Dopo il capo delle milizie libiche, Al Masri, fa “visita” all’Italia un altro capo della milizia libica, tale Abdul Ghani al Kikli. Sia sul primo che sul secondo esponente del regime, accusati di crimini contro l’umanità, ricadono le attenzioni della Corte di giustizia internazionale, dell’ONU e di Amnesty International. Questo signore arriva in Italia con volo privato e si reca in un ospedale della capitale per dare il suo conforto al Ministro degli Affari interni libico ricoverato.
Selfie, sorrisi, tranquillità nei volti. Questo offre l’Italia a chi ha un ruolo attivo e primario per le violenze nei centri di detenzione libici. Impunità, sembra essere la parola d’ordine. L’Italia è un territorio “amico”, nessuno mai chiederà loro conto della presenza nel nostro paese. 
Questo Governo sembra essere incurante di chi si macchia dei crimini contro l’umanità, ma non parrebbe essere l’unico. Anche la Federcalcio italiana, nel passato, avrebbe firmato un accordo di collaborazione con l’omologa rappresentanza libica. Il motto era rafforzare i legami di amicizia e collaborazione tra i due Stati, in tema di calcio.
Ecco il punto, i diritti umani, i crimini contro le persone, sevizie, torture e uccisioni, camminano in maniera parallela alla collaborazione tra due Stati, pur se uno di questi reprime il dissenso e la libera convivenza tra le persone nel proprio paese.
Questa modalità di relazione tra Stati serve solo ed esclusivamente a legittimare, in egual modo chi, tra i due soggetti contraenti, massacra il diritto, lo usa a modo proprio e chi no. Tra chi si sforza di mantenere in piedi processi democratici e libertà dei singoli e chi usa la strategia della repressione e della paura contro i propri cittadini, trattati come sudditi.
Come fa l’Italia, e questo centrodestra, a non condannare uno Stato dove vige la tortura, che arresta attivisti, giornalisti, manifestanti pacifisti, solo perché questi difendono i diritti umani? Dove, alle minoranze, viene preclusa l’assistenza sanitaria, una giustizia equa, istruzioni e altri servizi? Uno Stato che ancora mantiene la pena di morte?
Rifugiati, migranti, omosessuali, ma anche discriminazioni nei confronti delle donne, delle popolazioni native, violenza delle truppe armate contro ragazze minorenni, rappresentano il pane quotidiano di uno Stato molto lontano dal diritto.
L’Italia si sta giocando la sua credibilità internazionale sul primo principio di vita: i diritti umani. Un paese, il nostro, che sembra non saper guardare oltre il proprio naso, che fa finta di non vedere cosa succede nel paese a fianco. Chi pratica questo agire pubblico internazionale non può ritenersi affidabile per una umanità di pari diritti, e finanche per i propri cittadini.
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Foto da Pixabay

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