Mandolino napoletano, antico strumento del ‘600, ruba la scena durante il convegno organizzato nel convento di San Domenico a Napoli su cosa trovava a tavola all’ora dei pasti Carlo III.
Filosofia cucina musica con Raffaele Esposito, musicista di anni 17. Che suona suite n.1 di J.S.Bach e preludio 2 di Raffaele Calace. La canzone Dduie Paravise, bellissima storiella musicata, narra di due vecchietti suonatori di mandolino invitati da Pietro in Paradiso per far sentire celebri melodie napoletane.
Gli accordi iniziali dei due mandolini ci fanno sentire in Paradiso. Il suono armonioso, che va dal romantico vivace cantabile al triste lamentoso drammatico di questo strumento, è proprio del mandolino napoletano classico, con le quattro corde di acciaio accordate all’unisono.
I due vecchietti, spossati da nostalgia e noia della vita paradisiaca ma monotona priva di calore umano, preferiscono tornare a Napoli in cui la vita si alterna ogni giorno, spesso ogni istante, tra gioia e tristezza ma sempre piacevole da vivere. La vita a Napoli è musica. Vivace lenta, vulcanica adagia, frenetica moderata, tra alti e bassi. I contrasti la rendono attraente, magica, seducente.
Vesuvio e mare sono strumenti di vita e morte. Il lago d’Averno, ingresso all’Inferno nella poetica di Virgilio, ha sulle rive un maestoso tempio ad Apollo dio guida delle Muse e compagno dei giochi delle nove sorelle nelle radure dell’Elicona. Non c’è la morte per l’artista. Le arti, promotrici di passioni e cultura, ci salvano dalla morte per noia.
La cultura rende Napoli città democratica, simbolo di pace, ritenendo fratello lo straniero, della libertà anche di culto, di scelta di vita sessuale. Nasce democratica. Essa non ha una divinità a protezione delle sue mura come altre città greche. Le dieci fratrie, ceppi di popoli diversi anche per fede, al governo di Neapolis, non scelgono un dio ma Partenope, Sirena metà donna e metà pesce o uccello secondo altri. Una creatura del mare e figura poetica che aveva condotto loro in salvo su una terra libera florida lussureggiante.
Napoli ispira artisti perché è città donna, bella sensuale gentile. Carmela, nome comune a molte napoletane, nei versi di Salvatore Palomba e musica di Sergio Bruni, “tu staie la, tu rosa, preta e stella:/ Carmela, Carmè. Si ll’ammore è ‘o cuntrario d’ ’a morte/ e tu ‘o ssaie/si dimane è sultanto speranza/ e tu ‘o ssaie…”Mandolino | ilmondodsisuk.com
Unica città ad avere un ritratto della sua indole: “Le sette opere di Misericordia” di Caravaggio. C’è la teatralità, amore aiuto rispetto per gli anziani e per chi ha bisogno, il piacere sessuale per la bella popolana, la Madonna al di sopra non è solo fede ma simboleggia la città che ha una regia tutta femminile. La napoletana è stata presente nella vita culturale e politica.
La regina Giovanna figlia di Roberto d’Angiò ospita Boccaccio che, sedotto e infiammato di ardente passione dalla sensuale giovane Fiammetta, scrive il Decamerone; Berardina sposa di Masaniello, Eleonora Pimentel Fonseca nel 1799, le donne nel 1943 sono partigiane combattenti e stimolano le altre in Europa.
Il mandolino è molto simile al bouzouki greco. Il suo repertorio di musiche è illimitato nella canzone popolare e melodica tra il 1880 e il 1900 e nell’opera lirica di Vivaldi, Mozart, Beethoven, Paisiello, Pergolesi. Il suo suono è allegro ma triste al tempo stesso, se viene pizzicato è dolce e aspro a seconda che sia per una canzone di amore o di tradimento. Viene suonato da solo o con orchestrina per accompagnare brani come “Torna a Surriento”, “Mandolinata a Napoli”, “Santa Lucia”. Napoli, capitale mondiale della cultura e in particolare del teatro e della musica, inventa la commedia con personaggi popolari, il teatrino delle marionette, l’opera buffa, le scuole per sopranisti, e, oltre al mandolino, in età antica, il Tric-ballac, il Putipù, lo Scetavajasse, per le tarantelle e danze popolari da ballare sull’aia.

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In alto, “Natura morta con stumenti musicali” di Georges Braque. Qui sopra, due immagini di Raffaele Esposito con il suo mandolino

Napoli ha vissuto un dicembre raggiante, pieno di sorprese culturali che hanno reso la città capitale del turismo in Italia. Un traguardo imprevisto. Carla Fracci, milanese, ha inaugurato il Natale a Napoli festeggiando i suoi 80 anni al Teatro San Carlo per un grazie al pubblico partenopeo e per sottolineare la notorietà del Massimo nel mondo ritenuto da Stendhal il Paradiso della danza.
Il 2016 è stato l’anno in cui si è voluto ricordare Carlo III, monarca che ha reso Napoli capitale meta obbligata per chi aveva voglia di novità. I fuochi, nella notte del 31 tra musiche e danze sul litorale, hanno illuminato la baia come vetrata di cattedrale gotica francese e hanno aperto cuori alla speranza di una solida rinascita di Napoli come quella vissuta nell’700. Il 2017 si apre con alcune novità. Nàlbero, genialità e tradizione, nuovo simbolo fino a marzo che ha regalato un ritorno di molti per il prossimo dicembre.
Napoli, scrigno di memorie e di storia, città museo a cielo aperto, palcoscenico di teatro e di gruppi musicali, accetta la sfida di Raffaele che vuole far tornare il mandolino, studiato nelle scuole di paesi non solo europei come le antiche melodie napoletane, in teatro, in strada, nelle trattorie e pizzerie. Raffaele svela la sua  passione.
«Ho deciso di studiare mandolino all’età di 11 anni quando di nascosto prendevo lo strumento di mio zio, docente di mandolino al conservatorio di Salerno, anche se non sapevo suonarlo. All’inizio era solo un gioco ma pian piano ho capito che quello strumento sarebbe diventato più di un semplice passatempo».
La musica gli ha salvato la vita. «Me ne rendo conto quando vedo alcuni dei miei coetanei senza un progetto per il futuro, senza obiettivi. Ma non basta avere un semplice talento per poter diventare musicisti».
Si suona con la testa. E’ l’insegnamento del suo maestro. «Il cuore ce l’abbiamo tutti, ma la testa per studiare molte ore al giorno ce l’hanno in pochi. Spesso mi chiedono perché abbia scelto di suonare proprio il mandolino, e non un altro strumento. Sinceramente non lo so, infatti dico sempre che è stato lui a scegliere me».
Raffaele è  deciso a restituirgli dignità. «Il mandolino non è folklore e musica napoletana e so benissimo che è molto difficile abbattere uno stereotipo così comune. Vorrei però che il mandolino fosse ricordato per le tante opere scritte da compositori come Vivaldi, Beethoven, Mozart, Hummel, Paganini e molti altri».
Una delle sue esperienze più belle l’ha vissuta con l’orchestra giovanile europea. «Mi ha portato al confronto con giovani mandolinisti provenienti da tutta l’Europa, io purtroppo ero l’unico italiano…».
Prova amarezza nel constatare che la vera patria della musica è la Germania. «Lì i bambini iniziano a studiare musica sin dalle scuole materne, e tra i vari strumenti da scegliere c’è anche il mandolino. Strano vero? A pensare che nelle scuole medie a indirizzo musicale il mandolino non è presente tra la scelta degli strumenti, una vera e propria ingiustizia per chi ama questo strumento e per tutte quelle persone che non hanno la possibilità di conoscerlo. Non c’è null’altro da aggiungere, in Italia evidentemente meritiamo di studiare nelle scuole il flauto di plastica».

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