Il rinvio a giudizio del ministro del turismo e l’opzione del terzo mandato per l’attuale governatore del Veneto sono le due spine nel fianco del governo di centrodestra.
La ministra Santanché andrà a giudizio per bancarotta e falso in bilancio per la società Visibilia, assieme ad altre 16 persone. Un ex consigliere per evitare il processo ha già patteggiato (2 anni di pena sospesa).
Ma non è tutto. Due altri fascicoli giudiziari riguardano l’imprenditrice: gestione illecita dei fondi pubblici della Cassa Covid (2020-2022) e bancarotta fraudolenta per il fallimento di un’altra sua azienda (amministratrice), Ki Group.
Così aveva parlato la Meloni: «Sulla Santanchè vediamo, diciamo non sono la persona che giudica queste cose prima che accadano, per cui vediamo che cosa deciderà la magistratura e poi ne parlerò ovviamente col ministro Santanchè».
Da poche ore la magistratura ha parlato, e continuerà a farlo purtroppo per il ministro.
Sulla vicenda Regione Veneto, il governatore leghista Zaia cerca affannosamente, da qualche anno, di condizionare la Lega e Salvini per potersi ricandidare, per la terza volta, alla guida di quella sua stessaRegione.
Proprio Salvini e i suoi gruppi parlamentari di Camera e Senato hanno più volte tentato di modificare la legge per superare il limite dei due mandati. Ma hanno sempre trovato la strenua difesa, in senso contrario, di Forza Italia.
Due mine, due ostacoli da superare nei prossimi immediati giorni per niente facili. L’attuale Presidente del Consiglio dovrà trovare una mediazione in grado di non permettere crepe tra gli alleati di maggioranza.
Tuttavia, il fatto che nessuno vuole andarsene a casa è un brutto segno per la democrazia, ormai la politica non esprime più gruppi dirigenti, ma eletti che non guardano oltre la punta del proprio naso, questa politica produce solo sé stessa. Il legame con gli elettori, con il territorio di riferimento, rimane in piedi solo per reciprocità di interessi, non esiste più una visione complessiva capace di cambiare destino alle comunità, ma solo a sparuti cittadini.
Alle ultime elezioni politiche ha votato circa il 60%, i restanti elettori hanno preferito non recarsi alle urne. Di questo 60% solo 1 elettore su 4 ha votato per l’attuale maggioranza di centrodestra. Il primo partito in Italia è quello del non voto.
Chi occupa cariche pubbliche, tendenzialmente, cerca di non far crescere nulla di nuovo attorno a sé, chiude ogni possibilità di un ricambio generazionale, tenta di bloccare ogni potenziale nuova entrata.
Un largo senso di sfiducia, di protesta strisciante, contribuisce a bloccare questo paese, e la politica, in generale, pur di difendere il proprio potere “abbandona” a sé stessi i cittadini-elettori. Fino a creare una gigantesca “questione morale” determinata dal comportamento dei singoli. Mentre negli anni ’70 la corruzione riguardava entità politiche, gruppi dirigenti, organizzazioni partitiche, oggi è appannaggio dei singoli, di chi riesce a fagocitare il voto come moneta di scambio per favori, clientele e per la soddisfazione di determinati gruppi di interesse economici.
Come se ne esce? Bisogna ripartire da zero!
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Nella foto, elezioni, secondo JK_HGZ da Pixabay

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