Mentre il ministro Vincenzo Spadafora dichiara di voler riaprire a metà maggio centri fitness, centri estetici e parrucchieri, luoghi in cui la promiscuità e il contatto tra persona e persona è inevitabile, non c’è alcun progetto per cinema e teatri, dove invece il distanziamento fisico è facilmente attuabile, come in metropolitana. Su palcoscenico negato e sulla colpevole assenza di strategia del governo abbiamo avviato un dibattito tra i protagonisti del settore tra Napoli e Campania.
Dopo averne parlato con il direttore del Teatro Tram di Napoli, Mirko De Martino, la parola va a Leda Conti, attrice, drammaturga e docente presso il Théâtre de Poche.
Il ministro Franceschini ha incontrato alcuni esponenti del mondo dello spettacolo. Si parla di 20 milioni di euro da destinare a quelle realtà che non fanno parte del Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo). Che ne pensa?
È difficile fidarsi della politica in Italia, considerato quanto poco ha avuto a cuore la vita degli artisti fino ad oggi, a differenza di quanto accade nel resto d’Europa. Il comunicato stampa del MIBACT è indirizzato alle piccole realtà escluse dal Fus che, si sa, fanno fatica su tutto e che, proprio per questo, dovrebbero essere sostenute per prime. I contributi verranno erogati in parti uguali ai beneficiari, e calcolati in base al numero delle richieste presentate: speriamo che non si tratti di una cifra simbolica.
È preoccupata?
Preoccupano i requisiti fissati che potrebbero escludere realtà molto importanti e radicate da anni sul territorio che si occupano principalmente di formazione artistica. Insomma, di certo questa “manovra” non può essere considerata un “deus ex machina”. Temo che le piccole realtà, che hanno sempre dato frutti decisamente interessanti, dovranno triplicare gli sforzi per non estinguersi. La crisi attuale ha solo confermato ed evidenziato l’enorme atavica deficienza organizzativa e lavorativa di questo settore. Pertanto, spero vivamente che non si ritorni a com’era prima del coronavirus, ma che le sinergie che si stanno creando possano concretizzarsi in una vera e propria rivoluzione del comparto, delineando finalmente una normativa ad hoc.
Come state affrontando la situazione?
Si continua la formazione degli allievi da remoto, tra non poche difficoltà, stimolando soprattutto la loro creatività. In attesa di sapere quando e come riprenderà l’attività ordinaria, si pensa a come sfruttare gli spazi, si cerca di immaginare quale tipo di spettacolo dal vivo si potrebbe proporre rispettando le precauzioni del caso.
Il ministro propone una piattaforma culturale digitale, una Netflix italiana che ospiti spettacoli. Una buona idea?
Il rischio di perdere il senso specifico dell’arte performativa è altissimo. Il Teatro è nato per comunicare emozioni dal Vivo. Lo streaming, il video ecc. usano un altro linguaggio. Possono forse stimolare la curiosità nei confronti del Teatro ma non possono sostituirsi ad esso. Bisognerebbe cercare di trovare una mediazione tra i due codici, ma non ho idea di come si possa farlo. Tra l’altro, credo che ciò si possa realizzare solo con l’aiuto di bravissimi registi ed esperti di broadcasting e di montaggio video, cosa che determinerebbe un incremento di costi per pagare tutte le maestranze che intervengono per una ripresa video. Senza contare che su un set sarebbe decisamente più difficile rispettare il distanziamento sociale tra attori e tra attori e tecnici.
Dalla piattaforma change.org appare Attrici Attori Uniti denunciano la rottura dei contratti di lavoro senza il rispetto delle leggi sul licenziamento e chiedono l’istituzione di un reddito specifico. Cosa ne pensa?
Certo, sono d’accordo per l’indennità, almeno in questa fase di maggiore difficoltà, ma credo che sia molto importante stabilire un modo per uscire dal tunnel definitivamente. Gli attori vogliono recitare, fare spettacoli, non vivere di ammortizzatori sociali. Quindi, bisogna ascoltarli per capire, al più presto, quali soluzioni adottare.
Cosa succedo a livello territoriale? Ci si potrebbe unire per muovere richieste chiare allo Stato e alla Regione?
La vivace offerta teatrale della città, rispettando le distanze di sicurezza, una soluzione temporanea, anche in vista dell’arrivo della bella stagione potrebbe essere per tutti lo spettacolo all’aperto?
Mi auguro che il famoso detto “l’unione fa la forza” possa concretizzarsi anche a Napoli. Mai come in questo momento serve unità e non un comportamento da “cani sciolti”. Spero anche che si possano trovare degli sponsor.
Un punto di ripartenza potrebbe essere la programmazione estiva?
La Regione e il Comune potrebbero rivalutare e mettere a disposizione tanti spazi all’aperto da subito, piazze, terrazze, spiazzi nei parchi cittadini, visto che la bella stagione è già vicina. Penso anche a tanti spazi “alternativi” utilizzati per le precedenti edizioni del Napoli Teatro Festival che purtroppo sono stati chiusi dopo gli eventi, mentre oggi potrebbero ospitare tanti spettatori pur rispettando le distanze (ricordo, ad esempio, l’ex birrificio a Miano oppure le sale del Museo Ferroviario di Pietrarsa).
E gli altri spazi?
I teatri cittadini con le sale grandi potrebbero aprire rendendo disponibili solo un certo numero di poltrone o forse stabilendo dei “turni” di recite, e, magari, rendendo fruibili i loro spazi anche ai piccoli teatri underground della nostra città, creando delle rassegne circolari che ospitino anche le proposte di quelli che vengono considerati “invisibili” (o forse è fantascienza?). Quanto alla programmazione, esistono tante tipologie di spettacoli da individuare in rapporto alla grandezza dei palcoscenici, dal monologo a testi con 2-3-4 interpreti, almeno fino a quando il virus non sarà del tutto debellato.
Grazie a Leda Conti per aver risposto alle nostre domande.
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