Prima di incontrare i versi e la storia peculiare di Pascal D’Angelo (1894-1932), è interessante parlare della genesi dell’opera Canti di Luce, edita nel 2019 da Edizioni ArteA (Mercato Sansevero).
Il curatore Luigi Fontanella ci tiene a sottolineare che la silloge nasce mettendo insieme un nucleo di poesie edite su diverse riviste letterarie statunitensi. È fondamentale precisarlo, poiché le riviste letterarie, nel ‘900, erano il luogo in cui gli autori esordivano, palchi di carta e aperti, con lo scopo di accogliere le voci che in quella precisa fase storica si impegnavano a prendere parola sulle cose del mondo.
Pascal D’Angelo divenne quasi subito un caso letterario; in quanto italiano emigrato nel 1910 da Introdacqua (in provincia dell’Aquila) fornì un lucido punto di vista sull’ondata migratoria nell’America del primo ‘900 (basti pensar al romanzo autobiografico Son of Italy).
La peculiarità di Pascal D’Angelo è, però, quella di essere un autore autodidatta, che ha imparato la lingua vivendola, praticandola, e successivamente dedicandosi alla lettura di Shelley e Keats. Pascal era un poeta operaio, lavorava come manovale in uno scavo ferroviario e, immergendosi nel sudore della fatica, indagava il mondo con il suo sguardo.
La sua è una poetica intrisa di luce, o meglio, ricerca della Luce. Sulla pupilla non si riflettevano più le montagne abruzzesi, ma grattaceli, ferrovie; nelle orecchie non risuonava più il vento tra gli alberi, ma il caos di una metropoli multietnica, chiassosa e rumorosa. E lui, due volte, doveva dare nome a quelle cose, con la parola dell’uomo e del poeta.
La sua poetica è una tenace ricerca di Luce e Bellezza, uno sguardo che rifugge la mondanità e resta puramente anticonformista e fedele a sé stesso; solo così il suo occhio può conservare la fedeltà al reale, accordandosi a una limpidezza poetica. Anche nel parlare delle fatiche della manovalanza, Pascal D’Angelo non scade mai nell’alterazione, fedele ad una chiarezza formale.
Incontrando le pagine di Canti di Luce, oltre ad apprezzare le schiette testimonianze di una precisa fase storica, potremmo comprendere in maniera autentica cosa significa lasciare le proprie radici per sbocciare altrove, immersi in un mondo caotico e in cerca di un modo per esprimersi.
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