Gallerie d’Italia Napoli/ Andy Warhol. Triple Elvis: se la vita è una serie di immagini

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Non è forse la vita una serie di immagini,
che cambiano solo nel modo di ripetersi?
Andy Warhol

Andy Warhol. Triple Elvis è la mostra d’arte proposta da Gallerie d’Italia Napoli fino al 16 febbraio 2025. In esposizione, per la prima volta insieme i cicli grafici Marilyn, Mao Tse-Tung ed Electric Chairs, oltre alla celebre opera di Elvis Presley. Carmine Negro propone una riflessione sulla figura dell’artista e sul progetto espositivo: di seguito la prima parte.

Nelle foto, inaugurazione della mostra

L’arte guarda al passato, rappresenta il presente o predice il futuro?
Questa domanda che a una prima lettura può sembrarci semplice e innocua è in realtà insidiosa perché presuppone una riflessione sulla relazione che unisce il passato, il presente ed il futuro.
Per Friedrich Nietzsche il futuro influenza il presente tanto quanto il passato mentre è l’imperatore romano Marco Aurelio ad invitarci a vivere il presente quando ci ricorda che non si vive altra vita che quella che si vive in questo momento, né si perde altra vita che quella che si perde adesso[1]. Le riflessioni sul tempo sembrano confermare l’affermazione che: L’arte si serve del passato, per rappresentare nel presente una raffigurazione del futuro.
Sono queste considerazioni a occupare i miei pensieri mentre vado alla conferenza stampa Triple Elvis, che dà il nome all’esposizione delle Gallerie d’Italia di Napoli. L’incontro con la stampa avviene al secondo piano nel corridoio prospiciente le due sale che accolgono le opere. Lo spazio non agevola l’incontro: le persone convenute si sovrappongono e si fa fatica ad ascoltare. Intanto io continuo a domandarmi: come mai non è stata utilizzata la bellissima, accogliente e funzionale Sala delle Udienze?
Nel suo intervento Michele Coppola, direttore centrale arte, cultura e beni storici di Intesa Sanpaolo & Direttore, Gallerie d’Italia, parla della ricchezza dei capolavori presenti nelle raccolte d’arte della Banca, in particolare del nucleo della collezione Agrati[2], da cui provengono le opere presenti in questa esposizione che valorizza la sede di Napoli come già è avvenuto con l’allestimento della raccolta di ceramiche attiche e magnogreche.
Per Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, è grazie a Lucio Amelio che Warhol è stato a Napoli tante volte. Portare qui queste opere è un fatto importante.
La mostra Andy Warhol. Triple Elvis, spiega il curatore Luca Massimo Barbero, si aggiunge al percorso di visita dell’esposizione Vitalità del Tempo, ideata dallo stesso Barbero e allestita sempre al secondo piano, in sei sale, con opere di importanti artisti della seconda metà del Novecento. L’abbiamo immaginata come una mostra dossier che intende raccontare l’originale e straordinaria ricerca artistica di Wharol a partire dagli anni Sessanta.


Questa esposizione mi colpisce perché, malgrado l’autorevolezza e il valore scientifico dell’istituzione, non è stata prodotta alcuna pubblicazione atta ad approfondire qualcuno dei temi che le opere in mostra con la loro presenza richiamano. Come se le stesse non avessero la necessità di un supporto, di una mediazione che il lavoro scientifico e la ricerca, alla base di ogni rassegna, può dare. Sarebbe stato interessante, per esempio, partendo dai due Vesuvius, approfondire la relazione di Warhol con la città di Napoli. Tuttavia la possibilità di un contatto con opere, che hanno caratterizzato un’epoca e che ancora segnano i nostri tempi, consente di fugare ogni dubbio e di apprezzare senza riserve questa esibizione.
Io porto la mia macchina fotografica ovunque vada. Avere un nuovo rullino da sviluppare mi dà una buona ragione per svegliarmi la mattina (A. W.).
Nell’immensa società dello spettacolo, che egli stesso ha contribuito a far nascere, Andy si aggira sempre munito di fotocamera e cinepresa, per restituire quel racconto visivo massmediale, che è presente in ogni angolo della società contemporanea. Nessun momento, anche il più intimo, sfugge al potente e trasformativo occhio mediatico e Warhol, come novello aedo[3], non può far altro che testimoniare e/o predire un’epoca che avrebbe accolto in sé la furia delle immagini. Ma chi era, come nasce e come si si sviluppa questo mito?
Andy Warhol vede la luce come Andrew Warhola Jr. il 6 agosto 1928 a Pittsburgh, Pennsylvania: è il quarto figlio di Ondrej Warhola, americanizzato come Andrew Warhola Sr. e Julia Warhola emigrati da una cittadina austro-ungarica che attualmente è chiamata Miková ed è situata nell’odierna Slovacchia nord-orientale.



Il padre di Warhol emigra negli Stati Uniti nel 1912 per lavorare in una miniera di carbone mentre sua moglie lo raggiunge a Pittsburgh nel 1921[4]. Nel 1934 lascia il lavoro in miniera, trova un lavoro ben retribuito come operaio edile e permette alla famiglia di trasferirsi in un quartiere migliore.  La sua infanzia è segnata da una rara malattia neurologica chiamata corea di Syndeham, nota anche come danza di San Vito.
Si tratta di una malattia del sistema nervoso che causa movimenti involontari delle estremità e che causa macchie di pigmentazione della pelle[5] dovuta, molto probabilmente, ad una complicazione della scarlattina. Fin da piccolo mostra un straordinario talento per il disegno e specie nel primo periodo della malattia sua madre e i suoi fratelli lo intrattengono per ore mostrandogli come disegnare, ricalcare e stampare immagini[6].
A causa dei suoi problemi di salute, il giovane, estremamente sensibile, si trova ad affrontare l’incomprensione dei suoi compagni di classe, e a tal fine crea un mondo di fantasia in cui inventa pseudonimi, travestimenti e persino personaggi immaginari con cui convive per il resto della vita.
Nei lunghi periodi in ospedale o in convalescenza a casa, oltre a disegnare, inizia a collezionare foto delle star dei cortometraggi televisivi dell’epoca. Warhol in seguito descrive questo periodo come molto importante nello sviluppo della sua personalità, delle sue capacità e delle sue preferenze.
La madre, che non riesce a imparare mai l’inglese, inculca nel ragazzo il suo fervore religioso ortodosso, che avrà un’influenza notevole sul talento artistico di Andy. Nel 1942, quando Warhol ha solo 13 anni, suo padre decede a seguito di un incidente: il suo desiderio, vedere Andy continuare gli studi al college.
Nel 1945, il giovane Andy viene ammesso al Carnegie Institute of Technology, oggi noto come Carnegie-Mellon University, ed è il primo della sua famiglia ad andare oltre la scuola superiore. Viene quasi bocciato al primo anno, ma ha una nuova possibilità grazie a un professore comprensivo che gli consente di iscriversi a un corso estivo.
Nell’estate del 1946, Andy aiuta il fratello maggiore, Paul, a vendere frutta e verdura da un camion. Ogni volta che ne ha l’opportunità fa rapidi schizzi dei clienti. Questi schizzi non solo lo aiutano a essere riammesso, al suo ritorno a scuola in autunno, ma gli fanno anche vincere una piccola borsa di studio il Martin B. Leisser Prize; in più le sue opere vengono esposte nella galleria di belle arti del College. Si tratta di immagini, tecnicamente mature, di donne che acquistano frutta e verdura per le strade del quartiere in cui Warhol è cresciuto, South Oakland, a pochi isolati dalla Carnegie Tech.
Da quel momento in poi, Warhol diventa uno studente modello nel seguire il programma e, nel corso della sua intera carriera universitaria, apprende le numerose competenze che un illustratore commerciale di successo deve avere per conoscere il mercato del lavoro[7].
Durante un’altra pausa estiva lavora in un prestigioso grande magazzino creando vetrine. È lì che viene introdotto nel mondo dell’alta moda che, in seguito, influenzerà fortemente il suo interesse a diventare un illustratore. Gli studi presso la Carnegie Tech coltivano il forte senso del design di Andy e la sua capacità di creare visivamente.
Le sue sperimentazioni artistiche, tra il 1947 e il 1948, lo portano a sviluppare quello che un giorno sarebbe diventato il suo stile di disegno distintivo, la tecnica della linea macchiata: prima inchiostra un’immagine al contrario su una carta simile alla pergamena e poi la tampona su un foglio di carta pulito, ottenendo una linea gocciolante e imperfetta che ricorda leggermente l’artista Ben Shahn[8], sempre molto unica e giocosa. Dopo la laurea, nel 1949, insieme al compagno di classe e artista Philip Pearlstein, sale su un treno notturno per New York City per dedicarsi al mondo dell’arte[9].
È stata la fiducia nel proprio talento, a farlo decidere di trasferirsi a New York, la Grande Mela, la città in cui avrebbe vissuto tutta la vita. Con la sua laurea in Art Design, le offerte e gli incarichi arrivano numerosi, e Andy inizia a lavorare duramente per avere successo nell’ambito dell’arte commerciale e della pubblicità.
Sebbene avesse iniziato a eliminare occasionalmente la “a” dal suo nome durante i suoi giorni al college a Pittsburgh, rende ufficiale tale trasformazione quando firma le sue prime illustrazioni su commissione come Andy Warhol,[10] un nome che diventa più semplice da pronunciare e anche meno etnico.
La tecnica della linea macchiata, un processo di stampa su scala più rudimentale che gli consente di ripetere l’immagine di base e anche di creare infinite variazioni sul tema e la sua superba abilità nel disegno catturano l’attenzione di numerosi direttori artistici.
Andy riceve rapidamente lavori di illustrazione da tutte le principali riviste di moda, tra cui Vogue, Harpers Bazaar e The New Yorker. Ironicamente, il suo primo incarico è stato per la rivista Glamour per un articolo intitolato Il successo è un lavoro a New York[11].
Durante gli anni ’50 illustra pubblicità di moda, libri, album di dischi e molti altri articoli promozionali. Nel 1952 sua madre si trasferisce a casa sua e contribuisce con la sua calligrafia distintiva alle sue illustrazioni e ai suoi disegni. La signora Warhola riceve un certificato ADC nel 1958 con la dedica alla madre di Andy Warhol per il suo stile calligrafico. Intanto il suo elenco di clienti cresce fino a includere NBC, Harper’s Bazaar e Dobeckmun[12].
Lavora anche per creare pubblicità innovative come accade per I. Miller Shoe Company, una popolare azienda di scarpe: Warhol crea un disegno a settimana che pubblica sul New York Times e diventa celebre nell’ambiente della moda come disegnatore e creatore di scarpe. Il mondo della pubblicità degli anni ’50 lo prepara bene per la sua avventura nel mondo dell’arte degli anni ’60.
Sperimenta proprio l’utilizzo di immagini pubblicitarie e di fumetti per realizzare le sue opere d’arte: un soggetto unico all’epoca e di sicuro non tradizionale. Le immagini, infatti, sono conosciute da tutti perché prese dalla vita di tutti i giorni. Il suo stile pittorico, che nei primi dipinti pop si manifesta con un aspetto libero e incompiuto, nel corso del tempo evolve dando agli stessi dipinti un aspetto sempre più piatto e grafico.
Nel maggio 1962, Warhol è protagonista di un articolo su Time con il suo dipinto Big Campbell’s Soup Can with Can Opener (Vegetable) (1962), che diede inizio al suo motivo più duraturo, la lattina di zuppa Campbell[13], che diviene il suo soggetto principale e gli consente di ottenere una grande notorietà. Sempre nel 1962 scopre che il processo serigrafico è un metodo perfetto per ripetere le sue immagini; è come un’estensione dei precedenti metodi di stampa che aveva utilizzato ai tempi in cui era illustratore.
Acquisisce questa tecnica di stampa da Max Arthur Cohn[14] presso il suo laboratorio di arti grafiche a Manhattan[15].  Andy inizia quindi a realizzare dipinti di prodotti americani: non solo le lattine di zuppa Campbell, ma anche bottiglie di Coca-Cola e fumetti come Superman e Popeye. Comincia poi a produrre serigrafie di celebrità come Marilyn Monroe, Elvis, Troy Donahue ed Elizabeth Taylor utilizzando fotografie ingrandite e trasferendo le immagini sulle sue tele tramite un proiettore[16].
È il punto di svolta nella sua carriera: gli porta fama, denaro e successo. Lui e molti altri artisti che lavorano su temi simili, ma con stili diversi, sono legati da un nuovo movimento artistico: la pop art.
Andy Warhol fonda diverse factory a New York, cioè laboratori nei quali lavora, alcune volte per molti anni, altre solo per poco tempo[17]. Si tratta di studi d’arte, in cui impiega in modo piuttosto caotico operai dell’arte, per produrre in serie principalmente stampe e poster, ma anche altri articoli come scarpe disegnate dall’artista e tutte le altre attività che ha sviluppato nel corso degli anni.
Oltre a dipingere crea sculture, come le scatole di Brillo Box. Esposte per la prima volta nel 1964 durante una mostra alla Stable Gallery di New York le Brillo Boxes sono considerate tra le rappresentazioni più note ed iconiche dell’artista americano.
Warhol trasforma oggetti di uso quotidiano in opere d’arte perché è convinto che l’arte deve essere consumata da tutti. Le Opere di Warhol Brillo Boxes insieme a Coca Cola, Campbell’s Soup e molte altre dimostrano quanto fosse affascinato dal consumismo e dalla produzione di massa, che secondo l’eccentrico Pop Artist porta ad una sorta di democrazia, per cui il cittadino più povero consuma fondamentalmente gli stessi prodotti di quello più abbiente[18].
Warhol inizia a lavorare con altri mezzi, tra cui la produzione di dischi, The Velvet Underground (1966), la pubblicazione di riviste, Interview (1969), e la produzione cinematografica. I suoi film d’avanguardia come Chelsea Girls (1966), Blow Job (1964) ed Empire (1965) sono diventati classici del genere underground. Di conseguenza The Factory diviene un luogo di ritrovo popolare per una vasta gamma di artisti, scrittori, musicisti e celebrità underground.
Il 3 giugno 1968 Valerie Jean Solanas, scrittrice, attrice e attivista statunitense, una visitatrice periodica della fabbrica, entra nella Factory e spara a Warhol. L’attacco è quasi fatale e Warhol sopravvive a malapena; non si riprende mai completamente e per il resto della sua vita è costretto ad indossare una benda per evitare che le sue ferite peggiorino.
Quella stessa sera Solanas si costituisce alla polizia e viene accusata di tentato omicidio e altri reati. All’ufficiale che l’ha arrestata e all’udienza preliminare Solanas dichiara che Warhol ha troppo controllo su di lei e che ha progettato di rubare la sua opera. Dichiaratasi colpevole, riceve una condanna a tre anni.
In effetti ha dato a Warhol nel 1967 una sceneggiatura intitolata Up Your Ass e in seguito gli ha chiesto di restituirla. Quando Warhol ammette di averla persa, lei inizia a chiedere soldi come pagamento. Warhol ignora queste richieste ma, forse come risarcimento, le offre un ruolo nel film I, A Man che lei accetta. L’attacco ha un profondo impatto su Warhol e sulla sua arte, e la scena della Factory diviene molto più strettamente controllata in seguito. Per il resto della sua vita, l’artista vive nella paura che Solanas lo possa attaccare di nuovo.
Rispetto al successo e allo scandalo del lavoro di Warhol negli anni ’60, gli anni ’70 furono molto più tranquilli e indirizzati all’imprenditorialità. Nel periodo post-pop anni ’70 -’80 The Factory va incontro a notevoli cambiamenti: non è più il luogo aperto e libero degli anni precedenti, la produzione cinematografica diviene meno sperimentale e più commerciale e la pittura di Warhol è meno orientata al rischio e quindi non scuote il mondo dell’arte come è avvenuto negli anni precedenti. L’importante risultato durante questo periodo è la reinvenzione da parte di Warhol del ritratto della società che ora diviene il fulcro principale della sua pittura. Nel 1971 mette in scena la sua prima e unica produzione teatrale, Andy Warhol’s Pork[19] e tra il 1972 e il 1973, Warhol crea una serie di ritratti del leader comunista cinese Mao Tse-tung[20]
Ormai Warhol è parte del jet set di New York; ama partecipare a incontri con celebrità documentando tali eventi con la sua macchina fotografica e il suo registratore. È di questo periodo quella che viene considerata la sua citazione più famosa “in futuro tutti saranno famosi nel mondo per quindici minuti“.


Warhol è stato un collezionista appassionato per tutta la vita, osservando la bellezza e l’arte in oggetti di uso quotidiano come barattoli per biscotti, giocattoli, gioielli, orologi e antichità. Colleziona anche manufatti dei nativi americani, attrezzature particolari come i cavalli da giostra e le opere di molti altri artisti.
Warhol muore a Manhattan alle 6:32 del mattino del 22 febbraio 1987, all’età di 58 anni. Secondo i notiziari, si stava riprendendo bene dall’operazione alla cistifellea al New York Hospital prima di morire nel sonno a causa di un improvviso battito cardiaco irregolare post-operatorio[21].
Andy Warhol è stato un artista, regista, fotografo, autore, editore e icona culturale. Negli anni successivi alla sua prematura scomparsa, la sua importanza è cresciuta fino a raggiungere proporzioni altissime. Ora è considerato uno degli artisti più importanti del ventesimo secolo.
Artisti come Warhol sono stati attaccati dai critici per aver capitolato al consumismo. I critici si sono scandalizzati dall’aperta adesione di Warhol alla cultura di mercato ma nel corso del tempo è divenuto sempre più chiaro che c’è stato un profondo cambiamento nella cultura del mondo dell’arte e che Warhol si è trovato al centro di tale cambiamento.
(1. continua)

 ©Riproduzione riservata

Andy Warhol, icona della pop art

NOTE

[1] L’opera di Marco Aurelio (121-180) intitolata Pensieri, scritta in lingua greca negli ultimi dieci anni della sua vita, mentre combatteva i Germani sulla frontiera danubiana, non era destinata alla pubblicazione. I Pensieri erano riflessioni e appunti personali, il cui scopo era quello di non perdere il contatto con la filosofia stoica.

[2]  Gli Agrati, Luigi e Peppino, grandi imprenditori, hanno condiviso una grande passione per l’arte contemporanea. Il loro desiderio di lasciare un lascito d’arte per il godimento delle generazioni successive li ha portati a donare la maggior parte della raccolta alle Gallerie d’Italia che nel 2018, a Milano, le ha esposte in una mostra a cura di Luca Massimo Barbero (Arte come rivelazione. Dalla Collezione Luigi e Peppino Agrati).

[3] Cantore di professione dei canti epici della Grecia antica, che accompagnava il canto con il suono della cetra. Famosi gli a. dell’Odissea, Femio e Demodoco.

[4] https://newsinteractive.post-gazette.com/thedigs/2014/05/19/andy-warhols-childhood/

[5] https://web.archive.org/web/20130130154104/http://www.warhol.org/collection/aboutandy/andyfaq/

[6] https://web.archive.org/web/20100219233339/http://www.warhola.com/biography.html

[7] http://www.warhol.org/responsive/event.aspx?id=2077

[8] Ben Shahn era un artista americano nato in Lituania e membro del movimento Social Realist. I suoi dipinti figurativi espressivi, i murales e i poster erano inesorabilmente legati alla sua ricerca di giustizia sociale.

[9] https://web.archive.org/web/20100219233339/http://www.warhola.com/biography.html

[10] https://web.archive.org/web/20100219233339/http://www.warhola.com/biography.html

[11] http://www.arthistoryarchive.com/arthistory/popart/Andy-Warhol.html

[12] http://www.arthistoryarchive.com/arthistory/popart/Andy-Warhol.html

[13] https://time.com/vault/issue/1962-05-11/page/56/

[14] A Max Arthur Cohn, artista americano di origine inglese, A Cohn viene attribuito il merito di aver introdotto un giovane Andy Warhol alle tecniche della serigrafia.

[15] https://americanart.si.edu/artist/max-arthur-cohn-935

[16] Si tratta di un Epidiascopio che proietta su uno schermo l’immagine di un oggetto opaco (episcopia) o trasparente (diascopia) illuminato da un fascio luminoso.

[17] Factory: 1342 Lexington Avenue (la prima Factory) – Factory: 231 East 47th Street 1963-1967 – Factory: 860 Broadway (di fronte a 33 Union Square) 1973-1984 (oggi il palazzo è stato completamente rifatto) – Factory: 22 East 33rd Street 1984-1987 (non esiste più il palazzo) – Factory: 33 Union Square 1967-1973 (Decker Building) – Studio: 158 Madison Avenue (ultimo studio personale) – Casa: 242 Lexington Avenue – Casa: 57 East 66th Street (ultima casa di Warhol).

[18] https://mostrawarhol.it/andy-warhol-opere/brillo-box-andy-warhol/

[19] https://faroutmagazine.co.uk/rare-images-taken-from-behind-the-scenes-of-andy-warhols-pork/

[20]https://www.latimes.com/socal/daily-pilot/news/story/2024-03-25/andy-warhol-art-stolen-from-orange-coast-ollege

[21] https://books.google.it/books?id=gOMCAAAAMBAJ&pg=PA28&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false

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