai primi decreti attuativi sul federalismo è g in discussione la coesione sociale e la solidariet tra regioni ricche e povere, in sostanza si accentuano le differenze tra nord e sud del paese. Da una prima proiezione sono più i rischi di una separatezza istituzionale e politica che la creazione di un modello di sviluppo e di crescita unitari e uniformi dell’articolazione regionale e dei tanti sistemi-citt del paese Italia.
La percezione di una discussione tra “pochi intimi”, niente affatto nella comprensione di chi dovr confrontarsi con questo nuovo agire pubblico, sta strutturando una rivoluzione silenziosa nella assoluta distrazione generale di ceti e categorie sociali su cui dovranno ricadere le scelte.
Innanzitutto la scorsa legge finanziaria ha enormemente decurtato i trasferimenti statali all’indirizzo di Regioni ed enti locali, mettendo in ginocchio l’autonomia di detti enti decentrati. Napoli nell’ultimo anno si è vista assegnare circa 40 milioni di euro in meno. Una riforma strutturale che si propone di “cedere” nuovo potere non può cominciare con il tagliare le economie, dirette e indirette, a disposizione proprio di chi si vuole far crescere in capacit di governance e di relazioni territoriali.
Sembrerebbe che il nuovo quadro di regole che dovranno rispondere all’esigenza di uno stato federale e più leggero definisca bene costi e tagli all’indirizzo degli enti locali e non ancora si interrogherebbe sui servizi essenziali minimi da garantire ai cittadini. Un nuovo assetto statale non avr capacit di reggere n・attrattivit se conterr la discriminante dell’assenza di soldi per attuarla, specialmente nelle fasi iniziali e nei primi anni, se non decenni, dalla sua effettiva partenza.
Ad esempio non vengono tracciati i livelli di assistenza per sanit , istruzione e trasporti. Vi è, quindi, la mancanza della definizione dello stato sociale locale, di quel welfare municipale che dovrebbe dialogare con le classi sociali emarginate e tracciare politiche di inclusione verso chi non è in grado di camminare con le proprie gambe, verso chi è escluso dall’ingranaggio sociale.
Altro tema affatto secondario riguarda la soppressione dei trasferimenti statali di parte corrente alle regioni e a cascata su province e comuni. Da una prima stima questo per il Comune ed i cittadini napoletani vorr dire circa 60 milioni di euro in meno e in base a precise teorie economiche a un rapporto di circa uno a due tra tagli e servizi. Ogni milione di mancato trasferimento si concretizza in due milioni circa in meno per servizi ai cittadini. Questo significa meno politiche sociali per i più deboli, meno autobus in strada, meno sviluppo della metropolitana, meno efficienza pubblica dei servizi necessari e insopprimibili per oltre cento milioni di euro. Ancor più nel dettaglio significa estensione della pressione fiscale, attraverso l’aumento dei tributi locali (refezione scolastica, rette per giocare sui campetti di calcio comunali, cedole librarie, tariffe idriche, etc.), oppure privatizzazione delle aziende pubbliche e fare cos conti con il mercato e con privati intenti a soddisfare uno dei più antichi assunti aziendali che prevede la socializzazione delle perdite (da addossare agli enti locali) e la massimizzazione esclusiva dei profitti.
Insomma, si profilerebbe, almeno per diversi anni, un federalismo a velocit variabile tra le due aree del paese. Tra chi, ci ha un tasso di disoccupazione al di sotto e chi al di sopra della media nazionale, tra chi eroga servizi efficienti e chi scadenti e a costi elevati, tra chi ha più infrastrutture e sedi logistiche e chi soffre ancora nel non avere una autostrada degna di questo nome (Salerno-Reggio Calabria), tra chi produce senza comprimere i diritti acquisiti dei lavoratori e chi, di fatto, subisce le gabbie salariali.
L’atteggiamento di chi sta “scrivendo” i decreti attuativi del federalismo è dunque ondivago oltre a cre 6 « o è è á « s pt L libri n e d d d d pG 7 e : E è H l è NO » OJ e
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7 l are i percorsi procedimentali che aggravano confusione e incertezze. Infatti, se da un lato si mettono soldi per gli ammortizzatori sociali, dall’altro si taglia il fondo nazionale per le politiche sociali, se si mette al centro la nuova fiscalit dei Comuni poi non si vuole toccare il patto di stabilit non permettendo ai Municipi di spendere i soldi che hanno in cassa per non sforare quest’ultimo (residui passivi).
Un’analisi sicuramente preoccupante ma che al contempo induce a un processo di rivisitazione critica dell’amministrazione pubblica dei nostri territori. D’altro canto se di opportunit si tratta bisogna anche che la nostra citt inizi a cambiare impostazione della spesa pubblica, razionalizzando il funzionamento dell’azienda Comune e combattendo ancor più incisivamente sprechi e privilegi insopportabili, dannosamente presenti.
Le Regioni del Sud farebbero bene a stringere un patto su alcuni grandi temi che riguardano la vita dei cittadini. Stato sociale, infrastrutture, immigrazione, lavoro. La contrattazione sul federalismo passi per un programma minimo senza elementi esclusivamente solidaristici e caritatevoli, si concretizzi ci su una piattaforma vera affinch il mezzogiorno accetti la sfida della competitivit all’interno di un quadro di regole certe e condivise, dentro uno scenario allargato di coesione sociale ed economica. (fine).
In foto, il golfo di Napoli
Guarda il video del professor Luca Meldolesi, autore del libro "Milano Napoli – Prove di dialogo federalista" www.youtube.com/watch?v=bTi1_KIfIX8