Non aveva bisogno di matita, n di foglio. Era un bambino che disegnava in aria con una mano che ondeggiava nel vuoto. E alla mamma che gli chiedeva cosa stesse facendo, rispondeva, come se fosse la cosa più naturale e ovvia del mondo “Sto disegnando”.
Oscar Niemeyer allinea una serie di riflessioni sulla vita in un nuovo libro pubblicato da Mondadori “Il mondo è ingiusto”, dopo aver superato da ben quattro anni il traguardo dei cento. E ricorda come il disegno si formasse in realt nella sua testa, correggendolo come se veramente esistesse. In poche pagine, il celebre architetto brasiliano ci consegna perle di filosofia da custodire nella memoria del quotidiano, partendo da questo pensiero “L’architetto compie la sua funzione se prende coscienza di come trasformare la sua professione in atto politico”. E che cos’è un atto politico? Anche restituire il sorriso ai luoghi degradati che costringono gli abitanti a sopravvivere, privati della bellezza che resiste alla ruggine del tempo. E per realizzarlo non servono soluzioni ad effetto, di frequente rabberciate dai modelli delle lite architettoniche.
Negli Stati Uniti degli anni sessanta non rendere omaggio agli architetti sbarcati dalla Mitteleuropa che avevano colonizzato gli intellettuali d’oltreoceano, imponendo palazzi dalla forma di incolori scatoloni di cristallo, cemento e ferro, sembrava un’eresia. Eppure qualcuno diventò eretico si chiamava Robert Venturi e nel testo dal titolo “Complexity and Contradiction in Architecture” cominciò a capovolgere i comandamenti dei santoni dell’edilizia operaia, prendendo le distanze dai “conventi universitari” e dall’uniformit del modernismo, diffondendo un’altra visione professionale rendere l’architettura di nuovo familiare, accogliente, intima, capace di attrarre la gente comune. In poche parole, riavvicinarla alla realt , dopo troppa teoria.
E proprio riconciliarsi con gli attori della societ , interpretandone le esigenze, ascoltandone i desideri, è la strategia che fa rivivere Piazza Mercato nei progetti di quanti hanno partecipato alla terza edizione del premio La convivialit urbana , ideato dall’associazione Napolicreativa.
Piazza Mercato. Scenario antico e suggestivo, alimentato non solo dal mito di personaggi storici che l’hanno attraversata, da Corradino di Svevia a Masaniello e ai protagonisti della Repubblica partenopea del 1799, ma anche dall’energia e dal coraggio di imprenditori che, nel secondo dopoguerra, vollero saltare la palude della povert per volare nell’orgoglio dello sviluppo.
Piazza Mercato, tradita dal presente. E rianimata dal talento di chi ha voluto ridisegnarla, un talento che Napoli e l’Italia spesso non riconoscono. Ma che potrebbe essere riscoperto attraverso un semplice meccanismo, quello dei concorsi.
“Fare buoni concorsi- dice Renzo Piano, in un’intervista a il sole 24 ore- è un’arte, anche da parte delle amministrazioni, bisogna sapere esattamente cosa chiedere… La maggioranza degli amministratori è convinta che siano una perdita di tempo…”.
Sottratto, forse, ai loro interessi personali, coltivati nel bunker del potere.
*Il sedicesimo numero del nostro magazine mette a fuoco Piazza Mercato e le sue potenzialit urbanistiche, economiche, artistiche. A questo angolo di storia è stata dedicata la terza edizione del Premio La Convivialit Urbana, ideato dall’associazione Napolicreativa guidata da Grazia Torre che offre il suo contributo alla realizzazione della rivista sul tema, insieme a Francesco Cesaro, Vincenzo Falcone, Gaetano Mollura, Claudio Pellone e Gennaro Polichetti. Completano gli interventi, le relazioni di alcuni dei vincitori del Premio. Parlano, cos, i progettisti, ma anche chi nel quartiere ci abita e lavora, credendo nel rilancio, attraverso la costruzione di sinergie per tutelare la memoria e l’identit di una citt sempre sul punto di morire, capace però all’improvviso anche di risollevarsi
Nella foto, Piazza Mercato vista da Enzo Barbieri