Il denaro può comprare sempre tutto, esprime sempre un agire potente? No, almeno per Papa Francesco. Così il vescovo di Roma si è permesso di rifiutare un milione e mezzo di euro per l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. La lauta elargizione proveniva da Leonardo, il gruppo industriale internazionale che produce armi, partner tecnologico di governi, amministrazioni della difesa, istituzioni e imprese.
Jorge Mario Bergoglio ha tracciato una linea: le armi uccidono e quei soldi sono macchiati di sangue, vanno rispediti al mittente. Il vescovo della diocesi di Roma vuole la pace e non la guerra, non si affianca a chi fabbrica morte, a chi ha un portafoglio gonfio di ben 14,7 miliardi attraverso la fabbricazione di bombe, a chi si arricchisce sulla distruzione di persone, città, Stati.
Questa è la dimostrazione che i soldi non sono la misura di tutto, il denaro che vuole pagare un agire sporco e insanguinato può (deve) essere rifiutato. La moneta che influenza negativamente le scelte sociali e politiche va bandita.
I continui messaggi di Papa Francesco sul far tacere le armi e lavorare per negoziati di pace, voce instancabile da anni, debbono creare una coscienza, servono a scuotere quegli equilibri internazionali fondati su poteri aristocratici che agiscono alle spalle dei propri cittadini.
Il linguaggio, l’uso della parola, diventa fondamentale, per far crescere il cosiddetto capitale umano, quella rete di relazioni sociali e culturali che arricchisce l’anima, che propone manifestazioni di pensiero ricche di solidarietà, di libertà, di giustizia sociale.
A marzo del 2022 è stato stimato che le guerre in tutto il mondo sono ben 59, profughi e rifugiati sono arrivati a 80 milioni di cittadini, vittime della geopolitica, quella che decide di combattere ed uccidere. L’Italia vende armi all’Egitto, in Qatar, Turchia, Kuwait e Indonesia. E poi “professa” la pace senza muovere un dito per i negoziati, come per il conflitto russo-ucraino.
Ma ad indignarsi non dovrebbe essere solo il Papa, bisogna uscire fuori dalle “tastiere” e mobilitarsi sempre di più per urlare al mondo “basta guerre”. Uno sforzo corale e collettivo che condizioni gli Stati a non fabbricare armi, e quindi a non creare terreno per uccidere.
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