Napoli nel mondo. Tavole rotonde, musica, poesia e conversazioni dedicate al patrimonio materiale e immateriale del bacino del Mare Nostrum e al modo in cui le diverse comunità lo vivono: due giorni nel complesso partenopeo di San Domenico Maggiore dove l’animo inquieto di Giordano Bruno trascorse parte della sua vita riflettendo sul rapporto tra l’Uomo e l’infinito.
Sarà stato il luogo ma il tema proposto sembra ricordare le riflessioni del filosofo nel rapporto tra la società, l’Uomo, e l’infinito inteso come tempo storico. Patrimoni mediterranei e cittadinanza. Distruzione, ricostruzione, conservazione delle memorie e partecipazione cittadina: se n’è parlato durante l’incontro con relatori delle due sponde del Mediterraneo. Obiettivo: raccontare idee, progetti, attività e percorsi di vita da condividere.
Che rapporto c’è tra il patrimonio culturale e le comunità di cittadini? La convenzione di Faro (in attesa di essere ratificata in Italia dal 2013) introduce un concetto che, solo apparentemente, si configura come innovativo: il patrimonio culturale come eredità collettiva ovvero un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione.
Chi sono i membri di questa comunità? Un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future.
Si è deciso, quindi, attraverso uno strumento internazionalmente condivisibile, di ufficializzare una prassi consolidata: riconoscere il ruolo delle comunità locali nella conservazione dei patrimoni e la loro trasmissione alle nuove generazioni.
La scelta del plurale non è casuale: sottolinea la vastità di entità materiali che abbracciano i monumenti, gli scavi archeologici e ogni cosa tangibile e l’altrettanta ricchezza della sfera immateriale come i saper fare artigianali, le feste religiose, le tradizioni…
Le persone e le comunità sono, quindi, il fulcro di un processo consapevole di salvaguardia e trasmissione che risale alla notte dei tempi. Un processo che nel convegno, organizzato a Napoli dall’associazione Peripli, ha trovato momenti di confronto e dialogo.
Carlo Tachos ha presentato il caso della cittadina di Larissa in Tessaglia, zona rurale della Grecia, in cui la riconversione di una ex area industriale in centro polifunzionale e di aggregazione diventa luogo di manifestazioni collettive – nei mesi a cavallo tra la primavera e l’estate – per ricordare le tradizioni del passato.
Si conferma, così, la vocazione sincretica dell’area Mediterranea in cui tutte le culture si fondono in un continuum: dai riti pagani a quelli religiosi fino ad arrivare all’era della globalizzazione nella celebrazione di feste che precedono la stagione estiva per propiziare il raccolto attraverso riti e liturgie volte a esaltare la fecondità e la fertilità.
In millenni di storia le comunità rurali non hanno mai smesso di celebrare le ricorrenze, con i loro apparati simbolici ed iconografici, che scandendo le stagioni costituiscono lo stratificato – onnipresente – sostrato culturale.
Nel suo intervento, il linguista Roberto Sottile narra la migrazione delle parole da un paese all’altro del bacino, la circolarità e diffusione linguistica come testimonianza di condivisione e contaminazione tra popoli e culture. I vocaboli denominano la realtà e si liberano nell’aria portando con sé tradizioni culinarie, ludiche, di vita quotidiana… Con le parole si spostano idee, pensieri, tradizioni e conoscenze che, innestandosi in culture altre, gettano il seme della condivisione.
La stessa migrazione, questa volta di un saper fare, al centro della relazione di Caterina Ascione, storica del corallo, che nel presentare il lavoro del comitato promotore la lavorazione artigianale del corallo e del cammeo di Torre del Greco patrimonio immateriale dell’Umanità illustra le rotte del corallo e del cammeo che da Torre del Greco si dipanano verso gli altri paesi mediterranei.
Accanto alle linee delle rotte tracciate sulla carta geografica, nei due giorni dedicati al dibattito e all’approfondimento, si sono confrontate le storie di diversi attori che sul territorio partenopeo hanno fatto della tutela e della gestione del patrimonio artistico e culturale il proprio progetto di vita: musei pubblici e privati, associazioni, artisti e professionisti impegnati in un’opera di informazione, divulgazione e invito alla bellezza.
Tra questi attori e attrici vi era anche chi scrive, fondatrice insieme ad altre donne – imprenditrici, libere professioniste e donne impegnate nel terzo settore – dell’associazione EnterprisinGirls, un network nato a Napoli e cresciuto anche in altre regioni a cui aderiscono persone interessate a promuovere il talento attraverso la creazione di sinergie, campagne di co-marketing, co-branding, mostre, sfilate. Sono convinta che il futuro venga dal passato, dalle comunità che millenni fa si contaminavano nascono le reti di oggi, solo la condivisione e la partecipazione a un processo culturale conduce allo sviluppo.
La cultura è un driver di sviluppo con cui si costruisce un percorso di crescita personale e collettiva. Siamo figli e figlie di una complessità – il Mediterraneo – che è molto più di un luogo: è un modo di essere, di pensare, di guardare al mondo. Quando si nasce sulle rive di questo mare si riceve una eredità, l’appartenenza alla discendenza di popoli e culture che hanno fatto della bellezza, dell’ingegno, della scienza e delle arti la propria cifra stilistica.
Questa eredità, al pari delle altre, per non inaridirsi necessita di cura, arricchimento e trasferimento a coloro che verranno dopo di noi. Io sono mediterranea, noi siamo mediterranei.