Eretica edizioni/ “Resistenti al buio”: le poesie di Federica Introna fondono il mito con il presente

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“Resistenti al buio” di Federica Introna è una silloge poetica (eretica edizioni, pagine 92, euro 15) che intreccia aulici richiami mitologici alla nostra più cruda quotidianità: le figure e le situazioni appartenenti alla mitologia greca si fondono con l’attualità, andando a scavare nelle violenze perpetrate contro vittime innocenti, nelle pandemie, nelle tragiche condizioni dei migranti, nei soprusi sulla natura e sulle sue creature. L’autrice ci ha già abituati a opere in cui si affiancano al lirismo e alla raffinatezza della scrittura delle tematiche di denuncia sociale: così come la vita è fatta di luci e ombre, anche i suoi testi sono abitati da contraddizioni e da opposti che, a volte, cercano una conciliazione chiaroscurale.
Le liriche dedicate a questi temi sono perlopiù contenute nella prima sezione dell’opera – “Resistenti al buio”, che dà anche il titolo alla raccolta poetica. Vi è poi anche una volontà di sottolineare la forza delle donne, la loro resistenza agli urti della vita; è ciò che accade, ad esempio, nella poesia “Penelope governa”, contenuta nella seconda sezione in cui è divisa l’opera – “Camminare insieme”.
«Non ci sono più eroi per le vie, né cavalieri. Hanno perso nei secoli la strada e alla reggia più non tornano. Come un Odisseo senza meta né merito, l’uomo vaga per i mari immemore di sé, del vero di ogni valore. Della regina non ricorda il canto. Alle sponde di Circe ferma è la sua flotta e con gli orecchi ormai solo i grugniti dai recinti intende. Sottomesso serve la maga e i suoi vili inganni. Ma Penelope oggi ha finito la tela. Cacciati da sola i proci, tutto suo è il trono. E pur col pianto che bagna le ciglia nere, al sole d’Itaca governa».
Nella terza sezione dell’opera, “Cieli di libertà”, si accantona la denuncia dei mali del mondo e l’amarezza di far parte della razza umana, in cui a volte si è cannibali con i propri simili, per aprirsi verso cieli limpidi e luminosi, in cui è ancora possibile cogliere il bello e il buono di quest’umanità controversa.
«Andiamo alla festa sul mare, dove l’aria danza ancora ed è fresco e odoroso il respiro degli alberi. Abbracciamoci, il canto dell’amicizia oggi si rinnova. Accogliamo così l’estate, sensale di vita padrona dell’onda». E infine, a chiudere un’opera che si apre sulle ombre, troviamo poesie ricche di vita e di passione, in cui la poetessa ritorna alle sue radici per contrastare la spietatezza del mondo: nella sezione“Dal mare ai sassi”viaggiamo su un treno che ci porta nei luoghi d’origine dell’autrice, negli amati territori delle Murge. (Romina Viola)
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