“Sir William e Lady Hamilton”: fino al 2 marzo 2025, le Gallerie d’Italia di Napoli presentano una mostra dedicata all’ambasciatore inglese e alla moglie nel regno borbonico. con una selezione di opere d’arte della seconda metà del Settecento.
Fine d’ottobre. Al secondo piano delle Gallerie d’Italia della sede di Napoli, c’è la conferenza stampa di presentazione della mostra autunnale curata quest’anno da Francesco Leone e Fernando Mazzocca. È dedicata a un protagonista del mondo culturale napoletano del XVIII secolo, William Hamilton, ambasciatore inglese alla corte di Ferdinando IV di Borbone e Maria Carolina d’Asburgo e alla figura, a tratti leggendaria, di Lady Emma Hamilton.
Mentre i relatori illustrano i protagonisti attraverso il percorso espositivo sono rapito da questo spazio che si mostra grandioso nella sua sobria eleganza e purezza razionalista: è il salone delle assemblee, noto anche come sala delle udienze, un ambiente a doppia altezza con volta cassettonata e lunette piane che rimanda agli impianti basilicali di età romana. Rivestito da spettacolari marmi etiopi gode di una luce calda che viene diffusa attraverso i finestroni che hanno le vetrate schermate da lastre di alabastro: una traccia di quel che rimane di una città che è stata capitale di un regno.
I racconti che nascono dall’immenso patrimonio culturale di Napoli sono sempre appassionanti e legati a vicende umane eccezionali, proprio come quanto realizziamo oggi alle Gallerie d’Italia di via Toledo dice Michele Coppola, executive director Arte, Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo e direttore generale delle Gallerie d’Italia, presentando l’evento al quale ha partecipato l’ambasciatore britannico Edward Liewellyn.
Diplomatico, antiquario e vulcanologo, Hamilton ha trovato nella Napoli Illuminata della seconda metà del XVIII secolo un ambiente ideale per coltivare e approfondire le sue grandi passioni: l’antichità e le scienze.
Napoli, città antica e cosmopolita come la sirena Parthenope che, secondo il mito l’ha fondata, ammalia con il suo richiamo seducendo i naviganti di passaggio con la sua natura e la sua storia, è la protagonista di questa mostra. Eduardo De Filippo dice che Napule è ‘nu paese curioso / è ‘nu teatro antico, sempre apierto. / Ce nasce gente ca, senza cuncierto, / scenne p’’e strate e sape recità. Chi arriva a Napoli si accorge di essere in un luogo speciale dove il fascino spesso si confonde con il mistero.
L’ambasciatore, durante il soggiorno napoletano, vive in un’abitazione descritta da Goethe, nel palazzo Sessa a Cappella Vecchia nei pressi di piazza dei Martiri esattamente nel vicolo, che attraverso le panoramiche rampe del Calascione sale a via Monte di Dio. Da questa casa gode la vista dell’incantevole panorama del golfo di Napoli.
I ricchi aristocratici in quel periodo dispongono oltre che di una residenza in città, anche di più luoghi di delizie, situati in località amene per lo svago o il riposo e Hamilton non fa eccezione a tale regola. Felice e orgoglioso di tale privilegio, descrive, in una lettera del 1780, indirizzata a suo nipote Charles Greville che si trova a Londra, la sua giornata nella delizia della straordinaria natura partenopea: Ogni mattina mi lascio rotolare deliziosamente dalle onde, e ogni giorno pranziamo al nostro casino di Posillipo, dove fa fresco come in Inghilterra. In primavera ed autunno abitiamo la dolce casa di Portici, che tu conosci, e in inverno seguo il Re a Caserta e sugli Appennini per la caccia al cinghiale[1].
Hamilton, uomo raffinato sembra improntare la sua esistenza a una concezione filosofica che riconosce come fine dell’azione umana il piacere.
A sintetizzare la figura di Hamilton è l’ambasciatore britannico in Italia Ed Liewellyn che a Napoli ha trascorso gli anni felici dell’infanzia quando il padre era di stanza alla base Nato come ufficiale della Royal Navy. Uomo “enciclopedico”, nei trentasei anni durante i quali fu ambasciatore di Sua Maestà Britannica presso la corte di Ferdinando IV di Borbone, Hamilton seppe essere un eccellente diplomatico, rinsaldando l’amicizia tra Londra e Napoli due delle maggiori capitali europee dell’epoca, basate su intensi scambi commerciali e culturali, di cui fu tra i principali promotori[2].
Ma chi era Hamilton e come arriva a Napoli? Hamilton nasce il 13 dicembre 1730[3], quarto figlio di Lord Archibald Hamilton governatore della Giamaica, e Lady Jane Hamilton. Sua madre è la favorita, e forse un’amante, del principe di Galles e William cresce con suo figlio Giorgio III, che lo chiama suo fratello adottivo[4].
Hamilton è solito dire che è nato con un nome antico e mille sterline; come figlio minore deve farsi strada nella vita[5]. All’età di nove anni, entra alla Westminster School e, sei settimane dopo il suo sedicesimo compleanno, si arruola nel 3° Foot Guards (guardia a piedi) come alfiere[6].
Trascorre un po’ di tempo con il reggimento nei Paesi Bassi e avanza a tenente nel 1753: è presente, nel settembre 1757, come aiutante di campo del generale Henry Seymour Conway[7]. Nel 1758 lascia l’esercito, dopo aver sposato Catherine Barlow, la figlia di Hugh Barlow, membro del Parlamento. La coppia, che non ha avuto figli, condivide l’amore per la musica e il matrimonio, che dura fino alla morte di Catherine il 25 agosto 1782. Quando, nel 1763, il padre di Catherine muore, lei eredita le sue proprietà in Galles e queste forniscono agli Hamilton un reddito fisso.
Nel 1753 Londra nomina come inviato straordinario sir James Gray, un fine diplomatico, appassionato cultore e mercante di arte antica per raccogliere notizie su Napoli e il suo regno e sul commercio tra Napoli e l’Inghilterra. Il giovane regno borbonico è un punto nodale per gli inglesi, che esportano numerose materie prime e stoffe di qualità ordinaria utilizzate per le uniformi dei soldati, le livree dei servitori e gli abiti per il popolo: da qui l’interesse della monarchia inglese[8].
Nel 1763 sir James Gray[9] torna in patria, spaventato dalla terribile carestia che imperversa su Napoli e sul Regno, con conseguente pestilenza[10]. Hamilton chiede di prenderne il posto per il clima, perché i medici inglesi ritengono possa giovare alla moglie di salute cagionevole, e per il desiderio di visitare le importanti scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei: un interesse da coltivare mentre si occupa degli affari diplomatici.
Il 17 novembre del 1764 giunge a Napoli con il titolo di Inviato straordinario e ministro plenipotenziario inglese presso la corte borbonica napoletana durante la reggenza di Bernardo Tanucci.
L’esposizione si apre con il dipinto di Sir William Hilton realizzato da George Romney durante un soggiorno dell’ambasciatore a Londra nel 1783. Rappresentato a mezza figura con il volto girato di tre quarti indossa una elegante marsina rossa bordata di pelliccia. Ad indicare il rango una fascia in raso e lo stemma stellato dell’Ordine del Bagno[11]. Il fondo scuro fa risaltare il volto, che dominato dal naso aquilino ha un’espressione intensa e uno sguardo pensoso e quasi sognante.
In effetti la prima sezione della mostra è dedicata alla figura di Hamilton che sa imporsi subito nella capitale borbonica e già nel 1765 Bernardo Tanucci, in una missiva al suo re[12], comunica che il nuovo inviato inglese Hamilton, ha riscosso a Napoli una meritata stima universale.
Il pittore tedesco Heinrich Wilhelm Tischbein, che entra nella cerchia di Sir William e lavora al suo servizio, nella sua autobiografia del 1787 ne tratteggia un lusinghiero profilo. … Da grandi e piccoli era amato e stimato … egli apparteneva effettivamente ad ognuno e ad ognuno si dedicava con cortesia. Era un uomo di mondo che sapeva procurarsi le comodità della vita e goderne … Era un uomo oltremodo buono squisito eccellente. La sua casa, luogo di riunione di tutta la gente di gusto era adorna di oggetti di ogni specie … nella sua camera da letto Hamilton aveva annotato diversi motti di spirito, tra cui: Dove sto bene, là è la mia patria.
Naturalmente questa locuzione non è gradita ai suoi compatrioti e per essere ricordato più come uomo di cultura che come diplomatico affida la sua immagine ad alcuni ritratti riportati in questa sezione. In particolare a un dipinto di Reynolds del 1776, dove Sir William Hamilton è raffigurato nella sua residenza a Napoli con il Vesuvio sullo sfondo, circondato da alcuni pezzi della sua raccolta e mentre consulta un volume dove sono stati riprodotti i suoi amati vasi greci.
Il fascino di Hamilton dipende certo dall’indole mondana, ma anche dalla sua fisionomia caratterizzata da uno sguardo penetrante e da quel naso aquilino ben evidente in un medaglione in basalto del British Museum ed in un ritratto in terracotta di una galleria di Roma[13].
Ci sono poi due incisioni di William Say e Charles Turner, tratti da dipinti di Sir JoshuaReynolds che hanno come tema La Società dei Dilettanti. Il termine dilettanti dal latino delectare si riferisce ad una passione per il collezionismo e a un amore per la cultura italiana.
Con il sostegno della Società vengono promossi studi e pubblicazioni e William Halton viene ammesso a farne parte nel marzo del 1777[14]. Raffinata l’atmosfera del dipinto di David Alton Sir William Hamilton e la prima Lady Hamilton, Catherine Barlow, nella loro villa estiva di Posillipo dove l’ambasciatore è intento ad ascoltare la moglie che suona la spinetta in una villa posizionata di fronte a Palazzo Donn’Anna, acquistata per la splendida vista sul golfo.
Il diplomatico indossa un’elegante marsina verde giada su cui spicca l’insegna dell’Ordine del Bagno e la fascia; insegna e fascia sono state aggiunte due anni dopo la realizzazione del dipinto quando c’è stato il conferimento della prestigiosa onorificenza. La consorte veste un abito bianco e morbido che anticipa certe soluzioni di fine secolo ispirate all’antico e già in uso in Inghilterra.
Gli interessi del padrone sono rappresentati dalle suppellettili presenti nella stanza: la libreria colma di volumi, un dipinto a carattere mitologico sulla parete, la testa di Zeus sopra un piedistallo, un vaso antico e gli atti diplomatici sul tavolo. Un grosso vano porta al terrazzo che è limitato da una ringhiera dove un servitore in livrea si muove rapido: sullo sfondo c’è la sagoma del Vesuvio con il pennacchio. Un grosso cane nero è seduto all’estrema destra in contemplazione dei suoi padroni: secondo una norma nel secolo dei Lumi sta a simboleggiare la fedeltà dei coniugi[15].
La presenza di Hamilton ha favorito il rinnovamento della rappresentazione della veduta e del paesaggio promuovendo artisti che, con un’impronta illuminista, erano in sintonia con il suo modo di vedere e investigare sul posto il mondo naturale: una concezione della pittura che ha anticipato l’Ottocento.
Ad aprire la seconda sezione che ha come titolo Dalla residenza di Hamilton: vedute su Napoli e il golfo, è il dipinto di Saverio Della Gatta Veduta di Napoli da Palazzo Sessa, residenza di Sir William Hamilton sulla collina di Pizzofalcone.
Il panorama che consente di ammirare tutto il golfo di Napoli è descritto in modo magistrale da Goethe il 22 marzo 1787: Hamilton si è fatto qui un gran bel nido e ne gode sul declinare dei suoi giorni. Le sue stanze, che ha fatto arredare secondo il gusto inglese, sono deliziose e da quelle d’angolo la vista può dirsi senza uguali: ai nostri piedi il mare, di fronte Capri, a destra Posillipo, sul fianco la passeggiata della Villa reale, a sinistra un vecchio palazzo dei Gesuiti e, più lontano, la costa di Sorrento fino a Capo Minerva. Difficilmente si troverebbe qualcosa di somigliante in Europa, almeno nel cuore di una città popolosa[16],[17].
Di grandi dimensione il dipinto raffigura il golfo di Napoli partendo dalla Chiesa dell’Annunziata e dagli edifici della Reale Accademia Militare della Nunziatella, fondata da Ferdinando IV nel 1787 nell’ex collegio dei Novizi della soppressa compagnia di Gesù, fino al promontorio di Posillipo, riportando a destra la Certosa di San Martino e Castel Sant’Elmo.
Ad animare l’opera un gruppo di gentiluomini in abiti settecenteschi che conversano su un terrazzo con un militare borbonico e un corteo di personaggi in abiti rossi che portano in processione un catafalco rosso, bordato d’oro, davanti a Palazzo Partanna nell’odierna piazza dei Martiri. E ancora parte dei viali della passeggiata della Villa Reale dove al centro, su proposta di Philip Hackert, viene sistemato nel 1791 il gruppo del Toro Farnese appena arrivato da Roma.
La veduta di questo quadro, mostrato per la prima volta in pubblico, è stata presa dal terzo piano di Palazzo Sessa. La residenza di Hamilton diviene teatro di queste prime sperimentazioni, in particolare a opera di Gian Battista Lusieri attivo a Napoli tra il 1781 e il 1791 e successivamente di Saverio Della Gatta che di Lusieri imita la pittura tersa e luminosa e i tagli compositivi. Questi e altri artisti, che hanno proseguito questa ricerca dipingendo nuovi suggestivi panorami, hanno reso le iconiche vedute di Napoli famose nel mondo.
Tra questi ricordiamo Thomas Jones che ha soggiornato in due periodi a Napoli da settembre 1778 a gennaio 1779 e dal 1780 al 1783. Dopo un periodo in cui non ha avuto vita facile, grazie a Lusieri, Hamilton, che visita il suo studio a Capodimonte, gli apre le porte di palazzo Sessa e gli commissiona delle opere.
La sua poetica, intesa a catturare lo spirito e l’essenza di un paesaggio, affidata a piccoli studi a olio su carta, che diversificano i suoi dipinti dal vedutismo in voga, l’hanno reso famoso nei tempi moderni. Le sue opere, fatte da incastri di linee regolari, dalle diverse profondità dei piani prospettici degli edifici, dal colore steso in modo uniforme in una zona delimitata da un contorno, consentono ad umili brani di realtà di essere trasfigurati in una nova dimensione di bellezza in cui sono protagoniste la luce nitida solare mediterranea di Napoli e la fatale corruzione delle cose del modo.
Jones ha voluto catturare, proiettandoli in un’enigmatica atmosfera di silenzio in cui non c’è posto per la presenza umana, lo spessore materico e la consistenza reale dei muri usurati dal tempo, maltrattati dai venti del mare[18].
Ripresi in primo piano questi piccoli frammenti di realtà lasciano intendere l’immensità che c’è intorno: sono muri scrostati e dilavati che diventano testimoni di un passato smisurato e di una decaduta grandezza. Le opere di Jones presenti in mostra, entrambe realizzate nel1782, sono: Terrazza a Napoli vicino a Castel Nuovo e Santa Maria a Cappella fuori della Porta di Chiaia.
Nel luglio del 1782 a Lusieri e Jones si aggiunge John Robert Cozens arrivato dall’Inghilterra a seguito di uno scrittore, critico d’arte, politico e viaggiatore britannico, molto discusso all’epoca, William Thomas Beckford, che come ha scritto Jones nelle sue memorie ha lascito Cozens finalmente padrone di sé e libero dalle catene delle sue follie e dei suoi capricci. Nei suoi acquerelli ripropone l’oggettività del paesaggio in una magia di dissolvenze di carattere introspettivo che rivela la fragilità del suo temperamento[19].
Nel 1785 Hamilton, animato da una grande passione per la natura, convince la regina Maria Carolina a realizzare un giardino inglese nel parco della Reggia di Caserta seguendone da vicino la realizzazione. Nel 1793 Jakob Philipp Hackert, artista prediletto della corte borbonica, realizza la tela Veduta del giardino inglese di Caserta che ci documenta quell’area verde in origine.
L’allestimento del nuovo spazio, dipinto in primo piano, che si continua, senza interruzione con la veduta di Terra di Lavoro, porta sullo sfondo la sagoma del Vesuvio fumante. Nella pianura sono riportate le case dei borghi di Caserta, parte della facciata posteriore della Reggia, parte del crinale del monte di San Michele e ai suoi piedi l’abitato di Maddaloni con le sue torri. Le poche figure umane riportate sono necessarie per evitare i vuoti compositivi mentre il gruppetto di pecore sembra voler marcare l’aspetto pittoresco e naturale di quello spazio.
Goethe, accompagnato dal pittore di corte Philip Hackert, il 27 maggio 1787 chiede a Hamilton di vedere la sua collezione conservata a Palazzo Serra che suscita in lui somma meraviglia: Hamilton c’introdusse nelle stanze riservate, dove tiene i suoi oggetti d’arte, e le sue rarità. Trovai colà nella maggiore confusione oggetti di tutte quante le epoche, gli uni accanto agli altri; busti, torsi, vasi, bronzi, mobili guarniti di agate di Sicilia di tutte le qualità, persino una piccola cappelletta, pietre incise, quadri, il tutto raccolto a caso qua e là. In una lunga cassa che giaceva per terra, sollevando al quanto per curiosità, il coperchio il quale del resto era per metà infranto, vidi due stupendi candelabri in bronzo. Li additai collo sguardo ad Hackert, susurrandogli all’orecchio la domanda: «Se non fossero propriamente simili a quelli che si vedono a Portici?» Hackert mi fece cenno di tacere, essendo possibilissimo che dagli scavi di Pompei, siano passati nella casa di Hamilton; ed è precisamente a motivo di questa, e di altre fortunate eventualità, che il cavaliere non lascia vedere suoi tesori segreti ad altre persone, che a quelle nelle quali ripone illimitata fiducia[20].
Malgrado il rigido divieto di portare via dal Regno di Napoli vasi, marmi e monete antiche e la perdita di molti reperti archeologici in viaggio verso l’Inghilterra, tra gli ultimi giorni del 1798 e i primi del ’99, con il naufragio della nave “Colossus”, Hamilton è riuscito a vendere al British Museum, per circa 9000 sterline, centinaia di vasi etruschi, oggetti di vetro e di avorio, gioielli e monete romane, greche e della Magna Grecia e circa 700 bronzi.
È stato possibile grazie ai privilegi connessi alla sua carica, ai rapporti intrattenuti con la corte, nonché alla reputazione di conoscitore di cui godeva. Tuttavia nel 1766 dopo aver effettuato uno scavo a Treglia, nel tenimento di Caserta, viene messa in dubbio la legittimità delle sue ricerche e vengono arrestati i collaboratori di cui si è servito sul posto. È costretto a scrivere due lettere d’intercessione per chiederne la liberazione.
Il corredo della tomba di Treglia, attualmente al British Museum, lascia pensare a un avvertimento teso a ricordargli che qualche limite può essere messo persino a lui. Nel 1787 a seguito di un furto di bronzi nel Real Museo Ercolanense di Portici tra i tre collezionisti trovati in possesso di parte della refurtiva c’è proprio Sir William che viene costretto a restituire vari candelabri in bronzo. Alcuni candelabri pompeiani sono restati in possesso di Hamilton e da lui venduti a Richard Payne Knight passati successivamente a British Museum dove ora si conservano[21].
Anche l’illuminato Sir William Hamilton non sembra essere immune da quelle che gli antichi hanno definito Hominis Tabes … le malattie degli uomini.
(1. continua)
NOTE
[1] http://www.napoli.com/44171
[2] Catalogo Mostra pag. 15
[3] La data è riportata da Encyclopædia Britannica. Altre fonti come il registro battesimale citato dall’Oxford Dictionary of National Biography indicano la sua nascita il 12 gennaio 1731,
[4] Constantine, David (2001) Fields of Fire: A Life of Sir William Hamilton. London: Weidenfeld and Nicolson: 1-2
[5] Fothergill, Brian (1969) Sir William Hamilton, envoy extraordinary. London: Faber & Faber: 21
[6] Constantine 2001 (opera citata): 4.
[7] Constantine 2001 (opera citata): 7-9
[8] Giura Vincenzo – Pagano De Divitiis Gigliola L’Italia del secondo Settecento nelle relazioni segrete di William Hamilton, Horace Mann e John Murray Edizioni Scientifiche Italiane 1997
[9] Morì nel 1773 lasciando due figli naturali illegittimi: un figlio James nato nel 1759 e una figlia Catherine nata nel 1761 a Napoli. La loro madre era una nobildonna di nome Donna Caterina Rosiglio, con la quale non era sposato al momento della loro nascita.
[10] Carrino Annastella La carestia napoletana del 1763-64: sguardi incrociati, «Società e storia», n.168: 229-232. (2020),
[11] L’Ordine del Bagno è un ordine cavalleresco militare britannico fondato da re Giorgio I nel 1725.
[12] Quando il re Carlo diviene sovrano di Spagna nel 1759, Tanucci, che viene nominato presidente di un consiglio di reggenza voluto dal padre, per Ferdinando IV, di appena 9 anni, riferisce settimanalmente in Spagna al re Carlo tutte le questioni del governo napoletano.
[13] Fernando Mazzocca Catalogo Mostra Sir William e Lady Hamilton Edizione Gallerie d’Italia Skira. 82 – 83
[14] Ellena Lissoni Catalogo Mostra Opera citata pag.92.
[15] Alessandro Malinverni Catalogo Mostra Opera citata pag.93.
[16] Johann Wolfgang von Goethe Viaggio in Italia (Italienische Reise) da Goethe il 22 marzo 1787 pag. 241
[17] Consultato anche Goethe, Johann Wolfgang von. Viaggio in Italia: 1786-1788. Traduzione di Eugenio Zaniboni (1871-1926). Firenze: Sansoni, 1959.pg. 223
[18] Francesco Leone Catalogo Mostra Opera citata pag.128-129
[19] Francesco Leone Catalogo Mostra Opera citata pag.97
[20] https://www.incuriosire.it/wp-content/uploads/2020/10/Ricordi_di_viaggio_in_Italia_nel_1786-87.pdf pag. 289
[21] Martine Denoyelle, Andrea Milanese Catalogo Mostra Opera citata pag.61