E’ un edificio tutto bianco, è immerso tra le terrazze di Napoli ma è un po’ più in alto, è vigile, e vi aspetta. E’ il Museo Hermann Nitsch, e non è un museo. Contiene le reliquie delle performances di questo singolare artista. Anni fa lessi un libro che diceva del “Teatro delle orge e dei misteri” di Nitsch e vi era descritto un rito che avrebbe portato a una sorta di indiamento. Ne rimasi colpita. C’era la descrizione dello squartamento di un agnello e poi quella di una cena innaffiata dal vino; dopo di che si alzava il capo verso il cielo stellato in una lunga notte di estasi, di indiamento appunto. Pensai, scettica, che si trattasse di una logica conseguenza, un normale stordimento dopo una grande bevuta. Poi vidi nel Palazzo dello Spagnolo (è ai Vergini), dove albergava allora la Fondazione Morra, le tracce di una siffatta cerimonia.
Dopo alcuni anni ebbi l’occasione di andare all’inaugurazione del Museo Hermann Nitsch, la bianca costruzione ricavata da una ex centrale elettrica per opera di Peppe Morra e ora sede della sua Fondazione (vico Lungo Pontecorvo 29/d). C’erano i resti delle performance dell’artista. E c’erano tanti colori, predominanza del rosso, forti contrasti, una serie di sacri calici, paramenti e altre cose sacre appartenenti alla religione cristiana; tra queste, lunghe serie di molti piccoli oggetti bene ordinati, impostati sul bianco, che apportavano un senso di calma, di ritualit  a quella rievocazione che altrimenti sarebbe stata soltanto truculenta.
Infatti c’erano gigantografie dell’agnello squartato e della voluttuosa manipolazione delle sue visceri da parte di gente vestita di bianco con le vesti macchiate di sangue. C’erano, inoltre, tanti fiori di tanti colori e forti profumi mentre si udiva una musica strana e suggestiva. Arte totale- si disse la definizione più diffusa. Allora compresi. Peresprimermi più chiaramente riferisco un episodio. Ero bambina quando, in un tema scolastico che chiedeva quale musica fosse piaciuta di più, scrissi che il piacere della musica dipendeva anche dal momento in cui la si ascoltava e che mi era piaciuto “Il concerto di Varsavia” anche perch lo avevo ascoltato in una sera d’estate, tra l’odore della campagna e con lo sguardo al cielo stellato, mentre intorno, tra il verde scuro degli alberi, c’erano “gli occhi chiusi delle case”. Mi era piaciuta quella musica soprattutto per un fatto casuale.
Nitsch, invece, da vero artista, crea un’atmosfera non casuale di spazi, di odori, di musica (è anche musicista). Non per niente è definito il creatore dell’arte totale. Lo paragonai a Damien Hirst, del quale si era tenuta una personale curata da Achille Bonito Oliva al Museo Archeologico napoletano. Pure Hirst aveva mostrato animali squartati, ma li aveva messi in formaldeide neanche una goccia di sangue. Per lui erano cose, non esseri un tempo animati. All’astrazione cinica di Hirst preferivo il sangue caldo di Nitsch, più reale, più vero. Mi dissero che Nitsch era migliore di Hirst perch gli animali li aveva squartati prima di quegli. Ma non penso si debba fare una questione di questo tipo.
Noto che Nitsch ha fatto qualcosa di diverso dalla semplice pittura, la quale, come si sa, dipinge le superfici dei corpi, lui ne penetra anche l’interno e lo rappresenta. Il nostro intimo, il nostro dentro è, secondo Freud e Jung l’inconscio, che è un fatto spirituale. Per Nitsch è anche un fatto corporale; per lui l’inconscio, la verit  del nostro io, viene fuori attraverso il suo teatro che è verit  e catarsi, è filosofia e mito greco-cristiano. Nitsch afferma di non volere essere blasfemo con le sue performances ma di ricercare l’origine del cristianesimo nella religione greco-dionisiaca e nel suo archetipo.
Il museo Hermann Nitsch si inaugurò con una festa grandiosa. Ci fu anche una cena con specialit  della cucina napoletana e due botti pieni di buon vino. Quindi anche per la cena si può parlare di arte totale, in quanto, oltre la vista, l’udito e l’olfatto pure il gusto veniva soddisfatto. Mi sono rimasti impressi i piatti di porcellana e i bicchieri di cristallo per una folla immensa e tanti austriaci.
La scorsa settimana c’è stata l’inaugurazione di una nuova edizione delle opere di Nitsch il contenuto è lo stesso, la forma cambia. Infatti le tinte non sono violente come prima, generalmente sono su raffinate gradazioni di beige. C’è un intero filmato dello squartamento e della manipolazione voluttuosa degli intestini dell’agnello nella riedizione di quello che vuol essere la riesumazione di un rito dionisiaco.
Anche questa volta osservo che molta parte della suggestione delle opere dipende dalla loro collocazione. In questo caso, da questo spazio tra le terrazze della Napoli antica che Peppe Morra ha creato per il suo amico. La suggestione più forte, quindi è opera di Peppe Morra. Glielo dico e aggiungo «Peppe, tornerò a guardare la mostra, c’è troppa confusione ora». «No- mi risponde- la festa è una conseguenza dell’arte ». «Mancano le cozze, però ».«Vieni domani a Punta Campanella. Ci sar  una grande festa». «Non posso venire»., gli dico. Poi mi regala un libro. Allora capisco che, oltre la nuova edizione delle opere museali, si festeggia il suo compleanno.
Il libro è un regalo dei suoi amici per l’occasione. “Morra e Nitsch” si intitola. Vi è un articolo di Rita Leitenbor, moglie dell’artista. Dice che frequenta Morra da trent’anni perch, pur vivendo in Austria, viene a Napoli almeno cinque volte l’anno. «Napoli è una sorta di viaggio nel passato, è un tuffo nell’infinito e nella profondit  dell’inconscio». (buono a sapersi per noi napoletani ndr). «Credo che nessuno sia capace di comprendere le opere di Nitsch come sa farlo Peppe Morra. Una ragione potrebbe risiedere nelle esperienze diverse ma nel fondo simili dell’infanzia che entrambi hanno vissuto. Nitsch è nato durante la seconda guerra mondiale, Morra è nato in un periodo in cui a Napoli imperversava la camorra».
Poi Rita intervista Peppe. Aveva 23 anni e gi  aveva una galleria d’arte contemporanea. Morra le dice che alla Documenta di Kassel, nel 1972, conobbe le opere degli artisti dell’Azionismo Viennese, tra cui quelle di Hermann. «Più che un compagno di viaggio,- spiega- per me è stato un grande maestro e mi ha accompagnato nella conoscenza della Letteratura, della Filosofia e dell’Estetica».
Poi racconta delle sue avventure con Nitsch, dell’atteggiamento dei benpensanti verso le opere del maestro e le relative vicissitudini. Presenta le performance di Nitsch a Napoli ma poi non gli basta. Cosicch gli costruisce un museo, il Museo Hermann Nitsch. Si dimostra sempre amico e ammiratore del suo Maestro. Credo che forse per questo, per imitarlo, tempo fa si fece crescere una barba che, a mio avviso, gli stava malissimo e lo invecchiava.
Ma Peppe è amico di molti, e molti gli sono amici. Ho sentito parlare di lui con riconoscenza e ammirazione, oltre dagli artisti che sempre ha aiutato, anche da quelli che lavorano nella sua Fondazione, e pure da una donna di servizio di casa sua. Comunque lo dovrebbe amare tutta Napoli perch penso che lui la ami e le faccia del bene con le sue iniziative ele sue ristrutturazioni degli edifici abbandonati nel centro antico. «Lo faccio perch le cose inutili sono tanto tristi», mi dice.

FONDAZIONE MORRA – MUSEO NITSCH
Arena. Opera dall’opera
fino al 13 settembre 2018
Vico Lungo Pontecorvo, 29/d 80135 Napoli
Tel. 081 5641655 Fax. 081 5641494
dal luned al venerd dalle 10 alle 19
sabato dalle 10 alle ore 14
Per saperne di più
www.museonitsch.org

Nelle foto, Hermann Nitsch con Peppe Morra (a destra) e uno scorcio del museo

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