La voce di Reginald Green è calma e sincera quando inizia a raccontare come sia cambiata la sua vita dalla notte del 29 settembre 1994, quando per un tentata rapina ha perso suo figlio Nicholas a soli 7 anni, sulla Salerno – Reggio Calabria. Diventa più intensa quando le parole “I love Italy. Nicholas loved Italy” disegnano sul suo volto la speranza che la sua storia possa continuare a nutrire quello che chiama “The Nicholas effect”. L’effetto Nicholas è forse una delle pagine più belle ma anche più vergognose della cronaca nera italiana degli ultimi vent’anni. Getta un’ombra sulla Salerno Reggio Calabria, l’autostrada in eterno divenire oramai simbolo della questione meridionale, e fa luce sulla sensibilit tutta italiana che ha permesso proprio alla storia di Nicholas non solo di salvare delle vite, grazie alla decisione della sua famiglia di donare i suoi organi, ma di costituire una rete ante litteram che nel ’94 rese la storia di Nicholas la storia di tutti.
“Credo che nessun paese al mondo racconta Reginald Green – ci avrebbe mostrato la compassione che abbiamo ricevuto in Italia”. Ecco perch ha accettato il ruolo di testimonial dell’ormai consolidato appuntamento curato dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e la Seconda Universit di Napoli con “Sopravvivere non basta”, programma multisede dal respiro internazionale che dal 2007 è luogo di bilanci e proposte proprio nella giornata mondiale del rene.
Al primo posto dell’attenzione degli addetti ai lavori, racconta Natale Gaspare De Santo – professore Emerito della facolt di Medicina della Seconda Universit di Napoli è la diffusione di un corretto stile di vita, soprattutto tra i giovani, per attuare il programma di prevenzione. Proprio per questo, Reginald Green grazie alla tenacia del professor De Santo, ha potuto incontrare ragazzi di diverse scuole del meridione per portare il suo personale invito non solo alla prevenzione, ma anche e soprattutto alla donazione. La risposta è stata sorprendente e fa ben sperare per il futuro di questa iniziativa, come testimonia il professor De Santo, raccontando di come i ragazzi fossero interessati soprattutto al rapporto tra Nicholas e suo padre. A dimostrazione di quanto la parte fondamentale della diffusione di “Survival is not enough” sia la comprensione del dolore e il suo superamento. E soprattutto del consolidamento del rapporto medico paziente.
Ne è una prova lampante la testimonianza di Francesco Dell’Aversana, affetto da una malattia policistica renale dall’et di sei anni, che racconta come sia possibile sopravvivere nonostante la malattia. La sua storia, che si intreccia con quella della dottoressa Ludovica D’Apice, è quella di chi rinasce ogni 48 ore i malati in dialisi. “L’incontro con la dottoressa è stato fondamentale sotto il profilo medico ma soprattutto umano, se oggi sono qui è anche merito suo” racconta Francesco Dell’Aversana, in una testimonianza che riassume a pieno le sfide della medicina del nuovo millennio. Un processo che curi il paziente e non la malattia, e che soprattutto garantisca una rete nefrologica in ogni regione anche per chi non ha la possibilit di ricorrere al prestigio dei grandi centri italiani.
Mettere il paziente al centro, come racconta Claudio Napoli direttore del Centro Trapianti della Campania, vuol dire prima di tutto mettere la sua famiglia al centro. “Il momento della donazione inizia con l’accoglienza della famiglia nel reparto. Sembra banale, ma bisogna lavorare sul rapporto di fiducia medico famiglia del paziente”. La Campania, che è tra le prime tre regioni d’Italia per il trapianto del rene, riesce a garantire un elevato profilo assistenziale grazie soprattutto ai numerosi operatori precari che resistono al suo interno. E proprio Francesco Dell’Aversana ricorda quanto sia stato importante per lui non solo il trapianto, ma anche la creazione di una rete estesa a tutto il sistema sanitario. Proprio per questo il progetto curato daDe Santo prevede un’attivit editoriale per sviluppare i temi della prevenzione e dell’assistenza, con supplementi del “journal of Nephrology” e del giornale italiano di Nefrologia per impedire l’arrivo in dialisi di milioni di pazienti, che rispetto a trent’anni fa costituiscono una sconfitta.
Costretti non solo a una bassa qualit della vita, i malati in dialisi incorrono più facilmente in malattie cardiovascolari e altre degenerazioni che rendono urgente non solo il dibattito sulla prevenzione ma anche e soprattutto sulla revisione giuridica delle leggi sulla donazione. Su questo, Reginald Green è stato molto chiaro con i ragazzi delle scuole “Mazzini” e “Nicholas Green” di San Nicola La Strada. “In Italia la famiglia del donatore non ha la possibilit di incontrare facilmente la famiglia del ricevente, o il paziente stesso”.
Eppure la parte fondamentale del percorso che oggi lo vede testimonial è stata proprio questa la certezza che la storia di Nicholas non andasse perduta. Andrea Mongiardo, Maria Pia Pedal , Anna Maria Di Ceglie, Tino Mott 6 è« « o è á « s pt B L libri n e B link B B d d B d d « B pG B B «7 B e « a, Silvia Ciampi, Domenica Galletta e Francesco Mondello sono i sette nomi che Reginald Green non ha bisogno di appuntare per ricordare, proprio perch sono la prova concreta del funzionamento di una rete e dell’importanza della sua scelta di dire s alla donazione degli organi. “Gli italiani racconta hanno trasformato i loro nobili sentimenti in atti di valore pratico”, dal 1994, infatti, si è registrata un’impennata notevole della donazione di organi. Proprio nella nazione in cui spesso l’alimentazione è forzata (non ultimi i casi di Piero Welby ed Eluana Englaro) cos come la vita, sopravvivere non sembra davvero abbastanza.
Nelle foto, Reginald Green e il manifesto per la campagna a favore della donazione degli organi