Storie di verit  e sofferenza. Domani, sabato 26 giugno da piazza Cavour a piazza del Plebiscito si snoder  la sfilata del gay pride. Dall’ultima manifestazione nazionale a Napoli sono trascorsi quattordici anni.

E’ difficile dire quanta strada sia stata fatta da allora e in che misura ci sia stato un vero cambiamento a livello di mentalit . Poche le finestre di confronto, le occasioni di scambio, come se nel tempo si fosse consolidato un corto circuito nei meccanismi di un dialogo, che ad oggi appare completamente da rifondare. Certo Il vocabolario sulla questione è fitto. Termini come transessuale, trans gender, gay, drug queen, pascolano allegramente nell’immaginario collettivo e mediatico senza, però, trovare una collocazione precisa ed adeguata. Ma al di l  di qualsiasi disanima, ciò che maggiormente colpisce è il fatto che la transessualit  rappresenti un fenomeno incomprensibile agli occhi di chi n nega la profonda ed essenziale umana dimensione.

Il documentario “Femminielli” realizzato circa venti anni fa da Michele Buono per Mixer e lo spettacolo “Cu o trucco, cu e tacche e cu a gonna” scritto da Myriam Lattanzio e interpretato dalle Coccinelle (entrambi in scena ieri al Teatro Galleria Toledo) hanno tentato di aprire un varco tra la realt  transessuale e la societ , di superare ogni arroccamento difensivo sulle linee dell’ignoranza e del pregiudizio.

Le immagini sfocate del film-documentario hanno raccontato storie di forte emarginazione e di ritualit  pervasiva. I femminielli dei quartieri spagnoli travestono ed investono la realt  di nuovi significati, la piegano all’esigenza di creare spazi di vita straordinari, ma ampiamente condivisi.

La figliata, il finto matrimonio, il finto battesimo, la riffa, il pellegrinaggio a Montevergine sono gli strumenti attraverso cui ribadire con forza una presenza nel mondo negata dal resto della societ  conforme. La prostituzione è il mestiere più diffuso, come diffusa è una sottile vena di malinconia, appena percepibile sotto gli allegri schiamazzi di un carnevale perenne.

“Lo spettacolo “Cu o trucco, cu e tacche e cu a gonna” spiega Myriam Lattanzio nasce dall’esigenza delle Coccinelle (Carmen Russo, Gennaro Di Vito, Antonella Coppola, Genny Prato) di presentarsi in modo diverso, di sensibilizzare l’opinione pubblica scossa dai recenti fatti del caso Marrazzo.”

Lo spettacolo si dipana sul filo del racconto. Quattro storie, quattro vite di umiliazione, violenza, solitudine, di emarginazione, che si aprono al mondo senza timore di essere respinte.

Per la prima volta le Coccinelle, formatesi alla scuola della commedia dell’arte, recitano un copione interamente ispirato alla loro vita. L’emozione è tanta, come tanta è la verit  di una condizione nata dalla sofferenza che attende solo di essere riconosciuta.

“La nostra è una categoria di innominati – denuncia Porpora Marcasciano, Presidente del Movimento per l’identit  transessuale di Bologna (Mit) E’ fondamentale che se ne parli, ma soprattutto è importante che siano gli stessi ambienti transessuali a promuovere e a socializzare la cultura transex. Napoli è l’unica citt  in Europa ad avere una comunit  trans femminile e questo può essere un punto di partenza da non sottovalutare.”

“La difesa dei diritti umani è ciò che ci sta più a cuore. Una societ  che non prevede il diritto anche di una sola persona conclude la Marcasciano è una societ  incompleta.”

Nelle foto, alcuni momenti dello spettacolo “Cu o trucco, cu e tacche e cu a gonna”

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