… e poi mi capita di incontrare persone che mi fanno emozionare, perch parlando con loro posso ritornare bambina, nei luoghi della mia infanzia. Rintraccio l’eclettico Sandro Tumolillo, dopo averlo visto, sul palco del Teatro Bolivar, esibirsi con il gruppo, La Paranza. Lui in mezzo agli altri, o meglio, lui solo tra gli altri. Ed ora eccoci qui, insieme all’artista Nadia Basso che gli far  il ritratto. Ci piace risalire alla nostra collocazione in quel parco dove siamo cresciuti, ricordare alcuni amici comuni, i giochi per strada e gli odori… mi sembra di conoscerlo da sempre.
Sandro bambino va a vivere a casa dei nonni, circondato dal loro affetto e da quello delle tante zie perch la mamma è molto impegnata con il suo lavoro di attrice alla Rai. Salta una generazione il violino del liutaio Giuseppe Tarantino, costruito nel 1934, passa dal nonno, Riccardo Testa, uno dei componenti della Posteggia di Santa Lucia, al nipote, Sandro.
Gi  da piccolo respira la musica, intorno ai sei anni comincia a sperimentarla e verso i quindici anni incontra il violino del nonno. Sandro dimostra talento, sicch viene affidato al Maestro di violino Arnaldo Poggioni, fino poi a diplomarsi al Conservatorio San Pietro a Majella. Durante quegli anni di conservatorio viene notato dal Maestro Roberto De Simone che lo vuole al suo seguito come violinista di scena.
Poi, ancora ragazzo, diventa una vera macchina da lavoro in giro tra Italia ed estero. Lavora con Tato Russo, Peppe Barra, Pino Daniele, Tullio De Piscopo, Luca De Filippo, Enzo Cannavale, Eugenio Bennato, solo per citarne alcuni. Suona in Cina, Israele, Spagna, Francia, Portogallo, Belgio; si esibisce al Teatro San Carlo, al Massimo di Palermo, al Petruzzelli di Bari ed in varie rassegne internazionali. Un vortice, lui ne è dentro, completamente, la sua versatilit  lo porta ad esibirsi come violinista, come cantante e attore.
Inevitabili alcune domande, gli chiedo, hai lavorato con Peppe Barra, che ricordi porti con te? Ho girato il mondo con Peppe, mi dice, eppure il nostro è stato un rapporto conflittuale, fatto di odio e amore. Peppe mi cercava, ma in qualche modo mi temeva. E poi, gli chiedo ancora, Luca De Filippo che persona era? Ho lavorato con Luca in, Pensieri miei, era una persona dall’animo nobile. Non posso non chiedergli di Pino Daniele, e della loro collaborazione avvenuta per Ferryboat, VII album di Pino, del 1985.
Mi dice, Pino non ha avuto una vita facile, e come tutti quelli che hanno sofferto aveva costruito una corazza e prima di lasciarsi andare doveva capire con chi aveva a che fare. Durante la nostra collaborazione si era creata una bella sintonia, una bella amicizia, e allora lui mostrava chi era realmente, comprese le sue fragilit . Torniamo alla vita di Sandro, lo osservo, indossa degli occhiali scuri che leva ogni tanto mostrando i suoi occhi azzurri… sono tristi.
Ora Sandro insegna in una scuola a indirizzo musicale e mi dice che all’apice della sua notoriet  non ha avuto il coraggio di vivere senza sicurezze, per cui ha scelto il lavoro di professore. Parole, come sicurezza e coraggio, sono fortemente correlate nell’evoluzione di ogni soggetto. La vita non gli ha concesso di declinare correttamente i sentimenti e lui sa che prima o poi dovr  farci i conti. Posso dire che il violino è stato e rimane il suo punto di riferimento, la sua espressione, le sue parole. Mi rendo conto che avremmo potuto parlare, in questa intervista, solo del suo rapporto con il violino, infatti quando lo racconta sento che rappresenta il suo motore esistenziale.
Mi parla di Uto Ughi e di Accardo e della loro maniera diversa di vivere lo strumento. Continua dicendo che per lui il violino è qualcosa di vivo, ha una sua personalit , pretende continua attenzione, infatti se per un solo giorno non lo suona, lo strumento lo mette in difficolt . Va avanti e dice, è la mia anima e, io lo bacio come se baciassi mia figlia.
Fortunati i suoi studenti ai quali insegna prima di tutto ad accordare il proprio corpo, con la giusta postura, il giusto respiro, la giusta posizione delle braccia e il giusto equilibrio di tutte le forze che entrano in gioco quando si suona. E’ rimasto a Napoli, e oggi ci dice che la famosa espressione degli anni ’70, Fujtevenne, non vale se tutti, giovani e non, ci appropriamo della nostra cultura. Una delle due sue figlie, Alessandra, di quindici anni, è una cantautrice e di lei mi dice che ha molto da esprimere. Mi fa vedere un video di Alessandra sul suo cellulare… un vero talento.
Alla mia domanda cos’è Napoli per te? Lui mi risponde, è l’abbraccio di una mamma, quello che non ho potuto avere come avrei voluto. Tanta roba Sandro, se ne è accorta Nadia che continua a disegnare. Siamo nel Caffè Letterario, Il tempo del vino e delle rose, lui vede una chitarra e non resiste, con un bel sorriso, la prende, la suona e intona qualche verso. Cos vedo il vero Sandro, e capisco che ha avuto la fortuna di vivere un’intensa passione e una lunga storia d’amore con la musica e con il suo violino. Marc Chagall, lo inseriva sovente nei suoi splendidi quadri, perch sosteneva che il violino non è solo uno strumento musicale, ma rappresenta il mezzo per incontrare i grandi segreti della vita e della morte. E allora Sandro, non perdere il sorriso.

Nelle foto, Tumolillo mentre si esibisce e il ritratto che gli dedica Nadia Basso

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