Napoli, una citt di mare ricca di campagne e orti. Si potrebbe sintetizzare proprio cos l’ennesima contraddizione di quest’area metropolitana, luogo che respira il mare, che vive e pratica il mare ma che preserva, a denti stretti, una nobile tradizione campagnola con aree rurali, giardini e chiostri storici, insule monastiche “trattati” ad orti, frutteti, oasi naturalistiche e piccoli “paradisi” ambientali immersi nel verde, dentro e fuori la cinta urbana.
Non è facile resistere a un processo di urbanizzazione del territorio che è “chinato” ai voleri delle moderne metropoli con massicce dosi di residenzialit , grandi contenitori commerciali e luoghi per il tempo libero.
In questo quadro si inseriscono sicuramente i 134 ettari del Real Bosco di Capodimonte, la Reggia di Caserta voluta da Carlo III di Borbone, la Reggia di Portici del 1700, la Collina dei Camaldoli risalente a circa 35 mila anni fa che “guarda” la citt da 452 metri d’altezza, come i luoghi più significativi dal punto di vista paesaggistico, ambientale e naturalistico.
A Napoli sin dal ‘700 hanno proliferato centinaia di prodotti agricoli autoctoni; frutti, verdure ed ortaggi che attiravano i viaggiatori stranieri che toccavano questa terra. Prodotti, a tutt’oggi forti di una loro peculariet , tanto da far parlare di ecotipi specifici.
Broccolo friariello di Napoli, cavolfiore gigante, la torzella, la cicoria verde, la papaccella riccia, i pomodorini del piennolo, la melannurca campana, la percoca puteolana, la susina botta a muro, la noce di Sorrento, la ciliegia della Recca di Chiaiano. Quest’ultima fa parte di un progetto integrato chiamato “Filiera Corta”, esempio di valorizzazione paesaggistica e di agricoltura ecocompatibile di carattere unico, a cui aderiscono ben 10 ristoranti napoletani.
Solo nel 1800 Napoli prende consapevolezza dell’importanza delle sue colline e del loro uso produttivo.
Il Parco delle colline di Napoli rappresenta una grande “macchia” verde metropolitana e contiene in s tutti gli elementi che coniugano sviluppo sostenibile, valorizzazione di beni storici, rurali e naturali, fino alla rivalutazione dell’agricoltura periurbana. Un quinto dell’intero territorio della citt di Napoli, pari a 2215 ettari di terra, inserito dalla Regione Campania, nel 2004, nel sistema dei parchi urbani di interesse regionale. Tra questi, circa 1000 ettari interessati da processi legati all’agricoltura con ben 1318 aziende agricole a conduzione familiare, mentre tra i lineamenti geologici si contano, in tutta l’area del Parco, ben 183 cave a cielo aperto.
Anche qui troviamo quei prodotti tipici e universalmente riconosciuti come vere eccellenze: ciliegie, castagne, noci, mele.
Il Parco ha due estensioni naturali, ad occidente incrocia il parco regionale dei Campi Flegrei e a oriente, attraverso la collina di Capodichino, è collegato alle aree agricole della valle del Sebeto tra Volla e Napoli, creando un corridoio verde e un solo grande sistema collinare di aree protette che, sommati, occupano un terzo del territorio di Napoli.
Ben otto aree cittadine lo caratterizzano, tutte a vocazione agro-boschiva ed interessanti interi quartieri della citt come Pianura, Soccavo (Conca dei Pisani),
Arenella, Chiaiano, Miano, San Carlo all’Arena (Bosco dei Camaldoli, Masserie, Selva, Vallone San Rocco), Sanit , Colli Aminei (Scudillo), Capodimonte (Santa Maria ai Monti), centro storico (area di San Martino).
Un punto consolidato nell’ambito delle attivit agricole è la viticoltura da vino. I vigneti di uve Falanghina e Piedirosso, tra i più rinomati vini campani e italiani, costituiscono la base per la produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC) dei Campi Flegrei.
Non solo produzione ma anche caratterizzazione scientifica cui l’ente parco, assieme al dipartimento di scienza degli alimenti dell’universit degli studi di Napoli Federico II, contribuisce attraverso lo studio completo del processo vitivinicolo con monitoraggi, individuazione parametri analitici, caratterizzazione dei vini, studio dei suoli e dei vigneti. Tutti elementi per migliorare le potenzialit enologiche di questi due importanti vitigni.
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Nella foto, uno scorcio del bosco di Capodimonte