b>Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di Nunzia Apostolo (docente d’italiano negli istituti superiori) a Raffaele Bussi, autore del libro "Le lune del Tirreno" (Nicola Longobardi editore, pagg. 140, 15 euro). Racconto di una lettrice che viaggia tra le pagine di un romanzo
Carissimo Raffaele,
leggere il tuo romanzo è stato per me un vero piacere, perch ho potuto godere della tua scrittura semplice ed elegante, raffinata nelle scelte linguistiche, misurata ed essenziale nelle descrizioni, discreta e delicata nella rappresentazione dei sentimenti più puri dell’animo umano.
Seguendo il tuo excursus attraverso i luoghi della nostra citt (Castellammare di Stabia ndr), guardati e analizzati in diversi momenti storici, mi sono trovata, quasi per magia, a bordo di quella balilla rossa a percorrere la strada della passeggiata archeologica Flora e Pomponiano aspettano anche me!
Le dimore degli antichi romani benestanti, tante volte studiate sui libri, tante volte visitate con le mie scolaresche, si sono stranamente animate ed ho condiviso con apprensione i timori dei loro inquilini per l’insorgere di un grave pericolo l’arrivo dei “nuovi Achei”.
E, poi, sempre velocemente, il passaggio attraverso i luoghi più significativi e belli della citt , visti con l’orgoglio di chi sa di avere avuto un passato glorioso, di avere affrontato e superato con coraggio situazioni ed eventi difficili ma che, ora, sente di essere in preda ad un senso di malinconica impotenza, di fronte all’invasione di chi si è impadronito della citt , paralizzandone le attivit ma, soprattutto, umiliando la creativit , l’intelligenza, l’operosit delle persone oneste, incapaci di contendere con chi ha fatto della violenza, del sopruso e della disonest , strumenti per ottenere il potere.
Insieme a Stefano e Flora, protagonisti del romanzo, ho rivisto luoghi e ricordato vicende raccontatemi da mio padre quando, solo attraverso il racconto dei testimoni, si apprendevano le vicende, belle e brutte, della nostra realt ambientale.
Ora “la Rocca” è impraticabile!
I “nuovi Achei”ne hanno fatto una propria fortezza dove non è possibile passare inosservati e, ai vecchi inquilini non è concesso neppure abbandonarsi ad un momento di malinconia nel rivedere quel luogo o quell’angolo tanto caro perchè legato ad un antico caro ricordo.
La vicenda dei due protagonisti è, poi, semplice ma coinvolgente ed amara, specchio di una societ ipocrita ed intrisa di finto perbenismo dove trionfa la logica del buon partito per le ragazze, e del marito-padrone che tutto può, in npme di quel maschilismo che, per fortuna, è ormai quasi del tutto tramontato.
Impera su tutti e tutto il giudizio della “gente”, capace di colpire con ferocia al momento, e di resistere implacabile nel tempo, più duro di una condanna a vita.
Flora è colpevole d’essersi abbandonata a un amore illegale, una rivalsa sulla cattiva sorte che l’ha colpita, una ribellione verso “la morte dell’anima” a cui sembra condannata con l’ingombrante presenza di un marito rozzo, volgare, traditore che suscita in lei solo disgusto.
Ma la tragedia la colpisce pesantemente e far di lei una donna destinata alla solitudine, condannata a rinunziare a quel ruolo di madre tanto aspettato e desiderato, per far s che la propria creatura non paghi per gli errori di chi l’ha generato.
Stefano dovr anche lui rinunziare a vedere il proprio figlio e dovr spazzare via i sogni e i desideri che hanno dato un senso alla sua vita da recluso. E’ un modo per pagare il debito nei confronti di quella creatura che non ha alcuna colpa!
Un giorno sapr e sar in grado di capire e di perdonare!
E’ questa la speranza che addolcisce la sofferenza di Flora e di Stefano e il canto di Dulce Pontes, soffuso di tristezza e di malinconia, in ricordo, forse, di luoghi ed affetti lontani, fa da sfondo all’epilogo della vicenda e penetra nell’animo dei protagonisti e dei lettori, suadente come le cantilene ascoltate nella primissima infanzia, per abbandonarsi al sonno “in attesa del nuovo giorno”.
In foto, Raffaele Bussi