Dalla scorsa settimana l’Italia entra in una nuova dimensione istituzionale. L’autonomia differenziata è legge dello Stato, il governo di centrodestra ha concretizzato il sogno proibito della Lega Nord, il Sud è più solo, più isolato, più residuale.
I parlamentari del nord esibivano bandiere localistiche dai colori vivaci e sgargianti; padane, lombarde, venete, piemontesi, mentre quelli del sud il tricolore mai attuato, sbiadito, stropicciato. Spettacolo indegno, pantomina, gioco tra le parti, finto clamore.
Il centrosinistra non ha superato le sue timidezze, è annegato nelle sue contraddizioni. Chi più, chi meno, si sono presentati agli elettori con un programma elettorale non distante dall’autonomia differenziata, un po’ meno, ma le colpe ci sono.
Ora punto e a capo, seguiamo le intese Regione per Regione, capiamo se sottraggono risorse al Sud, armiamo la piazza di contenuti di merito, facciamo più attenzione al riparto economico dello Stato tra nord e Mezzogiorno. Studiamo, interroghiamo, elaboriamo. Non ci arrendiamo.
Purtroppo bisogna ripartire da zero, non esisterà più solidarietà nazionale (ove mai fosse esistita davvero), il Sud non potrà più contare su Governi e parlamentari, ormai la strada delle differenze è tracciata, quello che prima si nascondeva ora è evidente, hanno buttato giù la maschera. Non potranno che aumentare pregiudizi e colpe, non potrà che peggiorare la lotta non solo tra classi sociali, ma anche per appartenenza territoriale.
Questo induce anche gli elettori, quelli che ancora intenderanno esprimere un voto, a scegliere bene i propri rappresentanti, a saper selezionare una classe dirigente che sia tale, a saper distinguere persone all’altezza e preparate.
Non ci rimane che la nostra voce, quella dei cittadini, solo un referendum può ribaltare il tavolo. L’unica decisione possibile e praticabile è affidata al popolo che ha l’arma più potente tra le mani, la possibilità di decidere.
E allora immediatamente in piazza a strutturare un quesito referendario, milioni di firme dovranno sommergere la decisione del Parlamento di spaccare l’Italia. Basta mezze misure, niente più timidezze e ambiguità. Bisogna percorrere casa per casa lungo tutto il Mezzogiorno, a spiegare le ragioni di una truffa, di uno scippo, di una tragica “avventura istituzionale”.
Niente più deleghe in bianco, con questa decisione è stata calpestata la Costituzione, la democrazia, le ragioni dell’unità e della parità tra le macroaree di questo paese.
Rimarrebbe il Presidente della Repubblica che potrebbe assumersi la responsabilità di rimandare indietro questa legge scellerata, ma non lo farà, non si inimicherà nessuno, farà finta di niente. Eppure è un uomo del profondo Sud. Non rimane che lottare.
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