A partire dal 20 novembre inizierà la Coppa del Mondo di calcio nello Stato del Qatar, un paese della penisola araba che affaccia sul Golfo Persico, così come deciso dalla Fifa, organismo che governa il calcio in tutto il mondo. Le federazioni, ovvero le nazioni partecipanti, ne saranno 32.
Il presidente ed il segretario generale della Fifa, in queste ore, stanno recapitando una lettera agli Stati interessati, suggerendo, in buona sostanza, di badare “solo” al calcio, consapevoli che quella monarchia costituzionale, di fatto monarchia assoluta, contrasta visibilmente i diritti sociali e del lavoro.
La Fifa pur sapendo che i lavoratori impiegati per le opere infrastrutturali legate al calcio, innanzitutto per la costruzione e l’ammodernamento degli stadi dove si disputeranno le gare, sono sfruttati da datori di lavoro senza scrupoli, che hanno addirittura un controllo pervasivo anche sulla “vita” dei lavoratori, non ha esitato 10 anni fa a scegliere quello Stato. Per eminenti interessi economici, non per altro!
Amnesty International ha avanzato una petizione intitolata:” Qatar: stop allo sfruttamento dei lavoratori migranti!”. Impoverimento di manodopera, numero eccessivo di ore lavorate, impedimenti a cambiare lavoro, niente sindacalizzazione per rivendicare diritti, sono i fenomeni più evidenti a danno di chi sta “edificando” il sogno di un piccolo Stato che diventerà una vetrina sul mondo tra poco meno di quindici giorni.
Il movimento internazionale di persone che ha a cuore la difesa dei diritti umani non manca di far notare che, su 18 certificati di morte esaminati, ben 15 recano la spiegazione di morte per “cause naturali”. Lo stesso quotidiano britannico “Guardian” sostiene che il 69% dei lavoratori migranti del Qatar sono deceduti per presunte “cause naturali”, tra il 2010 e il 2020, in coincidenza dei lavori per i mondiali 2022. Dal 2010 al 2019 in Qatar sono morti 15.021 stranieri occupati e le cause dei decessi sembrerebbero abbastanza inattendibili.
Fifa e Stato del Qatar mettono la testa sotto la sabbia e fanno finta di non vedere condizioni intollerabili a danno dei lavoratori esposti a temperature estreme e a tassi elevati di umidità che, in quel clima, diventano potenzialmente letali.
Sharia, fustigazione per chi beve bevande alcoliche, lapidazione, blasfemia, frustate, completano l’impressionante volto di una tirannia che considera le testimonianze di donne nei tribunali meno importanti di quelle degli uomini.
Mentre un mondiale di calcio sospende il tempo di intere nazioni davanti alle proprie tv, scandisce i ritmi vitali di milioni di esseri umani affascinati dal gioco e rispolvera l’orgoglio nazionale anche di chi non tifa, e in qualche caso della storia anche in grado di condizionare gli scenari politici, in verità è uno sport macchiato da enormi interessi economici, talvolta mosso da interessi personali (conflitti di interesse) che hanno portato a scandali nella sua gestione e organizzazione.
Era proprio il caso di far disputare i mondiali del 2022 in quello Stato? Si rischia o meno di legittimare una monarchia che comprime i diritti umani, che non rispetta le donne e che usa la sharia per reprimere il dissenso ed assoggettare la popolazione a un regime a tratti spietato e sanguinario? Ma il calcio è il calcio.
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