Due donne in scena a Napoli sul palcoscenico del Ridotto del Mercadante e della Galleria Toledo fino a domani. Sul primo Antonella Morea in “Mamma” di Annibale Ruccello e sull’altro Silvia Gallerano nella “Locandiera” di Goldoni. Antonella nelle tre storie (Maria del Carmelo, Mal di denti, La telefonata) è una derelitta, protagonista di un rapporto edipico madre/figlia, vittima dei comportamenti quasi imposti dalla Tv. Silvia è la donna in carriera che conduce la sua attività circondata da uomini che la desiderano per moglie o per sesso.
Sono tutte due donne che rappresentano la cultura napoletana. Morea è la popolana. Sembra di vederla seduta fuori al basso che parla, si lamenta, impreca, urla alla figlia o alla vicina mentre lo spettatore forestiero affacciato al balcone, abbagliato dalla sua gestualità, cerca di capire il suo stretto linguaggio della lingua napoletana. Straordinaria nel suo recitare intervallato da brani musicali con violino, sax, fisarmonica. La regia è di Gerardo D’Andrea.
L’opera di Goldoni si presta a varie interpretazioni essendo opera molto moderna nello stile. La Locandiera è la prima che rompe la tradizione di scrivere in versi con personaggi nobili in cui la protagonista è una donna del popolo anzi una serva non molto bella ma ricca di fascino anche per il suo insolito lavoro compiuto sempre da maschi.
Altra originalità è nella voglia di una donna di corteggiare un uomo non solo come gioco ma per mostrare la sua sessualità invincibile. Ricorda la Elena di Omero che seduce Paride, bello e di gentile aspetto, desiderato ardentemente dalle più belle divinità. La bella Elena, figlia di Giove, non resiste al suo fascino che la induce a fuggire dal rozzo pastore Menelao. Goldoni afferma in Mirandolina che è la donna che sceglie l’uomo da amare o da sposare come la femmina sceglie il maschio per accoppiarsi. Stolto è colui che crede di conquistare la donna.
Il regista Stefano Sabelli sceglie la pianura padana, il delta del Po, per ambientare la locanda e intervalla il recitato col suono della fisarmonica e il canto degli attori. Claudio Botosso dà vita al Cavaliere di Ripafratta vero antagonista della protagonista goldoniana. Giorgio Careccia, è un seducente e irriverente Conte d’Albafiorita, mix tra gagà e piccolo camorrista; Andrea Ortis, Marchese di Forlipopoli, è un classico ex nobile veneto, spiantato e un po’ alticcio ma con passioni musicali da melomane incallito; Chiara Cavaliere ed Eva Sabelli, nei rispettivi panni di Ortensia e Dejanira, ricalcano, canterine e danzanti, artiste d’Avanspettacolo un po’ sfiorite e démodé; Diego Florio un ruspante e tenace Fabrizio, che fa della sua inadeguatezza la sua forza; Giulio Maroncelli un raffinato Servo, di dubbia sessualità. Piero Ricci, considerato il più grande suonatore di zampogna al mondo, qui in veste di fisarmonicista, completa la visione festosa e quasi goliardica della lettura della commedia.
Non è solo Mirandolina donna napoletana. Il conte e Ortensia per Goldoni sono partenopei a riprova della notorietà di una Napoli città colta, nobile, dedita all’attività teatrale e musicale. Sono due spettacoli da vedere.
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