Poco diffusa dai media la notizia dell’omaggio a Salvatore Di Giacomo. La vita del Poeta è stata ricordata, nel corso del Forum, nell’ottantesimo anniversario della morte nelal sala del Capitolo di San Domenico di Guzman sita in una piazza storica, che si apre sul vicolo Spaccanapoli antico decumano romano, in cui sono concentrati palazzi che ricordano personaggi illustri Sant’Agostino, Bertrando III del Balzo, barone del Regno Angioino, Antonello Petrucci, morto nella congiura dei Baroni, il noto principe Raimondo Sansevero e i nobili Casacalenda nel palazzo eretto sul tempio di Cerere. Al centro la Guglia con gli stemmi dei Borboni e busti di Partenope, voluta dal popolo per ricordare la peste del 1656. Una valenza in più alla sua Memoria è data da una mostra di scultura napoletana 800 e 900 nelle sale attigue…
Di Giacomo, giornalista giudiziario, saggista, bibliotecario a San Pietro a Majella, alla Lucchesi-Palli alla Nazionale che conserva il suo ufficio, drammaturgo nelle novelle e nelle poesie, autore di “Assunta Spina” e “Mese mariano”, definite da Croce sul giornale Critica “opere d’arte”. Le canzoni sono note in Giappone, America, Europa. Nel 1888, la banda militare suonò “E spingule francese” per esaudire Guglielmo IV in visita. Accademico d’Italia nel ’29, non partecipò mai essendo antifascista come ogni uomo di cultura e firmò il Manifesto degli intellettuali con Bracco redatto da Croce.
Il merito maggiore è di aver reso il dialetto napoletano una lingua “patrimonio universale” come affermò Flora insieme a Matilde Serao, Edoardo Scarpetta, Ernesto Murolo, Rocco Galdieri, Ferdinando Russo. Non fu solo uno studio filologico ma una aspra rivolta culturale e politica fatta in silenzio facendo arte. Essi leggevano nel popolo il malumore e la delusione in quella Unit d’Italia tanto voluta e morendo da combattenti. Il Popolo desideroso di una vita migliore aveva voltato le spalle ai Borboni nella speranza di una monarchia più saggia. Si ritrova, ahimè, Savoia e piemontesi, definiti da Stendahl una razza non italiana e neppure francese, che vedendo un bidet lo pensano come una coppa per la bagnacauda, brodo caldo con aglio e verdure crude.
Suscitano subito odio per la loro volgare insolenza, esproprio di oro e opere d’arte, lo smantellamento di industrie. Si deveemigrare. “E nce ne costa lacreme st’America a nuje napulitane” e “Tiempe belle e na vota. Tiempe belle addò state? Vuje nce avite lassate ma pecch nun turnate”. I due vagoni della funivia sul Vesuvio ebbero il nome di Etna e del vulcano per ricordare il Regno delle due Sicilie. Fondò con Croce “Napoli Nobilissima”. Oltre ai giornali in edicola ancora oggi “Eco di Napoli” e “Pungolo”, la più nota, che, scrivendo di cultura, si rimpiangeva il perduto ruolo di capitale. Ed ecco che la creativit in lingua napoletana, rivendicando la propria storia, poneva una colta barriera con chi viveva assopito nella dittatura sognando l’Impero. Sulla scena troviamo il classicismo di Carducci, il decadentismo di Pascoli, il barocchismo di D’Annunzio ed elegie a Catar, Carmè, Nann e a Carul che ha “occhi nire nire” perch napoletana.
Le sue opere parlano con amarezza della filosofia della vita che rifiuta la rassegnazione.
Nella serata dedicata a lui Annamaria Ackerman recita alcune poesie e Salvatore Palomba, autore dei versi “Carmela”, canzone sensualmente carnale, cantata da Sergio Bruni, presenta brani con voce di Mimmo Angrisano e alla chitarra Antonio Saturno. Si conclude con “Luna nova” che ha versi di riscossa. “Duorme, ma n’zuonno, lacreme amare/tu chiagne, Napule! Scetate, sce’!/Puozze na vota resuscit !/ Scetate, sce’, Napule, Na’! Densa di delusione è “Dove sta Zaz “ del 1946 cantata da Nino Taranto.
Napoli ha vissuto le Quattro Giornate e si trova violentata e umiliata dagli Alleati. Versi tristi celati da una marcia. Zaz è la Libert perduta.
“iammella a truv , su facciamo presto! Iammella a truv , con la banda in testa.Tutte quante aimma grid Zazazaz “. Una citt simbolo di Pace antimilitarista spesso preda di soldati.