Alla vigilia del Pnrr (prestito europeo) la città istituzionale di Napoli si interroga sui migliori strumenti a disposizione per curare e definire i numerosi progetti che vedranno interessati una consistente parte dei 117 chilometri quadrati del territorio partenopeo.
Sembrerebbero prevalenti, allo stato, gli strumenti, le due diligence, le necessarie semplificazioni burocratiche, il cronoprogramma (imposto direttamente dalla UE), molto meno un’idea di città, una strategia per le periferie, un dibattito che riporti Napoli a dimensione di capitale del Sud. 
Prevale, fino a questo momento, la sommatoria di progetti riqualificativi finora impossibilitati a essere soddisfatti per mancanza di economie. Tutto qui, nulla di più.
Per esempio si discute di una cabina di regia, un elemento di sintesi vecchio quanto il mondo, consumato, il più delle volte inadeguato e poco influente, come dimostra la storia del “suo” proliferare nelle istituzioni.
Non emerge una discussione su una pubblica direzione locale (Comune, Città Metropolitana, Regione Campania), del tutto deficitaria di intelligenze amministrative capaci di sovvertire le attuali prassi in uso, la mancanza di personale qualificato in grado di fronteggiare tempistica, qualità delle opere e connessioni urbane di tipo orizzontale. Non si rintracciano risorse pubbliche interne all’altezza di un compito difficile e a tratti proibitivo.
Insomma, senza forze fresche e nuove, capacità di relazioni pubbliche allargate, partecipazione dal basso e coinvolgimento di quel tessuto sociale di frontiera che “legge” il territorio da decenni, non si va da nessuna parte.
Credo che la politica locale, la società civica organizzata e le forze sociali, debbano “correggersi” e proporre uno sforzo di sintesi adeguato a questo momento storico, per Napoli e il Mezzogiorno, una sfida economica che può effettivamente cambiare il destino segnato di Parthénope, attualmente senza una identità e fisionomia proprie, persa tra le città del mondo senza un’anima prevalente.
Gli strumenti certo sono necessari, fondamentali, ma affinché questi risultino efficaci e prevalenti, vanno inseriti nel contesto urbano per modificarlo e superarne i limiti strutturali in esso contenuti da qualche secolo.
Napoli e il Sud, escano “fuori” da quella logica secondaria in cui si sono infilati, sappiano trovare l’altezza necessaria al proprio interno, condizionando positivamente le attenzioni nazionali, così come non mai almeno negli ultimi 30 anni, proponendosi come motore del Mezzogiorno, come soggetto propulsore capace di far crescere parallelamente le forze locali sane e i necessari innesti nazionali. Basta minorità, basta solo funzioni, basta strumenti non collegati con la città viva e pulsante.  
Bisogna provare a recuperare una “connessione emozionale” tra chi rappresenta le istituzioni e i cittadini vogliosi di un cambiamento, volta a stabilire regole di comportamento pubblico in sintonia con le comunità problematiche, a spegnere luoghi di conflitto, a far sentire la vicinanza e la rappresentanza a chi è escluso da eventuali processi di trasformazione.
Si ricerchi, ossessivamente, un idem sentire quasi sentimentale tra “corpi distanti”, si ristabiliscano forme di dialogo che rappresentino avanguardia, orizzonte di senso comune, superamento di barriere fisiche e mentali.
Il Pnrr, in definitiva, rappresenti una sfida nella sfida, ovvero una sfida economica (forse l’ultima) agganciata al superamento di un ritardo storico e un disequilibrio secolare. Solo così potrà vincere Napoli e l’intero Mezzogiorno.
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In foto, uno scorcio di Capri

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