Continua il “viaggio” nella Santa Casa dell’Annunziata ricca di storia e di testimonianze artistiche dell’et angioina, distribuite in ogni angolo del grande complesso partenopeo e di cui provo a tracciarne una breve sintesi descrittiva.
I locali ospedalieri presentano elementi di grande interesse architettonico, a partire dalla Cappella Mormile da cui provengono importanti affreschi come il “Coro delle Dominazioni ed Angeli”, il San Michele Arcangelo ed un Santo, oggi esposti nel Museo Civico di Castel Nuovo, depositario di molte opere arrivate dall’Annunziata.
Altra prestigiosa testimonianza trecentesca è la Madonna dei Repentini, una possente scultura lignea soprannominata dal popolo “Mamma Chiatta”, per la grande devozione popolare che le veniva attribuita. Ed ancora la cappella della regina Giovanna II, sepolta il 2 febbraio 1435, successivamente distrutta da un incendio nel 1757.
Ma il grande balzo in avanti dal punto di vista artistico e scultoreo l’Annunziata lo fa nell’era aragonese, testimoniando la presenza, nelle immediate vicinanze della chiesa, della cosiddetta “strada de’ marmorari” nascente esattamente tra l’Egiziaca e San Pietro ad Aram (oggi via Antonio Ranieri).
La Cappella della Pace, con accesso dal cortile dell’ospedale, mette, invece, in mostra la “Madonna col Bambino” (1456), attribuita alla bottega di Pietro di Martino da Milano.
A partire dagli inizi del 1500 inizia l’ampliamento della chiesa dell’Annunziata, ormai troppo piccola e non più proporzionata al sempre più folto numero di fedeli che la frequentavano e ne seguivono le funzioni religiose. Una mega ricostruzione importante ed imponente, tra le più vaste imprese realizzate a Napoli in quel periodo storico.
Ma sono soprattutto gli ambienti interni a segnare il passo con la storia. A partire dall’epigrafe all’ingresso principale, racchiusa in una cornice di Cosimo Fanzago che cos recita” Questa ricca Casa appresta latte ai fanciulli, dote alle giovani da marito, il velo alle claustrali, la medicina agli infermi. E’ perciò sacra a Colei che essendo Vergine e madre col suo latte fu la vera medicina del mondo”.
E poi ancora, due fontane quella della Bolla detta anche “Scapillata” e la fontana del “capone”, adibita al lavaggio dei panni.
Fino ad arrivare alla Sala delle Udienze dei governatori ed al locale della “Rota” o “Torno”.
La Rota, un enorme mobile con due grandi scomparti superiori ed un piano collocato alla sua met . Questo robusto cilindro in cavo in legno era provvisto di tre aperture, una lastra metallica con due fori posti in corrispondenza degli occhi, una seconda per controllare cosa veniva collocato nel cilindro e un’ultima dove venivano immessi i bambini. Solo a questo punto si vedeva la scena dagli oculi, si faceva quindi girare la ruota e si recuperava l’esposto.
Sulla destra si tenevano gli indumenti e poi ancora una vasca in marmo con fontana che fungeva da prima “lavatura” del piccolo ed anche da “fonte battesimale”. Da ultimo un “torchio” con il quale si stampigliava su una placchetta di piombo la matricola che veniva messa al collo dell’infante e sul cui retro veniva riflessa la figura della Madonna.
Il resto monumentale è denso di ingressi, saloni, e reperti di varia provenienza che hanno attraversato secoli di storia facendo di questo luogo un affascinante e straordinario punto di riferimento per poveri, religiosi, re e regine, ricchi e popolani, artisti e girovaghi, scrittori, ricercatori ed eruditi nostrani e di tutto il mondo. Napoli dovrebbe saper valorizzare di più la sua memoria storica e le proprie origini, senza offendere i suoi trascorsi, soprattutto quando questi parlano di un passato che ha ancora la voce del presente.
(fine)
In foto (di Maria Volpe Prignano), l’ingresso dell’Annunziata