Vi auguriamo un bel 2019 facendovi entrare nel bar Stella dove dietro la cassa troviamo la proprietaria donna Clotilde che ci accoglie bellissima vanitosa, interpretata dall’ intramontabile Angela Luce. Di cosa parliamo? Di Peppino Girella, una volta si chiamavano sceneggiati… adesso fiction, ma gli sceneggiati televisivi ci hanno sempre fatto sognare, Peppino Girella forse è stato uno degli ultimi.
Tutto nasce nel 1961 quando la Rai chiede a Eduardo De Filippo di scrivere un originale televisivo, Eduardo ha una idea accantonata per i troppi impegni, ma a questa richiesta la recupera, modificandola. Nell’originale era una realizzazione televisiva sottoposta a Eduardo da Isabella Quarantotti con titolo “Lo schiaffo”.
Eduardo sceglie un cast di attori cinematografici ma anche teatrali oltre al bambino Giuseppe Fusco che interpreta Peppino Girella e lo stesso Eduardo che veste i panni del padre Andrea affiancato da Luisa Conte, ovvero Jolanda, sua moglie, Clara Bindi (Mafalda , la cognata) e Carlo Romano (Luigi Paternò, il cognato).
Gli altri attori: Carlo Lima (Amerigo Paternò, il nipote ), Giuliana Lojodice (Angela, fidanzata di Amerigo), Ugo D’Alessio (Matteo Milordo, amico di Andrea),Enzo Cannavale (Rafele Capece, altro amico di Andrea), Angela Luce (donna Clotilde, proprietaria del “bar Stella”), Gennarino Palumbo (il barista Carluccio), Rino Genovese (il cav. Carmelo Dabbene, cognato di Andrea), Nina De Padova (Concetta, sorella di Andrea e moglie del cav. Dabbene), Pietro Carloni (D’Andrea, vicedirettore della Banca d’Italia), Enzo Turco (don Enrico, usciere della banca), Anna valter (Immacolatella, moglie di Matteo Milordo), Sara Pucci(donna Lucia, proprietaria della camiceria dove lavorano Angela e Jolanda), Elena Tilena e Marinella Gennusi (Ninuccia e Rosina, due altre lavoranti della camiceria), e infine Maria Teresa Vianello. Un cast d’eccezione: molti di loro diventeranno la storia del teatro napoletano).
Le musiche portano la firma di Romolo Grano, i costumi sono elaborati da Marilù (Maria Luisa) Alianello, la scenografia è di Maurizio Mammì. Lo sceneggiato è trasmesso in sei puntate dalla Rai, il 14, 21, 28 aprile e il 5, 12, 19 maggio 1963. Con supporto magnetico in bianco e nero, viene girato gli interni nel centro di produzione mentre gli esterni sono realizzati a Napoli.
La trama. Peppino Girella è un ragazzino di 11 anni, oggi si potrebbe definire un evasore scolastico”, sveglio, con la furbizia di un adulto. L’impiego di garzone del bar, che gli viene offerto grazie all’arguzia mostrata durante una conversazione casuale, lo trasforma in sostegno di famiglia.
Suo padre Andrea (in realtà il vero protagonista della commedia e, non a caso, interpretato da Eduardo) è disoccupato da tempo e vive l’ibrida condizione di un cinquantenne uscito dalla guerra, analfabeta e non qualificato, troppo giovane per arrendersi e troppo vecchio per adattarsi alla nuova epoca che non gli concede possibilità lavorative.
Sua madre Jolanda, non più giovanissima, si barcamena tra il lavoro a ore in case borghesi e il mestiere di camiciaia nel tentativo di mantenere l’equilibrio familiare minato dall’orgoglio di Andrea che mal sopporta la dipendenza dal figlio minore che, come da plot di base, in un momento di ira colpisce con una pretestuosa sberla.
Andrea cerca disperatamente di trovare un lavoro anche per riscattarsi dall’onta di essere sfamato dal lavoro nero del figlio undicenne ma le risposte sono sempre le stesse «Non possiamo assumervi. Siete troppo vecchio: i sindacati non ce lo consentono», oppure «È necessaria la patente di guida».
Grazie alla propria intraprendenza, Peppino, che arrotonda con il contrabbando le entrate del bar, alla fine riesce a trovare un lavoro anche ad Andrea, finalmente libero dall’ingiusta accusa di furto mossa in malafede dal cognato farmacista.
Altre storie si intrecciano a quelle della famiglia Girella, amori, amori impossibili, ma anche sogni impossibili.
Gli anni ’50 e ’60 sono memorabili per gli sceneggiati televisivi che gli italiani seguono con passione: ricordiamo “La Pisana” tratto dal romanzo “ Le confessioni di u italiano” (1867) di Ippolito Nievo. Prodotto dalla Rai nel 1960, rivela al grande pubblico l’attrice Lydia Alfonsi.
E, ancora “La figlia del capitano”, “David Copperfield” “ La coscienza di Zeno” (sceneggiatura di D’Anza e Tullio Kezich), “Oblomov2, “Il Conte di Montecristo”, “La fiera della vanità”.
Nel 1967 “I Promessi Sposi” diretti da Bolchi raggiungono un ascolto medio di 18,2 milioni di spettatori. Nel cast: Paola Pitagora, Nino Castelnuovo, Tino Carraro, Massimo Girotti, Lilla Brignone, Lea Massari, Salvo Randone, Luigi Vannucchi, Elsa Merlini. Altri volti di quel periodo in seguito diventeranno beniamini dei telespettatori: Andrea Giordana, Adriana Asti, Ilaria Occhini, Alberto Lionello, Aroldo Tieri, Ivo Garrani, Ubaldo Lay, Domenico Modugno, Raf Vallone, Virna Lisi, Franco Volpi, Arnoldo Foà, Alida Valli, Raoul Grassilli, Gastone Moschin, Giulia Lazzarini, Rossano Brazzi, Gigi Proietti, Ferruccio De Ceresa, Glauco Mauri, Paolo Ferrari, Umberto Orsini.
Molti di loro si affacciarono al mondo dello spettacolo per la prima volta, come la mitica Loretta Goggi in “La freccia nera”. Poi arrivano “Odissea” “Pinocchio” “Il Conte di Montecristo” “Il mulino del Po” “I fratelli Karamazov” “Madame Bovary” “ I Miserabili” oltre al musical “Il giornalino di Gian Burrasca” con la nostra Rita Pavone, la grande Bice Valori. I titoli citati sono tratti da bestseller, cult della letteratura mondiale, testi anche scolastici. In un periodo in cui la popolazione italiana ha una bassa scolarizzazione. E appassionandosi alle puntate riescono a sognare ma anche a esplorare mondi letetrari altrimenti inaccessibili.
Tornando a Peppino Girella, Eduardo nella sua sceneggiatura rileva una scrittura acre con una ossatura tra il tradizionale teatro e l’adattamento televisivo. Raccontando una Napoli povera e mettendo in risalto le problematiche familiari tra disoccupazione e sfruttamento minorile. Come solo lui sapeva fare. Niente a che vedere con “Gomorra” o i “Bastardi di Pizzofalcone” che mostrano la Napoli sporca, brutta e cattiva. In nome dell’audience.