“Una notte non è molto lunga. Ma lo può diventare se cambia la tua vita… Chiudi gli occhi. Vivrai un sogno dal sapore della realt “. Una rappresentazione onirica che annoda il passato con il presente, aprendo sprazzi di luce in un’esistenza lacerata che, al di l  degli apparenti bagliori, è stretta in una spirale di autoinganni, di erronee presupposizioni sui comportamenti umani. “Il colore della notte” (Kairos edizioni, pp.123, euro 14) è il romanzo d’esordio di Daniela Iachetti Federici, che concentra la narrazione tutta sul punto di vista della protagonista femminile: Lulù,una donna bella, colta che non si lascia fino in fondo sedurre dai richiami e dalle inafferrabili promesse di felicit  della vita borghese. Nella sua casa di Ischia, immersa nel compiacimento estetico della della natura, più volte avverte il nonsense di una realt  quotidiana senza valore in cui si affollano personaggi incolori, che sente estranei. Un presente che le sfugge, perch non ne condivide le logiche, a cui contrappone una sterile e nostalgica idealizzazione dell’infanzia, un eden perduto sotto i colpi delle attese disilluse. Lulù vive un’inerzia sentimentale: non è stata in grado di elaborare la mancanza di un figlio che non è mai nato e ha colmato il senso di vuoto, gettandosi in amori furtivi e deludenti che hanno soltanto spento la possibilit  di recuperare il rapporto con il marito amato. Nodi irrisolti alimentano un malessere oscuro, che vuole prosciugare le residue energie vitali di un’anima inquieta in cerca di riscatto e di modelli alternativi per sanare le fratture. Un doppio evento traumatico, la perdita del padre e una lontananza simbolica dalla vita innescano percorso iniziatico che mette la protagonista in contatto con le zone oscure, inesplorate della propria soggettivit . Grazie alla mediazione della figura paterna, Lulù intraprende un viaggio della mente che dura una sola notte. Nel disgregato flusso di coscienza Lulù tocca luoghi lontani, martoriati dalla sofferenza e dalla malattia e si lascia guidare da Anny, amica ritrovata, in un percorso ascensionale dal buio alla luce. Nel dipanarsi della vicenda, un portachiavi d’argento costituir  il passepartout all’agnizione finale: il vero volto della realt  si riveler  alla protagonista che nella catarsi ha acquisito occhi nuovi. La riconciliazione è possibile , ma bisogna liberarsi delle proprie prigioni.
Ne parliamo con l’autrice.

Iachetti: io come la mia Lulù

Come nasce questo romanzo?

“Ho sempre amato scrivere appunti, piccole storie, note di vita, al punto che spesso cammino con un blocchetto e una penna in borsa e, se qualcosa mi ispira, butto giù – al momento – qualche idea. In effetti, l’ho sempre fatto solo per una specie di esigenza mia, molto personale e intima.
Poi, un po’ di tempo fa, ho ripreso in mano alcune cose e ho provato a ricomporle, dando corpo ad un romanzo che, in un certo senso, mi è cresciuto tra le mani via via che scrivevo: cos è nato "Il colore della notte".
Nella storia che racconta sono presenti rimandi autobiografici?

“Sicuramente s. La scomparsa di mio padre è stata certamente un forte stimolo a riprendere, come dicevo sopra, quegli appunti e quelle idee. Il personaggio di Lulù mi è molto vicino, in particolar modo nei momenti in cui si trova a rivivere con lui pezzi della sua vita. Anche il furto dell’ anello da parte di una collaboratrice è uno spunto che viene da una vicenda reale. Ma quello che fa parte di me è soprattutto la voglia di vivere, nonostante tutto e tutti, e il vedere la vita in positivo: quello a cui Lulù arriva con il suo viaggio di ricerca.”.
Il personaggio di Anny è un alter ego di Lulù?

“In un certo senso s. In un quadro più ampio è il confronto tra due identit  culturali entrambe degne di rispetto nella loro diversit . Io insegno al carcere di Secondigliano e tra i miei "alunni-reclusi" ho spesso contatti con extra-comunitari provenienti dal Maghreb. Ragazzi che, arrivati qui, sono stati presi nel mondo del crimine. Per me avvicinare queste persone e cercare di comprenderle nella loro diversit  sociale e culturale è un arricchimento costante e spesso una scoperta di inaspettata "ricchezza". Inoltre, nel mio cuore c’è sempre stato un anelito a una maggiore comprensione e pace tra due mondi, il nostro e quello arabo, che, pur cos vicini geograficamente e storicamente, ancora oggi non riescono a dialogare nel rispetto delle reciproche differenze e sono, anzi, spesso oppressi dall’odio vicendevole. Nella mia mente mi piace immaginare che Lulù e Anny rappresentino quei due mondi e che il loro affetto, ritrovato dopo momenti di incomprensione, sia un segno di speranza”.

Nelle foto, la copertina del libro e l’autrice

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