Succede anche questo. Che in gallerie d’arte importanti e in monumentali luoghi istituzionali vengano presentate opere artistiche che di artistico hanno ben poco ma che hanno pure il plauso di giornalisti e di gente di cultura. Forse galleristi e curatori hanno una loro logica particolare e perciò poco comprensibile per la gente comune. Forse a volte si saranno lasciati influenzare dal nome dell’autore delle opere in mostra e magari si potrebbe trattare di un artista che in passato, negli anni Settanta poniamo, all’epoca delle provocazioni, potrebbe avere avuto successo, ma non è facile gabellare per arte, dopo decine di anni, una semplice provocazione, per quanto di novit all’epoca essa abbia potuto contenere.
Cosicch pare più giusto l’atteggiamento dichiarato dalla EsseArte di scegliere le opere da mettere in mostra a prescindere dal nome più o meno importante dell’autore. Questa giovane Casa d’Arte è dei fratelli Scuotto, di una famiglia di valenti artigiani, loro è La Scarabattola, laboratorio di arte presepiale noto in campo internazionale. Qui, all’EsseArte, si fa tutto in famiglia e l’addetto stampa, Alba la Marra, è la consorte di uno dei tre fratelli, Salvatore, Raffaele ed Emanuele, che, aiutati da due sorelle, conducono l’attivit . La sede della EsseArte, nel centro storico napoletano, è nel magnifico palazzo, a via Nilo 34, del Real Monte Manso di Scala, fondato per l’educazione di giovinette di famiglia nobile ma di scarsa fortuna. Era una delle tante autonome iniziative benefiche della Napoli antica. Nata nel 1608, sorse, quindi, poco dopo quel Pio Monte della Misericordia, che è del 1602, famoso per aver commissionato a Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, nel suo primo soggiorno napoletano, la più rivoluzionaria delle sue opere le Sette opere di Misericordia.
La EsseArte rivolge la sua attenzione soprattutto ai giovani talenti. Come ora, per la mostra fotografica apprestata da un giovane e brillante curatore, Pasquale Ruocco. E’ suo il titolo della mostra, “la fotografia è un luogo della coscienza”. Azzeccato. Vediamo tante immagini, ne siamo assaliti, ma ne siamo quasi inconsapevoli. La fotografia ferma un’immagine, la porta alla nostra attenzione, ce ne fa essere coscienti. Possiamo dire che ci fa pensare, mentre guardiamo il mondo con gli occhi di un altro. Pure interessante è l’affermazione riportata nel catalogo di considerare l’opera artistica in se stessa, a prescindere dalle intenzioni conclamate dell’autore oppure del critico che lo sostiene “L’idea resta imperativa ma non può bastare a se stessa se non si completa nell’opera”. L’arte figurativa, l’abbiamo sempre saputo, deve parlare soprattutto agli occhi.In mostra sono tre giovani fotografi Autiero, Cusani, D’Urzo.
Le foto di Pasquale Autiero (Napoli,1983) fanno parte di un ciclo intitolato “Canto notturno”. Stupiscono per l’uso particolare della luce. Sono visioni, nelle notti scure, create dalla luce. Luce radente su una facciata, ripresa in obliquo, che sembra un foglio sottile di latta lucente; luce radiante da un alberello, il cui disegno si perde nella visione abbagliante; luce concentrata in un punto al centro del quadro e sono gli occhi assatanati di un gatto che sporge la testina al disopra di un muretto; luce deformante in una mossa fotografia delle tre et dell’uomo, ovvero, qui, della donna vi sono tre donne che si muovono in uno spazio strano, la terza richiama l’immagine di un tragico scheletro.
Di Cristina Cusani (Napoli, 1984) conoscevo delle piccole fotografie 6×12, delicate e deliziose visioni naturalistiche, un cespuglio, un insieme di rami fioriti. Belle, anzi incantevoli, ma niente di più. Mi ha stupito e ammirato, quindi, la profondit testimoniata in queste fotografie intitolate “Ritorni”, ora in mostra da EsseArte. Sono brani di appartamenti disabitati. Non vi sono ritratte persone eppure queste foto ne raccontano la vita. La parte superiore dello schienale imbottito di una poltrona rivestito da una stoffa a fiorellini racconta di una testa che dolcemente vi si è poggiata, per leggere, pensare, sognare o addormentarsi; una valigia dietro una porta racconta di una partenza o di un arrivo e il casuale aspirapolvere lasciato l sul pavimento, sullo sfondo di una parete chiara che diventa luce, campeggia nella composizione e diventa una forma purissima equilibratrice di un’armonia sublime; il brano di una stanza da bagno, uno specchio, un pettine sdentato, un portasapone sporco di calcare mi fa pensare addirittura, si parva licet componere magnis, a una vasca da bagno scardata del grande Robert Rauschenberg. Sono fotografie che commuovono, rivelando un atteggiamento di grande tenerezza verso l’umano, espresso nel ritmo controllatissimo di un’atmosfera chiara e luminosa, con un’eleganza che corrisponde a un’eleganza spirituale.
Più complessa è l’arte fotografica di Assunta D’Urzo (Torre del Greco, 1982). Fotografie piuttosto scure, in cui le forme si compongono, scompongono, si avvicinano o sprofondano. L’autrice le ha intitolate “La balena (prologo)” dichiarando, cos, che sono un’opera in progress alla ricerca della balena, quale animale, o mostro, mitico e simbolico, protagonista di romanzi, film e favole. Herman Melville, il capitano Achab, Moby Dick o la balena che inghiott Pinocchio?Significativo che tutti e tre questi giovani fotografi hanno partecipato al “Laboratorio irregolare” del Maestro Antonio Biasucci.
Tre giovani di cui sentiremo parlare per molto tempo e che forse ci riserveranno delle sorprese ancora.Una mostra che è davvero interessante visitare.
"La fotografia è un luogo della coscienza" fino al 9 aprile
da marted a sabato alle ore 11/13’30 e 16/18,30.
Per saperne di più
www.facebook.com/esseartegallery
Nelle foto, alcune delle immagini in mostra