Si dice che la vita può cambiare da un momento all’altro, nel bene e nel male. E’ vero. Nel bene e nel male nulla più sarà come prima, tutto avrà un’altra dimensione, un altro corso, un’altra strada. Come racconta Fabio Brescia, attore, conduttore radiotelevisivo e scrittore, nel libro “La ragazza di Terezin”, edito da Homo Scrivens, pagg. 126, euro 15,00.
Un’inchiesta giornalistica condotta da Cristian sulle ragazze dell’est portate in Italia dalla mafia russa, con il sogno di calcare le passerelle milanesi per poi “svegliarsi” all’angolo di una strada a vendere il proprio sesso.
Moravia meridionale, una cittadina a 60 chilometri da Praga, 13,54 kmq, circa tremila abitanti. Questa è Terezin, scelta dai tedeschi nella seconda guerra mondiale come campo di concentramento. Redditi bassi, vita dura, povertà imperante. Minorenni dai tratti somatici perfetti; qualcuno dice che le ragazze ucraine, moldave, ceche, sono tra le più belle del mondo.
Gizèlka è una di queste. Giovane, bellissima, pronta ad “affacciarsi” alla vita, venduta dai propri genitori ai “mercanti” di merce umana. Cristian per raccontare la sua storia deve pagare un “prezzo” altissimo, verrà sbalordito da una donna ormai consumata dal cancro, allettata, aiutata dalla morfina per “distrarre” quei dolori lancinanti che ti provoca la malattia, che sente quasi il bisogno di raccontarsi per liberarsi di un peso prima di salire al cielo.
L’epilogo è struggente: il rapimento da Terezin, la pornoattrice, i ricordi, le videocassette. Tutto lì, tutto a portata di mano di Cristian. Il dialogo tra Gizèlka ed il giornalista è drammatico, fa emergere la “crudezza” della vita da un lato (lacrime, sofferenza, odio e rifiuto si se), e dall’altra la necessità di emergere, di diventare famosi, di fare carriera. Di scendere a compromesso, talvolta proprio come la vita ti impone.