Più che sulla libert , sulla democrazia e sulle costituzioni, l’Europa affonda le sue radici su Auschwitz. Oggi si parla di libert , di diritti fondamentali, del supremo valore della vita e della dignit dell’uomo; e il ricordo di ciò che è stato, sebbene vivo e vegeto in chi ha vissuto il dramma sulla propria pelle, rischia di scomparire tra le fiamme del tempo trascorso. Eppure, solo sessant’anni fa, l’Europa diede vita alla più grave tragedia della modernit il tentativo di annientamento di un’intera popolazione. Le cosiddette democrazie occidentali nascono con il dramma della Shoah, ossia del sistematico assassinio di omosessuali, zingari, disabili e, soprattutto, ebrei, operata dal regime nazifascista del secolo scorso. Della necessit di ricordare, un precetto per chi è di religione ebraica, un obbligo per tutto il genere umano, si è parlato nella sede napoletana della Fondazione Valenzi, al Maschio Angioino.
L’iniziativa (Come negare il negazionismo? Le idee si combattono solo con le idee?) si inserisce tra i molteplici incontri che la comunit scientifica napoletana da tempo dedica al tema, oggi attualizzato dalla calendarizzazione del disegno di legge sul negazionismo in discussione al Parlamento Italiano. In sostanza accade che l’Unione Europea emana, nel 2008, una decisione quadro in cui invita gli Stati membri a riavvicinare le legislazioni interne implementando la lotta a ogni forma di razzismo. Dunque gli Stati Europei cominciano adinterrogarsi sulla possibilit di reprimere penalmente il negazionismo, ci quell’insieme di teorie balorde che, con argomentazioni faziose, inverosimili, illogiche, oltraggiose e arbitrarie, sostengono l’idea che “un” genocidio non ci sia mai stato.
Ovviamente, il cuore del problema è la negazione della Shoah, che, per il modo in cui è stato concepita e attuata, rappresenta il più grave dei più gravi crimini contro l’umanit . Gli studiosi si dividono tra chi ritiene che la repressione del negazionismo sia un “bavaglio alla ricerca storica”, una “lesione della libert di espressione e di opinione”, uno “svilimento del diritto penale”, e chi invece insiste sulla necessit di una tale legge.
Nel corso del convegno si sono affrontati, appunto, tali diversi modi di pensare, in un’organizzazione del lavoro di tipo divulgativo, più che strettamente scientifico. «Sia i giuristi che gli storici sono chiamati a ricostruire un fatto storico gi avvenuto, ma i modi con cui si attua tale ricostruzione sono molto diversi- spiega Gabriele Della Morte (docente di diritto internazionale all’Universit Cattolica di Milano)- non si possono sintetizzare questioni complesse con una logica giuridica». Il professore insiste quindi sulla difficolt che troverebbe l’applicazione di una tale legge nei tribunali.
Di diverso avviso si dichiara Lucia Valenzi (presidente della Fondazione), secondo cui «il negazionismo altro non è che un’offesa alla memoria, ed essendo un oltraggio gratuito, va combattuto con tutti gli strumenti possibili, non esclusa la sanzione penale». Nico Pirozzi (coordinatore del progetto “Memoriae”), pur dichiarandosi contrario all’adozione del reato di negazionismo, si dice però convinto che «la memoria è un diritto, e come tale va garantito. Bisogna, perciò, intervenire su altri fronti, come scuole e universit ».
Ancora una volta, pertanto, si accendono i riflettori su un problema di difficile soluzione. E ancora una volta non c’è soluzione valida e sicuramente efficace. Ma la rinascita, o meglio il perpetuarsi del razzismo (mai sopito), impone una dura presa di posizione. Perch il negazionismo non c’entra nulla con la libert di pensiero e con la ricerca storica. solo una maschera dell’antisemitismo, null’altro.
In foto, il campo di concentramento a Dachau, oggi