Il mangiare e il bere non sono soltanto soddisfacimento di bisogni fisiologici
primari, ma anche azioni antropologiche a forte carica simbolica, che
differenziano l’essere umano dagli altri viventi animali e vegetali. Azioni
compiute ogni giorno e più volte al giorno con regolarit , le cui cariche
etiche e sociali si mostrano non appena si pensi a come esse siano rivelanti ai
fini della salute e del benessere psicofisico.
CULTURA DEL CIBO
Una dieta quotidiana della famiglia comporta sempre una serie di scelte
economiche, ma anche culturali e sociali, sulle disponibilit di mercato, sulle
mode e le tendenze, sui cibi da preferire, sui prodotti fatti in casa o
distribuiti dalla filiera agroindustriale, sulla provenienza geografica etc.
In quest’orizzonte il cibo concorre, sicuramente, alla costruzione dei
processi identitari e culturali delle persone e dei gruppi, poich determinati
stili alimentari incidono sullo stato di benessere degli individui e possono
favorire il reciproco riconoscimento di appartenenza alla medesima collettivit
umana.
DIETA MEDITERRANEA
Ecco perch tutti, soprattutto noi italiani, abbiamo accolto con grossa
soddisfazione la notizia sul parere favorevole che il comitato tecnico dell’
UNESCO ha dato all’inserimento della dieta mediterranea nella lista delle
tradizioni considerate patrimonio immateriale dell’umanit .
Le sue doti, quindi, non possono considerarsi soltanto nutritive, ma
riflettono aspetti storico-sociali, culturali e, soprattutto, globali, in linea
con il processo identitario di cui si parlava.
Tuttavia, operazioni che tendono a screditare questo nostro patrimonio
alimentare si intercettano con sempre più frequenza, specie negli USA, dove i
parenti d’oltreoceano, mentre da un lato sponsorizzano la nascita di scuole di
cucina italiana, dall’altro annunciano la morte della cucina italiana e l’
inefficacia della dieta mediterranea.
ALTALENA DEI CONSUMI
Attualmente, in Italia, si registrano contrazioni dei consumi di alcuni
prodotti (pane, pasta, etc. ), ma ci sono le ccosiddette. nicchie che, all’insegna del
buono e del viver sano, tengono, se non addirittura si rafforzano.
Un comparto che vende in America del Nord oltre il 45% delle sue
esportazioni.
Il successo sta nel carattere evocativo che il nostro Paese ha presso i
consumatori stranieri, non solo in campo gastronomico, poich il marchio
“Italia” trasmette l’idea di un prodotto semplice, salutare, genuino e
passionale.
OPPORTUNITA’ DI BUSINESS
Tuttavia, il cibo italiano è ancora incapace di cogliere tutte le opportunit
di business, in quanto manca di un brand global, con format definito, che
possano contribuire alla facilitazione della logistica tra il piccolo
produttore e il punto di vendita all’estero.
Il plus maggiore della dieta mediterranea è data dalla sua “universalit ” in
fatto di gusto: piace a tutti e viene percepita come sana e nutriente.
Serve, dunque, una vera “offerta commerciale” che vada incontro alla domanda
internazionale, sempre più incalzante. Emerge un requisito: la
“tradizionalit “.
PRODOTTI TRADIZIONALI
Sempre più consumatori sono alla ricerca,di prodotti “tradizionali”, cos come
gli agricoltori sono alla ricerca di “opportunit originali e inesplorate per
creare nuovi sbocchi di mercato”. Prodotti di “qualit superiore” che offrano
al consumatore qualcosa di più dei requisiti minimi, sia in termini di
caratteristiche speciali come il sapore, l’origine, etc. , sia riguardo al
metodo di produzione.
Un concetto di “qualit ” inteso come caratteristica del bene che il produttore
desidera far conoscere e che il consumatore vuole conoscere.
Occorre abbandonare la logica delle eccezioni, capire che la qualit deve
diventare “di listino” e non può essere un “optional”.
Le scelte del legislatore devono seguire un’evoluzione normativa verso un’
autonoma forma di tutela e valorizzazione dei prodotti agro-alimentari,
espressione di un “patrimonio culturale”, che si trasformano, a loro volta, in
cibo-cultura (modi di preparazione, modi di consumo, etc …).
VALORE LOCALE
Il tema scottante della cultura alimentare contemporanea, mentre il mondo si
riconverte al villaggio globale ma si affermano i valori del locale, è: cucina
di territorio o cucina internazionale?
Dall’idea dell’imprenditore Farinetti è nata l’operazione Eataly di N.Y. ,
ambizioso megastore di eccellenze italiane, che ha come missione il celebrare
e insegnare cosa gli italiani portano a tavola.
I prodotti freschi sono scelti all’insegna del meglio (carne piemontese,
mozzarella prodotta ogni giorno davanti ai clienti…) e possono essere comprati
o serviti in loco. Il progetto, a mio avviso, presenta qualche limite: a
cucinare italiano sono, anche qui, chef che hanno studiato solo alcuni anni in
Italia, ma che di italiano hanno ben poco.
Nell’operazione Eataly è stata coinvolta Lidia Bastianich, rinomata chef
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: îî îè îèî w è îïn a> îï w èî istriana, regina della cucina italiana che, nei suoi appuntamenti settimanali
sulla tivù pubblica, consegue indici di gradimento altissimi.
Dunque, la storia delle tradizioni italiane è spesso affidata a operatori che
si servono esclusivamente del mezzo televisivo e, cucinare, pare sia diventato
trend, moda, lusso.
SISTEMA DI SEGNI
Ma la cucina non può essere solo spettacolo, improvvisazione. A telecamere
spente, è soprattutto il luogo di un progetto impegnativo e straordinario dove
la realt quotidiana è il racconto di ambizioni, di tentativi costanti, dove le
pietanze diventano il racconto della nostra identit .
Il cibo è un sistema di segni, un codice di comunicazione che esprime
significati di varia natura. Proprio come la lingua parlata, il sistema
alimentare contiene la cultura di chi la pratica, è depositario delle
tradizioni e dell’identit del gruppo.
La storia, però, ci mostra che le identit culturali si modificano e si
ridefiniscono continuamente, determinate dal contatto con culture diverse. Che
le identit alimentari siano un prodotto della storia lo scopriamo anche nel
processo di costruzione della “dieta mediterranea”.
Per tanto, parlare al singolare di dieta mediterranea è un errore che trascura
le diverse situazioni che la geografia ha creato, dimenticando le storie di
scambi e incroci con altri paesi e altri continenti. Le cucine mediterranee
odierne non hanno molto di antico ( olio, pane, vino), mentre hanno conferito
personalit a questo tipo di cucina, prodotti quali il carciofo, la melanzana,
il fagiolo, conosciuti come edibili nel medioevo e ancora le verdure, il
pomodoro, arrivati dalle Americhe.
EVOLUZIONE ALIMENTARE
Quindi una cucina che è il punto di arrivo di un’evoluzione storica che ha
coinvolto Asia, America, Africa, Europa per definire quel sistema alimentare
che noi chiamiamo Mediterraneo.
Ecco perch, chi, come me, si occupa di cucina da un trentennio, non può fare
a meno di leggere le mille pagine di storia eno-gastronomica alla scoperta di
un passato per interpretare meglio il presente e capire il nostro territorio,
da dove trarre quelle regole basilari, senza le quali nessuna cucina può dirsi
tale.
Il mio è un progetto che si è convertito in un nome “I Minichini”. Un progetto
che coinvolge tanti collaboratori, i quali “patiscono” con me il viaggio dei
gusti e dei sapori, che vuole capire il tempo che viviamo per poter parlare a
più generazioni.
INCANTO DI UN CONNUBIO
I rumori della cucina che abito si fanno sentire di nuovo…Il forno dietro di
me che suona per avvisarmi che è pronto.. mio figlio Francesco mi chiama in
pasticceria…. Giovanni, mio cugino, mi avverte che una signora presente in sala
chiede la ricetta dell’antipasto servito…Luciano mi dice che “i ragazzi” stanno
sbarazzando.. Luigi sta “mettendo giù” la pasta.. Michele mi chiede di
assaggiare la vinaigrette.. Ecco, le nostre pietanze rimangono una meta,un
sogno,una scommessa, l’incanto di un connubio, capace di parlare a più
generazioni e che si compie tutte le volte che il nostro piatto arriva al
tavolo dei nostri ospiti.
*Chef e imprenditore
In alto, Vincenzo Minichini. In basso, immagini dal ristorante Santa lucia di Nola (foto di Gianni Vecchione)
Per saperne di più
www.santaluciarestaurant.it