L’India è il quarto paese più pericoloso al mondo per la popolazione femminile, il peggiore tra i paesi del G20. Le donne subiscono violenze sessuali, prostituzione indotta, condizione di inferiorità rispetto agli uomini. Tutto questo, sebbene il porno sia proibito. Se, allora, non esiste nessuna relazione scientifica, oltre al caso concreto portato qui ad esempio (India), tra stupri e pornografia, chi sta legiferando dopo i fatti di Caivano e Palermo, conosce quei territori o parla senza avere contezza dei luoghi dove maturano questi episodi deplorevoli?
O, piuttosto, bisogna ulteriormente indagare su un modello di società patriarcale e maschilista, sul concetto di famiglia uomo-donna, senza riconoscerne altre, sulla concezione strisciante ed evidente di una donna da considerare sottomessa, o comunque inferiore, su una “mascolinità padrona”, su un sistema culturale e ideologico che ancora mette in discussione l’aborto e stenta a riconoscere la donna come unica titolata a decidere del proprio corpo? I femminicidi non maturano principalmente in questo brodo di coltura?
Uno dei punti più controversi del cosiddetto decreto Caivano riguarda le disposizioni in materia di tutela dei minori che utilizzano dispositivi informatici. Il decreto in questione si limita ad alcune affermazioni di principio che vorrebbero inasprire il controllo parentale (App che consentono ai genitori di controllare i propri figli rispetto ad una navigazione cosciente e sicura), già fallimentare rispetto agli attuali controlli. Non sarebbe il caso di limitare a monte i dispositivi mobili, ovvero imporre ai produttori di eliminare da tutti gli strumenti informatici quelle porcherie a portata di tutti in bella vista sui social?  
Questa vicenda è molto simile alla regola dei distributori automatici di sigarette, che vietano ai minori di comprarle (introduzione del documento di riconoscimento). Così gli acquisti avvengono lo stesso con il documento dell’amico maggiorenne. Stesso principio riguarda il divieto di vendere alcolici ai minorenni da parte dei commercianti. A tal proposito, sono diminuiti i fumatori e i bevitori minorenni con questi accorgimenti? Certo che no.
Lo Stato ti vende le sigarette ma precisa che il fumo nuoce gravemente alla salute, i social consentono l’iscrizione ai minori ma “vomitano” di tutto su quelle piattaforme di massa.
Sicuramente il “parental control” un minimo di sicurezza lo garantisce, ma è come se si volesse contrastare il cancro con l’aspirina.
La storia, come al solito, è quella di non “disturbare” il mercato, ovvero i detentori dei dispositivi mobili di comunicazione di massa, ma scaricare le contraddizioni sociali sulla famiglia, su figure straordinarie, del resto quasi sempre fallimentari, sulle restrizioni personali, sul controllo asfittico delle devianze sociali.
Se esiste un problema stringente che riguarda le deviazioni minorili, bisogna prima conoscere quei contesti sociali, calandosi sul territorio con serietà e pervasività, ma soprattutto con programmi pubblici decennali, capaci di cambiare in bene le nuove e crescenti generazioni.
Il Governo si adoperi per trasferire in quei luoghi resi (ma non nascenti) maledetti, “sentinelle territoriali” quali assistenti sociali, educatori, maestri di strada, operatori digitali, educatori finanziari in grado di prospettare una nuova professione, facilitatori di comunità, animatori di laboratori di interesse, agenti di sviluppo del lavoro. Insomma, questo è “l’esercito” da trasferire in tutte le territorialità in stato di degrado e di smantellamento socio-culturale, in emergenza di risposte che ne garantiscono programmi di crescita e di messa in sicurezza.
NON decreti “marcati” a nome, come bollo di identificazione, in barba a ogni forma di tutela e di rispetto della restante maggioranza sana della comunità residente e resiliente.
Foto da Pixabay

                           

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